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Usa, stretta sui turisti: 5 anni di social e selfie per avere il visto

- di: Bruno Legni
 
Usa, stretta sui turisti: 5 anni di social e selfie per avere il visto
Usa, stretta sui turisti: 5 anni di social e selfie per l’Esta
Social obbligatori, più dati su telefoni, email, famiglia e biometria: cosa dovranno fornire anche gli italiani per entrare negli Stati Uniti.

Preparare la valigia non basterà più: per andare negli Stati Uniti con il programma di esenzione dal visto (Esta) bisognerà mettere in chiaro anche gli ultimi cinque anni di vita sui social media. È quanto prevede una proposta formale di U.S. Customs and Border Protection (CBP) pubblicata nel Federal Register, che trasforma in obbligo ciò che finora era una voce facoltativa nel modulo online.

La stretta non riguarderà solo chi chiede un visto tradizionale, ma anche i cittadini dei Paesi del Visa Waiver Program – quindi anche italiani ed europei – che oggi possono viaggiare negli Usa fino a 90 giorni senza visto, a condizione di ottenere un’autorizzazione Esta prima di partire.

Cosa prevede la nuova proposta

Il cuore della novità è semplice e radicale: i riferimenti ai social smettono di essere un campo opzionale e diventano dati obbligatori nella domanda Esta. L’amministrazione americana lega la misura a un ordine esecutivo del 2025 sulla protezione degli Stati Uniti da minacce terroristiche e di sicurezza interna, presentandola come un passo avanti nella “verifica rafforzata” dei viaggiatori.

Il testo depositato apre un periodo di consultazione pubblica di 60 giorni, con scadenza prevista il 9 febbraio 2026. Solo dopo il vaglio dell’Office of Management and Budget le modifiche potranno essere approvate in via definitiva e applicate. Nelle stime degli esperti, l’entrata a regime viene collocata nel corso del secondo trimestre 2026, con una implementazione graduale.

Dal sito all’app: l’Esta diventa mobile (e con selfie)

Il cambiamento non riguarda solo i contenuti, ma anche lo strumento: secondo i documenti di CBP, il tradizionale sito web per la richiesta Esta è destinato a scomparire, sostituito da una app dedicata. La domanda di autorizzazione al viaggio verrebbe quindi presentata quasi esclusivamente da smartphone.

Tra le novità più discusse c’è anche il selfie obbligatorio da affiancare alla foto del passaporto, come parte dei controlli di identità biometrica. In parallelo, CBP sta sperimentando – attraverso la app CBP One – una funzione che consente ai viaggiatori di segnalare volontariamente l’uscita dagli Usa caricando un selfie e autorizzando la geolocalizzazione per attestare la partenza effettiva.

Le stime ufficiali parlano di circa 14,5 milioni di utilizzatori l’anno per l’Esta in versione app, con un tempo medio di compilazione più lungo rispetto al sito: poco meno di 4 minuti online, fino a oltre 20 minuti via app, a seconda dei dati richiesti.

Quali dati verranno chiesti: non solo social

La misura sui social è solo una parte di un pacchetto più ampio di “dati ad alto valore” che CBP vuole raccogliere in modo sistematico. Nella nuova domanda Esta, oltre ai dati già noti (email, indirizzo di casa, contatto di emergenza, domande di sicurezza), verrebbero aggiunti diversi campi aggiuntivi.

Ecco, in sintesi, il nuovo profilo informativo di un viaggiatore Esta:

  • Social media: elenco degli account utilizzati negli ultimi 5 anni sui principali social (handle, username, piattaforme).
  • Numeri di telefono personali: tutti quelli usati negli ultimi 5 anni.
  • Indirizzi email personali: quelli utilizzati negli ultimi 10 anni.
  • Indirizzi IP e metadati legati alle foto inviate elettronicamente con la domanda.
  • Dati sui familiari: nomi di genitori, coniuge, fratelli/sorelle, figli, con relative date e luoghi di nascita.
  • Contatti dei familiari: numeri di telefono usati negli ultimi 5 anni e relative residenze.
  • Dati biometrici: volto, impronte digitali, Dna e iride (oggi il sistema registra già volto e impronte in ingresso, ma il pacchetto punta a estendere la raccolta in fase di richiesta).
  • Contatti aziendali: numeri di telefono e email di lavoro usati dal richiedente, fino a 5 anni per i numeri e 10 anni per le email.

Si tratta di un salto di qualità rispetto al modello attuale: da una semplice autorizzazione elettronica pre-viaggio a una vera scheda digitale estesa del viaggiatore, che collega dati di contatto, reti familiari, tracce online e biometria.

Cosa cambia per italiani ed europei

Per gli italiani, la novità principale è che le regole dell’Esta si avvicinano sempre di più a quelle dei visti tradizionali. Dal 2019 chi chiede un visto non immigrante (per studio, lavoro o turismo con visto) è già tenuto a dichiarare i propri identificativi social degli ultimi cinque anni: ora quella logica verrebbe estesa in forma obbligatoria anche a chi viaggia senza visto.

In concreto, un cittadino italiano che vuole trascorrere un paio di settimane in vacanza negli Usa potrebbe trovarsi a dover:

  • elencare gli account usati su piattaforme come Instagram, Facebook, X, TikTok, LinkedIn negli ultimi cinque anni;
  • ricostruire numeri di telefono e email personali (e in parte professionali) di un periodo fino a 10 anni;
  • fornire un selfie in tempo reale via app;
  • accettare un livello di tracciamento biometrico più approfondito, già prima di arrivare alla frontiera fisica.

Per ora non cambia nulla nell’immediato: finché la proposta non sarà approvata, l’Esta continua a funzionare come oggi, con il campo social facoltativo e la possibilità di presentare richiesta attraverso il sito web ufficiale.

Perché Washington vuole più dati: sicurezza e “minacce ostili”

L’amministrazione Trump inquadra il giro di vite nel solco dell’“extreme vetting”, una linea che punta a filtrare in modo più aggressivo chi entra nel Paese. Il nuovo schema di raccolta dati viene giustificato con la necessità di individuare possibili “minacce ostili agli Stati Uniti” prima che il viaggiatore salga sull’aereo.

Secondo CBP, i social media e gli altri dati “ad alto valore” permetterebbero di:

  • scoprire identità false o multiple;
  • riconoscere collegamenti con reti criminali o terroristiche;
  • incrociare in modo più sofisticato le informazioni con banche dati di sicurezza e intelligence;
  • automatizzare di più i controlli prima dell’imbarco, riducendo i margini di errore umano.

In altre parole, Washington vuole spostare sempre più la frontiera nel cloud: il controllo non inizia più al gate o al controllo passaporti, ma al momento in cui si compila la domanda di autorizzazione online.

Le critiche: privacy, libertà di espressione e “effetto bavaglio”

Se per il governo Usa si tratta di una misura di sicurezza, per associazioni civili, esperti di privacy e parte dell’industria turistica è un passo in più verso una “sorveglianza di massa dei viaggiatori”.

Organizzazioni come ACLU ed Electronic Frontier Foundation da anni contestano le raccolte di dati social per i visti, sottolineando che:

  • non esistono prove solide dell’efficacia reale di questo tipo di screening nel prevenire attentati;
  • l’analisi dei profili social rischia di penalizzare opinioni politiche, religiose o attivismo perfettamente legali;
  • può incentivare profilazioni discriminatorie per origine, etnia o credo;
  • produce un forte effetto dissuasivo sulla libertà di espressione: sapendo che ogni post può essere letto da un funzionario, molti utenti preferiscono auto-censurarsi.

Giuristi e avvocati dell’immigrazione, in particolare negli Stati Uniti ed in Europa, avvertono che la combinazione di social obbligatori, tracce digitali, dati familiari e biometria crea profili estremamente dettagliati di milioni di persone che non sono sospettate di alcun reato, con rischi per la sicurezza stessa dei dati se i sistemi venissero violati.

Turismo e affari: quale impatto per un viaggio in Usa

Il nuovo pacchetto arriva in un momento già complicato per il turismo internazionale verso gli Stati Uniti: le statistiche mostrano un calo degli arrivi dall’estero negli ultimi anni, complice un mix di regole più dure, tensioni diplomatiche e costi in aumento.

A rendere il quadro ancora più delicato è l’introduzione di una nuova “visa integrity fee” da 250 dollari per la maggior parte dei visti non immigranti, operativa dal 2025: un costo aggiuntivo che non riguarda i viaggiatori Esta, ma che alimenta la percezione di un Paese sempre più caro e complesso da raggiungere per studenti, lavoratori e turisti che hanno bisogno di un visto tradizionale.

L’industria dei viaggi teme che l’obbligo di dichiarare anni di attività sui social e di fornire molti più dati personali possa convincere una parte dei visitatori a cambiare destinazione, scegliendo mete percepite come meno invasive sul piano digitale. Un paradosso, sottolineano alcuni analisti, proprio alla vigilia di grandi eventi come la Coppa del mondo di calcio 2026, che dovrebbe portare milioni di tifosi in Nord America.

Le possibili reazioni europee e il nodo dei dati

In Europa la mossa americana si innesta in un contesto già sensibile, segnato da negoziati complessi fra Unione europea e Stati Uniti sull’accesso ai dati e sul trasferimento transatlantico delle informazioni personali. Non è escluso che le nuove regole Esta alimentino richieste di “reciprocità” o di maggiore trasparenza sul modo in cui i dati dei cittadini europei vengono conservati, incrociati e per quanto tempo.

Alcuni eurodeputati e autorità per la protezione dei dati potrebbero chiedere garanzie più forti su:

  • limiti temporali chiari alla conservazione dei dati;
  • diritti di accesso e correzione per i viaggiatori;
  • controlli indipendenti sulle banche dati utilizzate per il “social media vetting”;
  • possibili vie di ricorso in caso di negazione dell’Esta per motivi opachi, legati ai contenuti online.

Sullo sfondo resta il tema più politico: fino a che punto un Paese può chiedere ai turisti stranieri di spogliarsi della propria privacy digitale come condizione per varcare la frontiera?

Cosa fare adesso se stai programmando un viaggio negli Usa

Al netto delle intenzioni di Washington, oggi la situazione è questa: le nuove regole non sono ancora in vigore. Ma chi programma un viaggio nei prossimi anni farebbe bene a tenere presente che il quadro normativo potrebbe cambiare.

Alcuni consigli di buon senso per i futuri viaggiatori italiani:

  • tenere traccia – anche in modo semplice, in un file o in una nota – degli account social usati negli ultimi anni;
  • conservare cronologia dei numeri di telefono e delle principali email utilizzate;
  • evitare di affidarsi a profili falsi o pseudonimi che potrebbero creare sospetti in fase di controllo;
  • considerare che i contenuti pubblici (post, foto, commenti) possono essere letti e interpretati anche fuori contesto;
  • monitorare gli aggiornamenti sui siti ufficiali di CBP e delle ambasciate Usa prima di prenotare un viaggio.

La frontiera tra sicurezza e privacy si sposta ogni anno un po’ più avanti. Con questa proposta, gli Stati Uniti chiedono ai turisti di consegnare non solo il proprio passaporto, ma anche una fetta consistente della propria identità digitale. Decidere se il prezzo vale il viaggio sarà, sempre di più, una scelta personale.

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