Addio Vangelis, innovativo esploratore di sonorità oniriche e fluttuanti

- di: Barbara Leone
 
Visionario, spaziale, pioniere. Questo e molto altro ancora è stato Evangelos Odysseas Papathanassiou. Un nome che sicuramente ai più non dice niente. Al contrario di Vangelis, suo nome d’arte, che in molti di noi evoca mondi alieni, atmosfere rarefatte e sonorità futuristiche. Un titano della musica, uno di quegli artisti che segnano indelebilmente un’epoca intera, e che senza maestri creano dei veri e propri capolavori. E infatti Vangelis i capolavori li ha scritti, ma da autodidatta. Perché non aveva mai studiato un solo rigo di musica, né tantomeno composizione o armonia. Molto semplicemente la musica gli scorreva nel sangue. Se n’è andato oggi a 79 anni, dopo aver composto alcuni dei temi più leggendari di sempre, capaci di rendere le immagini sul piccolo o grande schermo un incredibile concentrato di emozioni assolutamente uniche nel loro genere. Due titoli su tutti: Blade runner e Momenti di gloria. Pellicole che senza la sua musica non avrebbero certamente avuto il successo planetario che poi ebbero. Nato in Grecia, Vangelis negli anni della contestazione andò a vivere a Parigi, dove formò il quartetto prog rock Aphrodite’s Child con altri tre espatriati greci (tra cui Demis Roussos), unica band greca entrata nella storia del rock. Negli anni Settanta, poi, iniziò a scrivere colonne sonore sino a quando, nel 1981, ottenne l’Oscar per Momenti di gloria. In mezzo, tante collaborazioni anche con artisti italiani: Baglioni, Cocciante, Patti Pravo, Milva e altri ancora.

Addio a Vangelis, compositore di Blade Runner e Momenti di Gloria

Esploratore di sonorità oniriche ed eleganti, impreziosite da melodie fluttuanti e ricami poetico armonici di rara bellezza, Vangelis è stato un precursore assoluto della musica elettronica. Anche se in realtà era difficile catalogarlo, un po’ per la sua formazione alquanto originale, ma soprattutto per la sua straordinaria capacità di fare della contaminazione tra culture, generi musicali e atmosfere una conditio sine qua non del suo percorso artistico. Vangelis era capace di mescolare in maniera sublime il jazz, le armonie classiche, la sperimentazione elettronica e le sonorità orientali. Questo, più di tutto, lo ha reso a tutti gli effetti un simbolo interculturale unico, irripetibile e potentissimo. Il tutto mettendo sempre al centro della sua musica le emozioni. E senza mai scadere nella ripetizione, o peggio ancora nel già sentito. E lo ha fatto anche rischiando, proprio perchè la sua musica non aveva eguali e non era paragonabile a niente. Con una naturalezza straordinaria, lui scriveva grandi partiture facendole suonare dalle tastiere analogiche prime, e digitali dopo. In pratica usava l’elettronica come se fosse un’orchestra. Ma senza mai cercare scorciatoie: lui l’elettronica, i sintetizzatori e poi i computer li dominava. E vinceva sempre. I risultati sono sotto gli occhi, anzi nelle orecchie, di tutti. Vangelis i suoni li inventava, non li imitava, a differenza di ciò che fanno quasi tutti oggi perché non sanno dove sta di casa la musica. In linea teorica neanche lui lo sapeva, dal momento che come già detto era un autodidatta. Ma era un genio. Di quelli che lasciano il segno, e che nascono ogni cent’anni. Chiunque lo abbia ascoltato anche solo una volta sa di cosa parliamo: innovazione e poesia al tempo stesso. Un Picasso della musica moderna, che andando via ci lascia più soli. Ma soprattutto più poveri d’arte.
 
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