Il presidente Usa alza il tiro contro la Fed: accusa di inganni, ristrutturazioni faraoniche e tassi troppo alti. Il vero obiettivo? Azzerare l’indipendenza della banca centrale e piegare la politica monetaria ai suoi interessi elettorali.
Trump attacca la Federal Reserve e Powell
Donald Trump è tornato all’attacco e questa volta si scaglia contro la Federal Reserve e il suo presidente, Jerome Powell. In un post su Truth Social del 2 luglio, Trump ha rilanciato pesanti accuse di inganno sulla ristrutturazione della sede della Fed.
Nel commento che accompagna il post, l’ex presidente – con tono perentorio – ha chiesto le dimissioni immediate di Powell: “Too Late dovrebbe dimettersi subito”.
La ristrutturazione multimiliardaria al centro dello scontro
Il progetto di rinnovamento dell’edificio Marriner S. Eccles a Washington è finito nel mirino. Da 1,9 miliardi inizialmente stimati, il costo è lievitato fino a 2,5 miliardi. Il piano include giardini pensili, ascensori privati e sale da pranzo VIP, paragonati al fasto di Versailles.
Powell, durante un’audizione al Senato, ha negato ogni lusso extra nel progetto: “non ci sono sale VIP, né marmo nuovo, né beehives e né terrazze”. Ma Bill Pulte sostiene che gli stessi documenti ufficiali parlano di ascensori privati, spazi riservati per i governatori e coperture verdi.
Pulte: “basta inganni, vada via”
Bill Pulte, presidente della Federal Housing Finance Agency, ha accusato Powell con parole durissime: “chiedo al Congresso di indagare Powell, il suo comportamento politico e la testimonianza fuorviante al Senato sono motivi sufficienti per rimuoverlo per causa”.
Il riferimento è al principio di “removal for cause”: se venisse dimostrato che Powell ha mentito, Trump potrebbe tentare di rimuoverlo prima della scadenza naturale del mandato, prevista per maggio 2026. Tuttavia, una recente sentenza della Corte Suprema limita fortemente questa possibilità.
Il peso politico della Fed e la pressione sui tassi
Trump non si limita a denunciare sprechi edilizi. Da settimane chiede un taglio drastico dei tassi, definiti “artificialmente alti” (attualmente al 4,25–4,5%), e paragona la politica monetaria americana a quella di Paesi con tassi molto più bassi.
In un’intervista a Fox Business, ha rinfacciato a Powell di aver rallentato la ripresa economica, chiamandolo “Mr Too Late” e dichiarando: “ho costretto gli Usa a perdere centinaia di miliardi”.
Fed resistente all’ingerenza politica
Nonostante le pressioni, gli analisti ritengono improbabile una svolta repentina. Powell si basa su dati concreti e teme che un taglio frettoloso dei tassi possa alimentare una nuova ondata inflattiva.
Inoltre, la normativa tutela il presidente della Fed: non può essere rimosso arbitrariamente, se non per gravi motivazioni giuridiche. Una protezione che rafforza la sua indipendenza.
Uno scontro tra politica e indipendenza
Trump, nel pieno della campagna elettorale, punta a piazzare un successore già in autunno, nonostante Powell resti in carica fino al 2026. L’attenzione si sposta su Capitol Hill: l’udienza di Pulte e le richieste d’indagine potrebbero accendere nuovi scontri tra i partiti e tra le istituzioni.
La Fed resisterà al colpo?
Il rischio è che la Fed diventi un’istituzione politicizzata, perdendo autorevolezza sul piano globale. In pieno clima pre-elettorale, Trump prova a smontare Powell: ricatto, accuse, stampa di ristrutturazioni principesche.
Ma la banca centrale americana potrebbe resistere: grazie a protezioni legali, supporto dei mercati e timori d’inflazione, Powell potrebbe restare più a lungo non per consenso politico, ma per legge.
I fatti principali
- Post di Trump su Truth Social del 2 luglio: “Powell dovrebbe dimettersi”
- Accuse di ristrutturazione faraonica da parte di Bill Pulte
- Pressione politica per un taglio dei tassi; Fed cauta per evitare nuova inflazione
- Ricatto politico vs. protezione legale: scontro tra Casa Bianca e istituzione monetaria