Ucraina: i venti di guerra si attenuano, ma soffiano ancora
- di: Diego Minuti
La notizia che parte delle truppe russe stanno cominciando a ridispiegarsi lontano del confine dell'Ucraina fa tirare un sospiro di sollievo al mondo che, per settimane, ha vissuto con il timore che una scintilla provocasse un incendio che avrebbe potuto essere devastante non solo per l'Europa.
Si raffredda la situazione in Ucraina ma la tensione rimane
L'annuncio che da Mosca è giunto l'ordine di ripiegare è un segnale, seppure molto importante, ma che resta appunto un segnale. Nel senso che il gesto di Putin (e dei suoi generali) non cancella la materia del contendere che, mai come in questo caso, è molto complessa e, per questo, difficile da comprendere sino in fondo.
La questione ucraina ha mostrato, a tutti, di cosa sia capace Mosca, in termini militari. Nel senso che Mosca, da quando è cominciata l'era Putin (parliamo di quasi ventidue anni fa), ha accresciuto in modo esponenziale la sua capacità di difendersi, ma anche aggredire.
La voce grossa fatta dallo ''zar'' ha ottenuto dei risultati, non quelli sperati, ma certamente importanti dal punto di vista della propaganda. Tanto che i primi commenti sugli ultimi sviluppi della crisi, fatti da alcuni esponenti della nomenklatura russa, sono più vicini all'insulto verso l'Occidente, che ad una analisi ragionata. Ma ormai la guerra, oltre che sulla punta delle baionette, si combatte a colpi di dichiarazioni e post. Un'arte che, dalle parti di Mosca, è stata eletta a sistema politico: la disinformatja, cioè l'intossicazione della verità con bugie parte di una strategia, ha fatto all'Occidente molti più danni di qualsiasi spia.
Comunque, il cambio di visione che Mosca mostra in queste ore rispetto al problema ucraino è anche conseguenza di un atteggiamento compatto da parte dell'Occidente che si è mostrato, almeno a livello di immagine, coeso nel minacciare forti risposte ad una eventuale invasione che poteva avere come pretesto anche una semplice provocazione, magari proveniente dall'enclave filorusso in territorio Ucraino.
Come quelle che ''autorizzarono'' il regime nazista ad aggredire l'allora Cecoslovacchia con il pretesto di correre in aiuto della comunità germanofona dei Sudeti. E l'atto ufficiale con cui la Duma (il parlamento di Mosca) ha chiesto a Putin il riconoscimento dei separatisti del Donbas (che qualcuno avrà pure finanziato in questi anni...) sembra il modo di lasciarsi aperta la possibilità di tornare a minacciare Kiev.
Oggi l'occasione per Mosca per alzare il livello della tensione è stata la possibilità di ritrovarsi ai propri confini la Nato. Una preoccupazione certo comprensibile, ma che potrebbe essere poco più di un pretesto perché la Russia vive del culto del suo passato (da zarista a sovietico), in cui la forza era conseguenza dell'estensione del territorio.
E' ancora l'afflato del movimento panrusso che non s'è mai spento, anche se il mondo è cambiato parecchio da quando, nel Diciannovesimo secolo, si coltivava il sogno di una Grande Russia che inglobasse nei suoi confini tutte quelle terre e (soprattutto) quei popoli che venivano ritenuti come parte di una stessa entità etnica e culturale.
Un sogno che la disintegrazione dell'Unione sovietica non ha certo cancellato, giustificando le mira egemoniche verso l'Ucraina e considerando poco meno di un Paese satellite la Bielorussia (del dittatore Lukashenko), legata mani e piedi (economicamente e militarmente) a Mosca.
Ultimo, ma non per importanza, c'è il fattore energetico, che ha giocato molto di più di quel che si pensa e non solo per la paura che Mosca possa chiudere i rubinetti del gas diretto all'Europa. Un'arma di ricatto potentissima. Ma siamo sicuri che la Russia - che soffre di una crisi economica da molto tempo - possa fare a meno dei soldi europei per lungo tempo?