La nostra biblioteca - ''You Dreamed of Empires'': Cortés e Montezuma, una collisione tra mondi, imperi, lingue, futuri

- di: Diego Minuti
 
Quando, nelle prime ore di un giorno del 1519, Hernán Cortés entrò nella città di Tenochtitlan, sapendo di dovere incontrare Montezuma, non immaginava che quel che si apprestata a vivere si sarebbe dimostrato un confronto duro non tra due persone che esercitavano il potere e non intendevano rinunciarvi, ma tra due mondi, due imperi, due lingue, due possibili futuri per loro e per le persone che da essi dipendevano.
Questo tema - quello di due civiltà, la spagnola e quella azteca, che si confrontano sapendo di essere antitetiche - che è stato abbondantemente trattato perché affascinante e ancora misterioso, nonostante gli studi accurati che sono stati fatti sulla base di fonti comunque non sempre attendibili.
Tema sul quale mette a frutto le sue innegabili doti di ''raccontatore'' lo scrittore messicano Álvaro Enrigue, con un romanzo, ''You Dreamed of Empires'', appena tradotto e proposto al mercato americano da Riverhead Books.

La nostra biblioteca - ''You Dreamed of Empires''

Un romanzo nemmeno tanto lungo (222 pagine) che Enrigue utilizza, con maestria, per dare un nuovo punto di vista della conquista spagnola del Messico e di come essa, in fondo, sia diventata tale pur se, quando la spedizione era salpata da un porto iberico, aveva obbiettivi ben diversi, come fare incetta di schiavi.
Già il titolo è spiazzante, anche se alla fine si dimostra chiarificatore del profilo dei due personaggi principali, Montezuma (Moctezuma nel romanzo) e Cortés, e della dozzina di comprimari, ciascuno con la propria personalità e le ambizioni. Dagli interpreti, Aguilar e Malinalli, alla principessa Atotoxli, sorella e moglie dell'imperatore, ai comandanti spagnoli.

Gli le prime battute del racconto dicono molto: gli Aztechi sono sconcertati dai cavalli degli spagnoli, dai proclami del loro re Carlo I e dai racconti del cristianesimo; i conquistadores trovano ripugnante il cibo che sono costretti a mangiare, le lunghe attese frustranti e sono turbati da una cittadella decorata con migliaia di teschi.

All'incontro, cercato e temuto da entrambi, Moctezuma e Cortés si avvicinano ciascuno a modo suo.
Montezuma, consapevole di trovarsi davanti a scelte decisive per sé e il suo potere, oltre che per il suo popolo, si affida agli allucinogeni, sperando che grazie ad essi possa trovare udienza dagli dei e, quindi, consigli.
Tra gli spagnoli, ospitati in un palazzo immenso e claustrofobico, l'attesa è scandita dal timore che la facilità con cui sono entrati a Tenochtitlan possa trasformarsi in una trappola, mortale per le loro sorti e per i sogni di conquista.
L'imperatore che Alvaro Enrigue dipinge, pur restando temibile per gli spagnoli, mostra i segna della depressione. Invecchiando, ricorre con sempre maggiore frequenza ai funghi allucinogeni.
Il racconto che lo scrittore messicano è vivido, spesso ricorrendo alla crudezza per descrivere le varie situazioni che oggi appaiono estreme, ma che, nel mondo azteco, erano l'assoluta normalità, come i sacerdoti che indossano, durante le cerimonie, abiti fatti con pelle umana, che si mostrano con i capelli incrostati del sangue delle vittime dei sacrifici umani. Ma, seppure in agguato, la crudeltà umana resta quasi sullo sfondo, dal momento che l'autore si sofferma soprattutto su un tema, quella della paura, e sulle sue sfaccettature. Come la paranoia che circonda l'attesa della propria sorte. E insieme alla paranoia, anche la consapevolezza di una distanza culturale che, per gli spagnoli, si materializza nella vista delle piume iridescenti, di uccelli a loro sconosciuti, che addobbano mantelli e copricapi.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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