Calzino bucato calzino incoronato

- di: Barbara Bizzarri
 
Le critiche piovute sulla nobile capa di Carlo III a causa del suo calzino bucato fanno pensare alle raccomandazioni della nonna: si deve essere sempre impeccabili (sottotesto: nel caso si dovesse finire in ospedale. Esortazione inutile, considerando gli ospedali che abbiamo oggi, in cui se si è fortunati gli avvistamenti si limitano a un paio di sorci). Antefatto: qualche giorno fa, il re si è recato in visita a una moschea nel quartiere di Brick Lane, nella zona est di Londra, dove è stato accolto dalla comunità bengalese che ha esordito con un “riportaci a casa Harry”: come dire, il buongiorno si vede dal mattino. Ebbene, quando è giunto il momento di togliersi le scarpe come di consueto, gli augusti calzini blu del re hanno rivelato un bel buco, su cui i fotografi si sono avventati come avvoltoi, e tutti hanno gridato allo scandalo, così forte che pare siano saltate le teste di due cameriere, colpevoli di non aver vigilato abbastanza sull’aristocratico guardaroba. Ebbene, spero che sia falso: una notizia data soltanto per compiacere il pueblo criticone. Perché, al di là dell’imbarazzo momentaneo, si tratta soltanto dell’ultima dimostrazione del sublime snobismo reale. Oppure vogliamo davvero credere che durante la regale vestizione nessuno se ne fosse accorto? La sciatteria chic di Palazzo è ben nota a tutti e del resto, se non si ha bisogno di symbols per dimostrare il proprio status, vestire senza buchi nei calzini è una questione a cui, per ovvie ragioni, tengono di più i poveracci per timore di rivelare che, purtroppo, non posseggono il tesoro di Londra. 

Re Carlo e il calzino bucato in moschea

Invece, lo scatto del povero calzino ha fatto il giro del mondo, provocando l’ira funesta dei rotocalchi britannici, che si stracciano le vesti ululando all’imbarazzo, senza riconoscere, i furbetti, che i reali inglesi li si ama anche per questo (e loro li amano, oh, se li amano, con tutto il sadismo di cui sono capaci). Dalla Regina Elisabetta che faceva indossare alle dame di compagnia le sue calzature affinché si ammorbidissero tanto da poterle indossare agevolmente, e che non ha avuto alcun imbarazzo a mostrare la suola bucata della scarpa durante una cerimonia ufficiale, al cachemire religiosamente conservato di generazione in generazione, fino ai maglioni e alle giacche pieni di toppe, che Carlo ha esibito con orgoglio alla critica Albione in un’intervista alla BBC, è risaputo che la Famiglia Reale tende al riciclo, al riuso e non ama il consumismo. In questi tempi di gretinate imperanti, a Carlo dovrebbero fare un (altro) monumento, piuttosto che far parlare l’arbiter elegantiarum che sonnecchia in ognuno di noi, anzi voi, anzi loro, sotto le giacche H&M e i tailleur di Zara. A occuparsi dell’annoso licenziamento delle due house-keepers (ex personali di Elisabetta, oltretutto), sarebbe stata Camilla: altro motivo per non crederci affatto. Come pensare che un’appassionata di equitazione, campagna e giardinaggio possa scandalizzarsi davvero per un calzino bucato? Suvvia, siamo seri. E, nonostante le invocazioni dei tabloid che, come ha detto un saggio, il giorno dopo servono a incartare le uova, pur producendo osservazioni di notevole lirismo quali: “va bene la giacca ventennale e la regola aurea che il cachemire non si butta mai, ma si rammenda con la delicatezza con cui si lucida uno Stradivari, però il buco nel calzino no”, si ha la ragionevole certezza che le due responsabili del misfatto siano ancora là salde al loro posto, a sghignazzare con i loro capi sui plebei che parlano di “sock gate” e che si illudono, poverini, che per un calzino bucato il re sia “proprio come loro”.
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