Carmignac: commenti in previsione dei meeting della BCE e della FED

 
Kevin Thozet, membro dell’Investment Committee di Carmignac, commenta le decisioni di politica monetaria della Banca Centrale Europea e della Federal Reserve previste per la prossima settimana.

Banca Centrale Europea

In un contesto in cui l’inflazione core non mostra segni di decelerazione, i salari continuano a registrare una traiettoria al rialzo e le aspettative di crescita sono state riviste in positivo, non c’è dubbio che il 2 febbraio la BCE porterà i tassi di deposito al 2,5%. A maggior ragione dal momento che un rialzo di 50 punti base è già stato ampiamente anticipato dalla sua forward guidance - sempre che sia attendibile, il che è spesso fonte di grande dibattito tra gli investitori.

La vera domanda, quindi, non è “se” ma “quanto” durerà questo periodo di rialzi di 50 punti base. Forse ci vorranno due meeting, com’è stato per il periodo di rialzi di 75 punti base? Si protrarrà oltre marzo? Passeremo a un periodo di rialzi di 25 punti base?

Riteniamo probabile che Lagarde prosegua con una politica monetaria aggressiva, considerando che l’economia europea ha sorpreso al rialzo dopo le sue ultime dichiarazione del 2022 e che le aspettative sul limite massimo dei tassi di interesse in questo ciclo di inasprimento si sono ridotte, così come quelle relative a sorprese al ribasso sui prezzi del gas.

L’attenzione dovrebbe spostarsi anche sui dettagli del programma di Quantitative Tightening. La riduzione del bilancio potrebbe infatti creare perplessità. La BCE ha annunciato un ritmo di tightening pari a 15 miliardi di euro al mese, ma non ha ancora dichiarato come questo influirà sui diversi segmenti del mercato obbligazionario (la BCE ha acquistato titoli di Stato, obbligazioni corporate e obbligazioni covered) e sui diversi emittenti (un’ampia gamma di Paesi con scenari economici diversi).

Federal Reserve

Negli Stati Uniti, il livello previsto a cui la Fed porterà i tassi di interesse (ovvero il tasso terminale) è rimasto stabile, mantenendosi intorno al 5% dallo scorso novembre, quando l’inflazione core ha finalmente iniziato a scendere. Dal momento che Fed è più dipendente dai dati rispetto ad altre banche centrali, tutti gli occhi saranno puntati sugli ultimi numeri pubblicati, in particolare sull’imminente pubblicazione dei dati dell’Indice del costo del lavoro (ECI - Employment Cost Index), che offre una panoramica più affidabile e completa della dinamica dei salari e, quindi, dell’inflazione core.

Di conseguenza, le nostre attese per il meeting del FOMC del 1° febbraio di basano sulle nostre previsioni sui dati dell’ECI (che saranno pubblicati martedì 31 gennaio).

La nostra analisi indica che l’ECI si attesterà al +1,2% per il quarto trimestre del 2022 (ovvero +4,9% su base annua, inferiore al 5% riportato nel terzo trimestre del 2022, già più basso di quanto registrato dati nel secondo trimestre del 2022).

Nonostante tale dato indichi una decelerazione della dinamica di inflazione salariale, e quindi un minor rischio di una spirale salari-prezzi, essa rimane in contrasto con il livello di inflazione salariale del 4% suggerito dalla retribuzione oraria media pubblicata di recente (o comunque più elevato).

Alla luce di quanto appena affermato, con gli ultimi dati sull’inflazione headline e i principali indicatori economici anch’essi sorprendentemente al ribasso, si conferma il trend della disinflazione. Questo significa che la Fed d’ora in poi dovrebbe aumentare i tassi a un ritmo più lento e procedere la prossima settimana con un “normale” aumento di 25 punti base, portando i Fed Funds al limite fissato per i terminal rate. La persistenza dell’inflazione salariale implica che i tassi di deposito saranno portati a un livello più alto di quanto stimato o che si aggireranno sul livello terminale più a lungo del previsto.

Implicazioni per i mercati obbligazionari

Il prossimo incontro della Fed lascia poco margine per le sorprese. La riunione di marzo e di giugno potrebbero essere caratterizzate da due ulteriori rialzi di 25 punti base (ossia più di quanto prezzato attualmente). Analogamente, anche nell’Eurozona il rischio sui tassi d’interesse a breve termine è al rialzo.

Al contrario, i rendimenti dei titoli a più lunga scadenza potrebbero diminuire. Questi hanno infatti riacquistato il proprio valore protettivo, con i tassi d’interesse reali nuovamente in territorio positivo e un maggior numero di buone notizie.
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