Rettore Verona, il vanto dell’Università Bocconi è essere molto più di una Università. O meglio, molto più di un’Università tradizionale che trasmette saperi. Leopoldo Sabbatini, autore del programma formativo, primo presidente e Rettore dell’Ateneo fondato nel 1902, ricorda nei suoi scritti i meriti del fondatore Ferdinando Bocconi: l’aver impostato gli studi universitari bocconiani rispettando “l’armonia fra la scuola e la vita” e aver intuito l’importanza del ruolo della cultura e della scienza come fondamento della “crescita economica e morale della nazione”. A distanza di 116 anni dalla sua fondazione questi valori come vengono declinati in un mondo molto diverso da quello di allora? Che significa, in altre parole, essere bocconiani oggi?
Rispettare l’armonia tra la scuola e la vita, oggi, significa prima produrre, attraverso la ricerca, e poi trasmettere, attraverso la didattica, un sapere capace di incidere significativamente sulla vita di tutti noi. In un passato più o meno recente, si è detta la stessa cosa indicando la necessità di non chiudersi nella “torre d’avorio” e di evitare l’”autoreferenzialità”; a 116 anni dalla fondazione, esprimiamo questo concetto con il motto “Knowledge that matters”. In primo piano c’è il concetto di conoscenza, di sapere, il cui sviluppo non può essere condizionato da vincoli utilitaristici, ma deve essere una conoscenza potenzialmente utile alla comunità. Si dice spesso che nessuno sa quale ricerca di base si rivelerà utile, tra dieci anni, a risolvere un problema pratico, ma è molto probabile che la ricerca sviluppata ai soli fini di carriera, in ossequio a una ritualità accademica d’altri tempi, non lo sarà.
La Bocconi è un vanto italiano. Il suo ranking la pone tra le più importanti Università europee e occupa posizioni di assoluto rilievo nelle classifiche mondiali. Il piano strategico per il quinquennio 2016-2020 prevede, tra le altre cose, che tutti i dipartimenti Bocconi dovranno classificarsi fra i primi 5 in Europa in termini di produzione e reputazione scientifiche nelle rispettive aree di riferimento entro il 2020. Si prevede inoltre di continuare a migliorare il posizionamento Bocconi nei principali ranking internazionali: classificarsi tra le prime 5 in Europa e fra le prime 20 nel mondo in tutti i ranking riguardanti le scuole di management e le università di scienze sociali entro il 2020. Obiettivi importanti e ambiziosi. Come sta andando la marcia di avvicinamento al 2020?
Già oggi possiamo vantare alcuni risultati importanti, in una corsa che si fa sempre più competitiva. Per usare una metafora calcistica, fino a poco tempo fa i ranking erano un derby tra Stati Uniti ed Europa, mentre oggi si affacciano alla competizione internazionale molte ottime scuole degli altri continenti, primo tra tutti l’Asia. Noi per molti aspetti siamo già in Champions League. Limitandosi ai ranking più importanti, in quello di QS per social sciences and management siamo quarti in Europa e undicesimi al mondo. Financial Times classifica il nostro MSC in International Management al sesto posto al mondo e quello in Finance all’ottavo. Nel ranking stilato dall’Università di Tilburg per qualità della ricerca scientifica, la Bocconi si classifica al primo posto non solo dell’Europa continentale ma anche di qualsiasi paese di lingua non inglese.
Essere studenti bocconiani significa indubbiamente appartenere ad una élite, godere di forte ‘reputation’ e considerazione sociale. Ma ‘élite’, nei valori della Bocconi, è tutt’altro che assenza di mobilità sociale. Anzi, gli strumenti per favorirla messi a disposizione sono molteplici e sono costituiti presidi come il Comitato pari opportunità. Sbagliamo a dire che la Bocconi è l’Università del merito e non dello ‘status’ economico-sociale di provenienza? E che anche questo è un pilastro di quella spinta alla modernità che caratterizza i suoi valori fondativi?
Tra i valori fondativi della Bocconi, il merito è forse quello da ribadire con più forza oggi. Alla Bocconi si entra esclusivamente per merito, attraverso un rigoroso processo di selezione, e solo per merito si procede nella carriera accademica. E dal momento che la Bocconi deve essere una scelta possibile per tutti, mettiamo a bilancio ogni anno più di 27 milioni di euro di agevolazioni e borse di studio, in parte legate alle condizioni economiche degli studenti. Poiché riteniamo, però, che il merito vada premiato indipendentemente da ogni altra considerazione, esistono borse e premi legati soltanto ad esso. Come esempio di quanto facciamo, oltre al Comitato pari opportunità, vorrei citare il programma Career Development (CarDev), la cui finalità è di offrire pari opportunità nello sviluppo di carriera dei docenti. Nella pratica, ciò significa soprattutto assicurarsi che le donne non vengano penalizzate dalla maternità o da altre interruzioni di carriera dovute ai carichi familiari.
La Bocconi è certamente l’Università italiana più internazionalizzata. Tornando al piano strategico 2016-2020, un punto specifico prevede di aumentare l’esposizione internazionale degli studenti, sia in termini di opportunità di studio all’estero (programmi di scambio, doppia laurea…), sia in termini di stage. Il piano prevede di aumentare le opportunità internazionali di studio dal 35% di studenti al 50% entro il 2020, e gli stage internazionali dai 1.200 a 1.500 l’anno entro il 2020. Inoltre si prevede si rafforzare il reclutamento di studenti internazionali di talento, riducendo la dipendenza dagli studenti italiani in un contesto di crescente mobilità studentesca: aumentare la quota di studenti internazionali dal 14% al 18% entro il 2020. Come sta rispondendo il sistema Bocconi a questa forte sollecitazione.
Il sistema risponde producendo un grande sforzo collettivo. Ciò che viene fatto a livello di studenti è certamente l’aspetto più visibile, ma ci stiamo muovendo velocemente anche in termini di corpo docente e di staff. Dei 22 nuovi docenti assunti nel 2018, per esempio, ben 16 sono stranieri e tutti, italiani compresi, sono stati assunti sul job market internazionale, in concorrenza con i migliori PhD del mondo per quanto riguarda i docenti più giovani. Anche lo staff sta sviluppando le competenze necessarie a gestire un’università che non è più solo italiana e, anche in questo caso, una certa esperienza internazionale è requisito necessario per tutti i nuovi assunti. Tornando agli studenti, tra iscritti ed exchange, ogni anno arrivano alla Bocconi più di 4.000 studenti stranieri, sempre molto presenti nel campus, tanto che, girando per i nostri corridoi, la percezione è che sia straniero uno studente su tre. In realtà lo è il 17% degli iscritti, con corsi molto internazionalizzati che si avvicinano al 40%.
L’innovazione, la modernità, il futuro sono a caratteri cubitali nella mission della Bocconi. Nel mercato del lavoro si prevedono forti cambiamenti, peraltro già in atto, con professionalità che per trovare spazio si dovranno fortemente innovare e magari riconvertire, altre che spariranno, altre ancora del tutto nuove. Lei pensa che questo scenario accelererà nel breve periodo e come – al di là del modello Bocconi che sembra prontissimo – le Università in generale dovrebbero attrezzarsi per fornire una formazione adeguata a questi tempi nuovi? E poi, in concreto, dal suo punto di osservazione privilegiato cosa sta avvenendo e avverrà davvero nel mercato del lavoro? Insomma, quale futuro attende i giovani e come debbono attrezzarsi per esserne protagonisti? Quali le professioni in declino e quali invece quelle più promettenti?
Per affrontare il futuro servono, anzitutto, solide basi metodologiche. Vent’anni fa era chiaro che, nel management, nell’economia, nelle scienze sociali e, in parte, anche nel diritto, il futuro avrebbe parlato inglese – così la Bocconi ha inaugurato gli insegnamenti in lingua. Non sapevamo che cosa i nostri laureati, vent’anni dopo, avrebbero detto in inglese, ma eravamo certi che sarebbe stato un prerequisito necessario ad uno sviluppo di carriera positivo. Oggi è chiaro che nel futuro di tutti ci sarà un po’ di programmazione, il cosiddetto coding. Non perché tutti i mestieri siano destinati a ridursi a mestieri di programmazione, ma perché tutti dovranno essere in grado di comprendere la logica della programmazione, che pervaderà sempre più aspetti della nostra vita lavorativa e privata. Così, dall’anno scorso, abbiamo introdotto insegnamenti di coding tra quelli obbligatori e da quest’anno abbiamo introdotto insegnamenti di critical thinking, un altro elemento fondamentale nell’interpretazione di un mondo sempre più complesso.
I giovani di oggi, a suo parere, sono coscienti che il futuro prossimo sarà assai diverso dal passato? E che la ‘cassetta degli attrezzi’ della propria formazione dovrà cambiare non poco rispetto a quella del passato, anche recente?
I ragazzi ne sono più consapevoli di noi. Rispetto alle generazioni precedenti, gli studenti di oggi hanno già avuto un’esposizione internazionale e multiculturale che fa da antidoto a ogni tentazione di pensiero unico. Hanno già dovuto mettere nella loro cassetta degli attrezzi lingue, discipline e persino mentalità diverse e non avranno difficoltà a continuare a farlo. È stata emblematica, a questo proposito, la reazione all’introduzione dei corsi obbligatori di coding nel triennio: gli studenti degli anni successivi ci hanno chiesto di poterli frequentare anche loro.
Nella mission della Bocconi c’è scritto che ha a cuore la sua indipendenza e la libertà da ogni potere politico o economico esterno. Come si sostanzia questa indipendenza e quali sono i canali di finanziamento dell’Ateneo?
Si sostanzia, anzitutto, con la più assoluta libertà di pensiero e di opinione “informata”. L’immagine della Bocconi come monolito di pensiero, che traspare talora su alcuni social media, è francamente ridicola. I nostri docenti partecipano al dibattito pubblico con opinioni diversissime e su posizioni che occupano l’intero spettro politico. Quello che hanno in comune è il fatto di parteciparvi sulla base di evidenze scientifiche. Ancora una volta: è il metodo, non l’opinione. Tale indipendenza è garantita dal fatto che la nostra fonte principale di finanziamento sono le rette degli studenti, seguite dai finanziamenti alla ricerca, ottenuti attraverso la partecipazione a bandi, e dalle donazioni. Il contributo statale, in costante declino, si è attestato nell’ultimo anno al 4,7% del nostro bilancio.
Il Campus universitario Bocconi. Che importanza ha il Campus nel sistema Bocconi, quali sono le sue interrelazioni con il sistema Milano? E cosa prevede il nuovo Campus, che dovrebbe essere un nuovo fiore all’occhiello della Bocconi e dell’intera città?
Il modello Bocconi è quello del campus urbano, un campus ben sviluppato, ma anche bene integrato nel tessuto cittadino e non isolato da esso, come spesso accade nelle realtà nordamericane. Con il tempo, siamo riusciti ad accentrare in poco spazio quasi tutte le nostre attività e i nostri pensionati, consentendo un tasso di interazione tra studenti, docenti, staff e mondo esterno che fa da moltiplicatore del sapere. In discipline come le nostre, in cui le testimonianze e il contatto con manager e policy maker è essenziale, il fatto di essere situati a Milano, in una posizione semi-centrale, a pochi passi dai centri nevralgici della finanza, dell’industria e della moda, è un vantaggio incommensurabile. Quello con Milano è un rapporto a due vie. Riceviamo tanto da una città in forte sviluppo reputazionale, tanto da essere diventata un fattore decisivo nella scelta di studenti e docenti anche internazionali, e cerchiamo di restituire quanto più possibile. L’ultimo tassello del campus, quello che sta sorgendo sull’area dell’ex Centrale del Latte non comprenderà solo un pensionato (già operante) e le attività di SDA Bocconi School of Management, ma anche aree verdi e un grande centro sportivo aperto al pubblico, con palestre e una piscina olimpica.
SDA Bocconi School of Management per la formazione ‘post experience’ è una realtà nota per la sua qualità di eccellenza. Propone programmi MBA, Master specialistici e Progetti formativi su misura per individui, aziende e istituzioni. Un passaggio diremmo obbligato per raggiungere l’eccellenza nei vari segmenti del management. E permette un’interrelazione fortissima con il sistema economico-finanziario. Quale contributo effettivo fornisce SDA allo sviluppo del sistema imprenditoriale, non solo italiano ma certamente anche europeo?
Con questa risposta si chiude il cerchio aperto dalla sua domanda su innovazione e modernità, perché il punto è ancora lo stesso: il futuro, non perfettamente prevedibile e che impone una formazione continua, un percorso di life-long learning difficile da progettare a priori. È per questo che l’offerta di SDA Bocconi School of Management sta evolvendo nel senso della flessibilità e della personalizzazione, diventando sempre più simile al catalogo di un Netflix o uno Spotify, che consentono di scegliere la proposta più adatta a se stessi, da usufruire secondo le modalità più congeniali.