Unioncamere: il sistema camerale italiano leva per la crescita dell'Italia
- di: Reazione
Lo stato dell’arte sul processo di riforma del Sistema camerale italiano e sulla sua capacità di rispondere alle esigenze dei territori e delle imprese, il ruolo cruciale delle Camere di commercio nell’ambito del PNRR su tutta una serie di tematiche fondamentali, il ritardo delle aziende italiane, soprattutto di quelle piccole, sull’economia 4.0, la necessità di spingere a fondo sulla semplificazione, la proposta di realizzare sportelli green nelle Camere di commercio. Intervista a Giuseppe Tripoli, Segretario Generale di Unioncamere.
Intervista a Giuseppe Tripoli, Segretario Generale di Unioncamere
Lo scorso 22 maggio il Senato della Repubblica ha respinto ancora una volta l’emendamento che mirava a bloccare gli accorpamenti mancanti degli Enti camerali, che stanno progressivamente scendendo a 60. Più in generale, come ha inciso la riforma 2015 del Sistema camerale sulla capacità delle Camere di commercio di rispondere alle esigenze dei territori e delle imprese? Quali le principali azioni finora messe concretamente in campo dagli Enti camerali per rispondere a tali esigenze?
Gli effetti sono stati importanti. Il dimezzamento del diritto annuale introdotto nel 2014 ha ridotto le risorse a disposizione del sistema camerale e questo ha imposto una progressiva riorganizzazione interna alle Camere, diretta ad ottimizzare i costi interni. In questa situazione si è innestato anche il processo di accorpamento tra Camere di commercio nei cui territori operavano meno di 75mila imprese. La procedura di accorpamento richiede una attenta rivisitazione dell’organizzazione di ciascuna Camera coinvolta e non è un fatto banale. Quasi tutte le Camere hanno portato a termine questo riassetto ed ora sono più strutturate e forti. Un fatto di cui beneficiano i territori e le imprese che possono contare su maggiori energie, risorse e professionalità in grado di rispondere alle loro esigenze. Il tutto salvaguardando il presidio dei territori, assicurato dalla presenza ed operatività di tutte le sedi preesistenti. Insomma, malgrado questa riorganizzazione “di sistema”, le Camere hanno continuato ad essere un punto di riferimento per le imprese, sia per i servizi di carattere amministrativo legati al Registro delle imprese, sia per i nuovi servizi di supporto al tessuto produttivo. Ad esempio, attraverso i Punti per l’impresa digitale, parte del network istituzionale di Industria 4.0, sono state contattate 480mila imprese che hanno usufruito di prodotti e servizi diretti all’accompagnamento delle aziende alla digitalizzazione. Nel corso della pandemia il sistema camerale è stato di supporto ai Prefetti per l’individuazione delle imprese che potevano continuare ad esercitare la propria attività e sono stati messi in campo strumenti di informazione per gli operatori economici sulle norme di contrasto all’emergenza sanitaria. E ora le Camere di commercio sono coinvolte nell’attuazione di alcune delle misure dirette alle imprese previste dal Pnrr. Insomma, la riforma è andata avanti ma il sistema camerale non si è mai fermato.
Quale ruolo svolgono le Cdc nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)? Lei ha affermato che “le Camere di commercio possono essere quelle agenzie territoriali, quei centri di competenza, quella rete di supporto attivo alle imprese, che l’attuazione del PNRR richiede, in un modello di sussidiarietà più prossima ai territori”. Tale ruolo viene riconosciuto o stenta ad affermarsi nell’architettura istituzionale del PNRR?
Il Decreto Recovery ha previsto che le Camere di commercio e gli enti ad esse collegate possano dare il proprio contributo alle amministrazioni centrali, alle Regioni e agli enti locali, titolari dei programmi del PNRR, per l’attuazione ai progetti attraverso la propria rete territoriale.
Un fatto che sta già avvenendo. Unioncamere ha da poco siglato un protocollo di intesa con la Ragioneria generale dello Stato il cui obiettivo è la diffusione dei contenuti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e delle procedure di attuazione, monitoraggio e controllo, attraverso uno sforzo condiviso che consenta di raggiungere, informare e accompagnare le imprese beneficiarie all’utilizzo delle risorse messe in campo. Con il Commissario straordinario alla ricostruzione sisma, il sistema camerale contribuirà alla gestione dei bandi previsti dal Fondo complementare del PNRR. Inoltre, il sistema camerale sta lavorando con il Ministero dello Sviluppo economico sul fronte dell’imprenditoria femminile ed è impegnato sulla certificazione della parità di genere, i contratti di filiera e le comunità di energia rinnovabile.
Una rilevazione effettuata dal Centro studi Tagliacarne di Unioncamere mostra che solo un’impresa su 3 è pronta a cogliere le opportunità delle nuove risorse espressamente dedicate al sistema produttivo dal PNRR, come Transizione 4.0 ed Economia circolare. Tra le aziende che non sono pronte, emerge dalla rilevazione, la quota maggiore è rappresentata dalle imprese più piccole: l’80% di quelle di minori dimensioni, infatti, non ha nemmeno in programma di avvalersi delle straordinarie risorse previste dal Piano, contro il 50% delle aziende medio grandi. Non è un quadro confortante. Cosa sta facendo il Sistema delle Camere di commercio per superare tale situazione e quali segnali stanno giungendo sia a livello generale che dalle singole aree del Paese?
Ai dati citati, aggiungerei anche un ulteriore elemento emerso dalle nostre indagini: alla domanda riguardante quali fossero le difficoltà per innovare, il 64% delle imprese ha detto che non è certo la disponibilità delle risorse, ma il non saper cosa fare e come farlo. È un problema non da poco, legato alla struttura del nostro tessuto produttivo, fatto per quasi 5 milioni da imprese micro e piccole che hanno poche possibilità di dedicare personale, tempo e risorse alla analisi delle grandi opportunità messe in campo, agli investimenti richiesti. Sono proprio queste le imprese che più avrebbero necessità di essere non solo correttamente informate ma anche accompagnate in questi percorsi. Sia a livello di Unioncamere che a livello locale il sistema camerale si è attivato con tantissime iniziative di informazione e divulgazione mirate.
Digitalizzazione e Sostenibilità (che poi, a ben guardare, sono due facce di una stessa medaglia) sono i principali driver della crescita del presente e del futuro. Ormai non sfugge a nessuno l’importanza della digitalizzazione per le imprese ma nell’economia 4.0 le aziende italiane, specie le piccole, sono indietro rispetto a quelle degli altri Paesi europei. Su tale tema il Sistema Camerale nell’ultimo quinquennio si è impegnato molto, utilizzando entrate straordinarie. Con quali risultati?
Attraverso i Pid, i Punti per l’impresa digitale, sono state raggiunge complessivamente 480mila imprese. Di queste, 280mila hanno partecipato a percorsi info-formativi, 50mila hanno svolto l’assessment della maturità digitale e 6.700 hanno beneficiato di azioni di orientamento e mentoring.
Di recente al Sistema camerale sono stati affidati la realizzazione di una specifica piattaforma per sostituire l’autocertificazione delle imprese con forme automatizzate di verifica, la gestione dei domicili digitali, la verifica dei titolari effettivi, il supporto alla realizzazione del registro del terzo settore. In pratica, si tratta di trasformare il Registro delle imprese in piattaforma unica di interfaccia tra imprese e Pubblica amministrazione. Quali i principali benefici concreti di questa operazione? Sempre in tema di semplificazione dei rapporti tra imprese e amministrazioni pubbliche, qual è lo stato dell’arte sugli Sportelli unici?
Per una impresa è molto più semplice avere un unico interlocutore e accedere a procedure burocratiche che utilizzino il medesimo sistema. L’interconnessione tra banche dati è sempre un processo complesso, indubbiamente, e adesso sarà fatto nel settore pubblico. L’infrastruttura del Registro imprese esiste, è una best practice a livello europeo, è una risorsa del Paese. La legge ora la valorizza come piattaforma per il contatto con le imprese.
Per quanto riguarda i SUAP, già circa 4mila Comuni, poco più del 50% di quelli esistenti in Italia, hanno aderito alla piattaforma del sistema camerale. La particolarità degli sportelli unici gestiti in collaborazione tra Comuni e Camere di commercio è che sono davvero “unici”, perché utilizzano la stessa modulistica, hanno una sola modalità di interlocuzione con l’utente, la medesima nomenclatura dei procedimenti e nascono integrati con la piattaforma impresainungiorno.gov.it, che è il punto di riferimento per tutti i SUAP d’Italia. Non a caso il SUAP camerale ha raccolto il gradimento delle principali associazioni d’impresa che chiedono un unico ambiente per interloquire con le amministrazioni, uniformità di accesso a servizi a portata di imprenditore e riduzione della richiesta di informazioni già in possesso della PA. L’ideale, quindi, sarebbe estenderne l’utilizzo a tutti gli ottomila Comuni.
Restando sulla questione semplificazione, che è un tema chiave per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, un’indagine del Centro studi Tagliacarne afferma che una riduzione di un terzo del tempo dedicato dalle risorse umane interne alle imprese agli adempimenti burocratici, reimpiegato nelle attività produttive, comporterebbe un aumento della produttività aziendale tra il +0,5% e il +1,1%. Lei ha dato atto al Governo “di dedicare a questo tema un impegno straordinario che ha prodotto già un notevole passo avanti”, ma sollecita ulteriori miglioramenti. Quali, ad esempio?
In Unioncamere è stata costituita una apposita Commissione alla quale partecipano tutte le principali associazioni di categoria. Il suo scopo è individuare i procedimenti e le norme che maggiormente avrebbero necessità di essere sfoltiti e semplificati per le imprese. L’idea è di presentare delle proposte al Governo in maniera da sollecitare un’azione chirurgica di sburocratizzazione.
Di recente ha ricordato, studi e indagini alla mano, che “gli investimenti nel green e nel digitale sono finalizzati ad aumentare la flessibilità organizzativa e produttiva migliorando il modello di business (44% riguardo al digitale; 41% per il green)” e che “per gli investimenti green l’obiettivo della flessibilità si dimostra ancor più essenziale (rispetto a quelli digitali) per aumentare la resilienza produttiva”. E ha lanciato una proposta: “Come è stato fatto con i Punti impresa digitale, perché, allora, non sostenere con risorse dedicate la realizzazione di sportelli green nelle Camere di commercio per accelerare questi percorsi?”. Ci sono sviluppi su tale fronte?
Non ancora, ma il sistema camerale sta promuovendo già dallo scorso anno lo sviluppo delle comunità di energia rinnovabile, un profilo di consumatori di energie rinnovabili composto da cittadini, imprese, enti territoriali e autorità locali che possono unirsi per produrre e condividere la propria energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. La costituzione di questi nuovi soggetti è promossa da alcune direttive europee. Il sistema camerale sta svolgendo su questo fronte un lavoro di disseminazione che proseguirà sui territori anche con il contributo della società in house Dintec e che è pienamente coerente con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con le azioni dirette alla transizione ecologica del Next Generation Eu.
Il PNRR è una formidabile occasione che potrebbe riscrivere la storia economica e sociale del nostro Paese. Ma alcuni osservatori rilevano che, in generale, nella società italiana intorno ad esso non c’è quel clima di fermento e attivismo all’altezza dell’importanza dell’occasione. Condivide questa osservazione? Per sintetizzare al massimo, è più ottimista o più pessimista sul PNRR come leva per rilanciare l’Italia sia dal punto di vista economico che sociale?
Io mi schiero decisamente dalla parte degli ottimisti. Anche perché, come ha recentemente detto il ministro Giorgetti, non è il momento di chiederci se saremo in grado di affrontare questa sfida, ma di coglierla e di raggiungere gli obiettivi. E l’Italia fino a questo momento è stata in grado di farlo. Occorre continuare così, tradurre i tanti progetti in azioni concrete e fare in modo che il Paese, nel 2026, sia più competitivo.