L’Unione Europea accelera sugli accordi commerciali: una risposta strategica ai dazi di Trump
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

In un mondo attraversato da una nuova ondata di protezionismo, l’Unione Europea rilancia la propria politica commerciale come strumento di autodifesa e di proiezione geopolitica. I dazi introdotti dal presidente Donald Trump, tra nuove imposte sull’import di acciaio, auto e componentistica, hanno costretto Bruxelles a reagire. Non solo misure di contenimento, ma una strategia a tutto campo: aprire nuovi canali, firmare trattati di libero scambio, agganciarsi a economie in crescita e consolidare relazioni già esistenti. Un’agenda fitto di dossier, talvolta rimasti impantanati per anni, oggi rilanciati con urgenza.
L’Unione Europea accelera sugli accordi commerciali: una risposta strategica ai dazi di Trump
Il trattato con il Mercosur, che coinvolge Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay, è considerato il più ambizioso nella storia recente dell’UE. Dopo più di vent’anni di negoziati, è stato sbloccato nel 2024 e dovrebbe entrare pienamente in vigore nel 2025. Prevede la rimozione del 90% delle barriere tariffarie, offrendo nuovi sbocchi all’industria europea, in cambio dell’apertura del mercato comunitario all’agroalimentare sudamericano. Parallelamente, è stato aggiornato l’accordo con il Cile, entrato in vigore all’inizio di quest’anno, e concluso il negoziato con il Messico, che attende ora la ratifica dei Parlamenti.
Ma il cuore del rilancio commerciale europeo è rivolto all’Asia. Con l’India, i negoziati ripresi nel 2022 stanno finalmente entrando nella fase conclusiva, nonostante le divergenze su diritti digitali e standard ambientali. Con l’Indonesia si discute l’accesso al mercato dell’olio di palma e la tutela dei lavoratori. Col Sudafrica e l’intera area SADC si cerca un’intesa che riequilibri il peso cinese nel continente africano. E si moltiplicano gli incontri con Vietnam, Thailandia e Australia.
Freni interni, resistenze nazionali e l’ombra del protezionismo verde
A Bruxelles, però, il dossier commerciale non è mai solo tecnico. La firma di ogni accordo implica compromessi difficili, spesso ostacolati dai governi nazionali. La Francia si oppone sistematicamente a intese che aprano il mercato agricolo europeo. La Germania teme per il suo comparto automobilistico. L’Olanda e i paesi nordici chiedono clausole ambientali sempre più vincolanti. Il Parlamento Europeo ha bloccato nel 2023 l’accordo con la Nuova Zelanda perché ritenuto troppo debole sulle tutele del lavoro. La nuova dottrina commerciale della Commissione, espressa nella strategia “Open, Sustainable and Assertive Trade Policy”, cerca di rispondere a queste pressioni con strumenti nuovi: clausole di sostenibilità, meccanismi di vigilanza, revisione periodica degli effetti sociali e ambientali.
La sfida cinese e il cambio di rotta americano
La guerra dei dazi rilanciata da Trump nel suo secondo mandato ha rimesso in discussione il quadro multilaterale. L’Organizzazione Mondiale del Commercio è di fatto paralizzata, e la Cina, mentre respinge le accuse di dumping, continua ad ampliare la sua influenza con trattati bilaterali e zone di libero scambio. In questo contesto, l’Unione Europea prova a difendere la sua autonomia strategica. Vuole essere “più assertiva”, come ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ma senza rinunciare alla sua identità di attore multilaterale. La firma di nuovi accordi diventa così anche una dichiarazione politica: l’Europa non si chiude, ma si apre selettivamente, pretendendo reciprocità e rispetto delle regole.
Commercio come leva geopolitica
Gli accordi commerciali sono sempre più strumenti di influenza. Bruxelles li utilizza per consolidare alleanze, agganciare economie emergenti, proteggere filiere strategiche. La partita si gioca su più livelli: economico, climatico, digitale, normativo. L’Unione Europea sa che, senza accesso a mercati esterni, la propria competitività è a rischio. Ma sa anche che senza coerenza, i cittadini possono disconoscere questi strumenti. Ecco perché la nuova generazione di trattati include impegni su diritti umani, decarbonizzazione, responsabilità delle imprese. In un mondo frammentato, dove la fiducia nelle regole è sempre più fragile, l’Europa cerca di ritagliarsi un ruolo da garante, consapevole che il commercio – come la politica – è ormai questione di equilibrio. E di coraggio.