Taxi: il governo stappa lo champagne, ma per i sindaci la soluzione non è quella giusta

- di: Redazione
 

In una società appena normale, dove alla domanda deve corrispondere l'offerta, è vergognoso il paradosso della capacità della corporazione dei tassisti di imporre i suoi ultimatum, non agli amministratori o ai ministri, ma agli utenti - il cittadino che paga -. Perché non basta solo vedere le file interminabili che si formano davanti alle stazioni delle grandi città, in attesa di un taxi ormai alla stregua di unicorni, ma anche assistere all'arroganza che i tassisti manifestano opponendosi a qualsiasi soluzione che venga prospettata per aumentare il numero delle auto bianche in circolazione. 

Taxi: il governo stappa lo champagne, ma per i sindaci la soluzione non è quella giusta

II tutto - ovvero il dire ''no'' a quello che si pensa possa abbassare la soglia dei guadagni della confraternita - condito con l'esibizione del disprezzo per i diritti della gente, costretta a subire veri e propri ricatti che si traducono spesso in scortesie che tracimano in maleducazione o anche peggio. Atteggiamenti offensivi che si uniscono alla beffa di lunghe attese o di essere costretti a pagare in contanti, visto che la carta raramente viene accettata, con scuse a dir poco improbabili. 

Ora il governo pensa di avere risolto tutto approvando, nel cosiddetto Disegno di legge Asset, la previsione che nei centri più importanti, dal punto di vista amministrativo (capoluoghi di Regione, città metropolitane) e logistico (contiguità ad aeroporti), il numero delle licenze possa essere aumentato fino al 20% di quelle già rilasciate, attraverso procedure straordinarie (un concorso specifico), meno farraginose e quindi più veloci. 

Il provvedimento approvato ha fatto dire al governo che, come ha sottolineato il ministro Urso, un ''ottimo lavoro'' è stato compiuto ''in poche settimane'', rafforzando ''le misure per avere più licenze taxi'', aumentando ''la platea dei Comuni destinatari'', coprendo ''tutte le aree che hanno bisogno di un servizio più efficiente ed adeguato''. 

I destinatari del messaggio sono oltre 60 sindaci ai quali Urso ha rivelato di avere già scritto dicendo loro che ''potranno da subito realizzare concorsi straordinari per le nuove licenze taxi, senza alcun vincolo, in 15 giorni. 1.500 licenze in più a Roma, oltre 1.000 a Milano''. Possibile, per i titolari di licenza, accedere da subito allo strumento della seconda guida, oltre a una seconda licenza temporanea per due anni in occasione di grandi eventi, dal Giubileo 2025 alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, con vetture più efficienti ed ecologiche.

Tutto risolto, quindi? 

Non proprio perché il problema non era o non è solo il fatto che soprattutto nelle grandi città ci sono pochi taxi in giro, quanto che le amministrazioni locali devono tenere conto del peso politico dei tassisti, che ormai sono una vera e propria corporazione, capace di indirizzare moltissimi voti e che, quindi, più che essere presi di petto, per come qualcuno ritiene necessario, sono blanditi. Non schiaffi, schiaffetti o schiaffoni, ma buffetti perché, gira che ti rigira, le elezioni sono sempre vicine, anche se si tengono a distanza di anni. 

Come sembrano fare riecheggiare le dichiarazioni dei ''capi'' della corporazione che, tanto per fare un esempio, a Roma vengono trattati come leader politici. Come Loreno Bittarelli, presidente della cooperativa ''3570'' di Roma, da anni punto di riferimento per l'intera categoria. Che, davanti all'annuncio fatto dal sindaco Gualtieri di volere arrivare a rilasciare 1.500 nuove licenze, ha detto di no, al massimo ''concedendone'' appena 300. 

Come mai? Presto detto. "Non si sparino numeri a caso per far clamore - ha ringhiato -, che poi quando cala il lavoro si intoppa tutto e ci ritroviamo le macchine sul groppone, senza piazzole di sosta, adeguate infrastrutture per la sosta né corsie preferenziali. Giusto sarebbe andare per gradi, intanto rilasciando 300 autorizzazioni con la graduatoria comunque lasciata aperta".

Certo chi vive a Roma o ne segue, giornalisticamente, le vicende, ricorderà le immagini di un centro storico letteralmente ostaggio dei taxi che, come i pellegrini musulmani alla Mecca, girarono in continuazione intorno a Piazza Venezia, paralizzando il traffico e senza che nei loro confronti venisse elevata una, che fosse una, contravvenzione, perché non violarono alcuna norma del codice della strada, ma di sicuro misero sotto i piedi i diritti degli altri. 

Lo dice, in un certo senso, anche Assoutenti, con il suo presidente Furio Truzzi, secondo il quale, se i sindaci hanno ora la possibilità di aumentare le licenze sul territorio, restano comunque ''vittime dello strapotere dei tassisti e non vogliono inimicarsi una categoria che ha un peso politico non indifferente. Il decreto del Governo non c’entra nulla con l’incapacità delle amministrazioni locali di affrontare il problema taxi, perché la questione non è burocratica, ma esclusivamente politica: i sindaci, a partire da Gualtieri, hanno paura dei tassisti. E in questo rimpallo di responsabilità gli unici a rimetterci sono utenti e turisti che nelle principali città italiane ricevono un servizio taxi scadente e in alcuni casi pressoché inesistente, come dimostrano le lunghe file di cittadini in attesa alla stazione Termini e nei principali punti nevralgici''. 

I sindaci da parte loro rispondono piccati che la mancata adozione di contromisure allo strapotere dei tassisti era dovuta alla lentezza del governo nell'affrontare il problema. 

Il decreto è fatto male, è inutilizzabile, dice il primo cittadino di Roma, Roberto Gualtieri, nel mirino soprattutto della Lega, come altri sindaci di sinistra. 

''C’eravamo fermati - dice Gualtieri - per via delle norme nuove attese dal governo, che però non si possono usare. Ci vorranno dei mesi, ma abbiamo deciso di farlo e lo faremo''.

"Purtroppo il decreto è stato fatto male ed è inutilizzabile, se usassimo questa procedura nuova - spiega - perderemmo tutti i soldi che vanno ai Comuni per la gestione amministrativa delle licenze. Ci hanno tenuto fermi due mesi per fare delle norme che non servono a niente", 

In sintonia con il pensiero di Gualtieri quello del suo collega di Milano, Beppe Sala, che ha comunque affermato che il Comune ''se la legge è cambiata, agirà''. Le parole dei sindaci delle due ''capitali'' del Paese ora restano in attesa della prossima sortita di Matteo Salvini, che li ha ''messi nel mirino'' , sostanzialmente accusandoli di inerzia. 

"I sindaci che ritengono che le loro città abbiano bisogno di più taxi possono emettere il bando - ha detto Salvini, durante il question time -; i sindaci che non lo faranno vuol dire che sono contenti del servizio che mettono a disposizione dei loro cittadini".

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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