Vivendi-Mediaset: l'Italia blindi le sue eccellenze dalle scalate straniere

 
L'emendamento approvato in commissione Affari Costituzionali del Senato, nell'ambito del "caso" Vivendi-Mediaset, sta proponendo all'attenzione generale, e non solo dei cosiddetti "addetti ai lavori", un tema molto delicato, forse anche più di quello che possa apparire al primo sguardo. L'emendamento, presentato dalla Dem Valeria Valente, stabilisce che l'Agcom, competente in materia di telecomunicazioni, nel corso di un periodo transitorio (fissato in sei mesi), svolga una istruttoria “volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo, sulla base di criteri previamente individuati, tenendo conto, fra l’altro, dei ricavi, delle barriere all’ingresso”.

Per comprendere meglio di cosa stiamo parlando bisogna chiarire che la vicenda riguarda il tentativo di Vivendi di una scalata nel gruppo Mediaset (nella foto Pier Silvio Berlusconi), sulla quale la corte di giustizia dell'Ue, con una sentenza del tre settembre scorso, ha sancito che la legge Gasparri - che regolamenta da anni la materia in Italia - non sembra rispettare la disciplina della libertà di stabilimento nel mercato interno, come stabilito dal Trattato sul funzionamento del mercato interno. Questa la cornice normativa entro cui ci si deve muovere per capire il quadro generale. Quello che invece il testo dell'emendamento non dice è che per l'Italia è forse giunto il momento di agire con maggiore concretezza a difesa delle sue eccellenze verso le quali capitali che nascono e si rafforzano in altri Paesi non nascondono le proprie mire, con campagne di acquisizioni a dir poco aggressive.



Quello delle ''scalate" o, appunto, delle "acquisizioni" è un problema non recente e verso il quale, come Paese, abbiamo avuto un atteggiamento di quieta accettazione, quasi convinti dell'ineluttabilità che la liberalizzazione del mercati se porta benefici porta anche il potenziale pericolo di vedersi sfilati da sotto gli occhi i nostri gioielli della corona. E' materia complicata, un vero pantano in cui, se non ti muovi con attenzione, finisci con l'andare a fondo. È un'evidenza che forse abbiamo ignorato, ma con cui dobbiamo fare i conti ogni qual volta ci accorgiamo che dall'estero vengono a fare shopping in casa nostra. Cosa che, da un lato potrebbe inorgoglirci, ma dall'altro sottrae alla nostra macchina produttiva la possibilità di lavorare per il sistema Paese.

Alcune delle nostre aziende più importanti e, dal punto di vista dei numeri, ancora "scalabili" dovrebbero essere considerate un patrimonio, più che una opportunità. Se leggiamo che Vivendi tenta una scalata in Mediaset non dobbiamo solo considerarla come una semplice operazione finanziaria, ma un colpo di piccone che sgretola le nostre certezze in materia di patrimonio nazionale. Oggi doveva toccare a Mediaset, domani poteva toccare ad altre nostre eccellenze. Sappiamo bene che è difficile muoversi quando i paletti sono sovranazionali, ma l'emendamento Mediaset-Vivendi può essere un primo passo e non un semplice segnale che già in parecchi vedono come una cortesia politica fatta a Berlusconi, nel momento in cui la maggioranza ha bisogno di un suo aiuto (o di una sua benevola astensione).

Ma, in quello che sosteniamo, la politica c'entra solo perifericamente. Perché il vero obiettivo che tutti dovrebbero perseguire è quello di fare sì che l'Italia resti una terra amata ed ammirata, e non luogo di scorrerie.
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