La cessione dell'Agi cambia lo scenario dell'informazione italiana

- di: Redazione
 
L'informazione, da quando il Serpente sussurrò all'orecchio di Eva che mangiando il frutto proibito lei e Adamo sarebbero diventati come Dio, è uno strumento essenzialmente politico, prospettando situazioni o scelte diverse, comunque finalizzate al raggiungimento di un obiettivo.
Quindi non deve sorprendere quanto sia appetito dalla politica che il mondo dell'informazione, nelle accezioni che oggi ha, anche per l'impetuoso affermarsi della Rete come veicolo di notizie, vere o false.
E' così in tutto il mondo normale (non rientrando in questa definizione i Paesi in cui vigono regimi non democratici) e quindi è scontato che accaparrarsi gli strumenti di comunicazione per condizionare il pensiero della gente è un obiettivo che molti si pongono.

La cessione dell'Agi cambia lo scenario dell'informazione italiana

L'Italia non si sottrae a questo modello, solo che sino ad oggi la frammentazione dell'offerta giornalistica era, per strano che possa apparire, una garanzia del fatto che l'informazione, per la pluralità dei suoi facitori, potesse dare all'utente la possibilità di scegliere, di non uniformarsi ad una ''verità'' politicamente precostituita.
Oggi, in casa nostra, si sta manifestando un nuovo scenario con il possibile rafforzarsi di un polo informativo politicamente molto connotato, con la possibilità che le sue singole componenti agiscano nel presupposto di un comune obiettivo e, quindi, di un appiattimento dell'informazione sulle specifiche finalità del ''dominus''.
Partendo dal presupposto che, sino a quando non si infrangono le leggi (e in Italia, almeno ad oggi, non ne esistono che impediscano ad un soggetto privato di incamerare giornali, tv e radio), tutte le acquisizioni sono perfettamente lecite.

Ma oggi, con la concreta possibilità che una delle più importanti agenzie di stampa italiane - l'Agi - entri nella galassia che fa capo al parlamentare leghista Antonio Angelucci (con alle spalle una lunga militanza in Forza Italia), di cui fanno parte già altri quotidiani, induce a più d'una riflessione che nulla ha a che fare con la parte politica cui si riferisce.
Perché sarebbe la prima volta che, nel campo dell'informazione, si andrebbe a costituire un polo politicamente definito e di cui fanno parte quotidiani e un'agenzia di stampa, sempre che non si guardi anche a media che agiscono in un campo diverso, come, ad esempio, quello televisivo.

Si tratterebbe o si tratta (a seconda del punto in cui si trova la trattativa per il passaggio dell'Agenzia Italia al gruppo di Angelucci), quindi, della prima volta che in Italia si potrebbe formare un gruppo di testate a distribuzione nazionale, con preciso punto politico di riferimento, con quel che ne consegue in termini di omogeneizzazione della conseguente linea. Il fatto poi che l'Agi è di proprietà dell'Eni indice a qualche altra considerazione, perché, se le cifre che circolano si avvicinano alla realtà resta difficile capire quali siano le vere cause che spingerebbero il colosso energetico a cedere l'agenzia per un tozzo di pane, sacrificando, per motivi imperscrutabili, un pezzo di storia del giornalismo italiano. Cosa sono, verrebbe da dire, trenta milioni di euro per un gruppo che - con azionista il Mef - macina profitti per miliardi ogni anno?
Una cosa, però, rispetto al quadro attuale, induce a una riflessione.

Sarebbe la prima volta che di un polo della comunicazione entra a fare parte un'agenzia di stampa a carattere nazionale che, lo ricordiamo, fa parte di quelle fonti primarie su cui si poggia gran parte dell'informazione.
Cioè sono spesso le agenzie che danno l'informazione di base su cui gli altri media lavorano. Si potrebbe dire, sinteticamente, che, nell'accezione italiana, le grandi agenzie di stampa sono tendenzialmente (ma non sempre) ''terze''. Quindi, se una di esse comincia a gravitare in una determinata area politica, il sospetto che potrebbe sortire è che l'informazione di partenza possa risentirne. Questo discorso ovviamente varrebbe anche se una aggregazione di media a carattere nazionale si formasse nell'ambito politicamente opposto. Il nostro è un ragionamento generale, diremmo universale, se non temessimo di toccare qualche sensibilità.
Creare dei poli, in qualsiasi campo dell'economia, spesso significa piani, ristrutturazione, progetti, spostamenti o accorpamenti e altre cose le cui ricadute finiscono sui lavoratori.
E quelli dell'Agi, i giornalisti, hanno già scelto la strada dello sciopero.
Il Magazine
Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
Iscriviti alla Newsletter
 
Tutti gli Articoli
Cerca gli articoli nel sito:
 
 
Vedi tutti gli articoli