Un comparto a due velocità caratterizzato da forti asimmetrie a livello geografico. E’ questa la prima evidenza che si evince dall’indagine annuale sui maggiori Gruppi mondiali e italiani nel settore delle telecomunicazioni realizzata dall’Area Studi Mediobanca, che analizza i dati dei primi sei mesi 2023 e del quinquennio 2018-2022 delle 32 maggiori telco internazionali con ricavi superiori ai nove miliardi di euro ciascuna, di cui 13 hanno sede nell’Emea, 12 in Asia & Pacifico e le rimanenti 7 nelle Americhe, e che contiene inoltre un approfondimento sulle dinamiche più recenti del mercato italiano. Dall’indagine infatti emerge che nel primo semestre 2023 il giro d’affari aggregato dei principali gruppi mondiali delle telco ha realizzato una crescita del 2,4% rispetto al primo semestre 2022. Con un incremento del 5,9%, le società asiatiche hanno guidato la crescita del settore grazie ai player cinesi (+7,1%) forti del rafforzamento della quota di mercato nel 5G e così dell’accelerazione delle strategie di premiumization. In rialzo anche gli operatori dell’Emea (+1,4%), ma con l’Europa pressoché stazionaria (+0,6%). In controtendenza i ricavi delle telco americane con una contrazione dell’1,3%.
Tlc, Mediobanca: "Asia in crescita, nel resto del mondo settore sotto pressione"
Permangono asimmetrie a livello geografico anche in termini di redditività operativa: il MON dei primi sei mesi del 2023 è cresciuto del 3,2%, grazie all’Asia & Pacifico (+5,6%) e all’Emea (+7,7%) e nonostante il -1,7% registrato dalle Americhe. Le società europee hanno segnato un incremento maggiore (MON a +10,5%), ma determinato dalla performance di Deutsche Telekom (+19%). Escludendo quest’ultima la variazione si ridurrebbe al +0,3%. Le condizioni geopolitiche e i timori di recessione frenano gli investimenti, scesi nel complesso del 2,6%, con punte del 3,9% nelle Americhe e del 5% in Europa, nonostante la necessità per il Vecchio Continente di accelerare nello sviluppo del 5G. A fronte di una penetrazione media mondiale pari al 17,7%, la nuova tecnologia è ai massimi negli Usa (64,8%), dopo il sorpasso nel terzo trimestre 2023 ai danni della Corea del Sud (63,3%), seguiti dal Giappone (54,6%) e dalla Cina (52,5%). L’Europa risulta in ritardo con il 18,8% di penetrazione: Germania (46,4%) e Regno Unito (42,9%) detengono la leadership, mentre in Francia (17,3%) e Spagna (19,3%) il 5G resta poco sviluppato. L’Italia copre il 20% delle connessioni mobili totali, ma svetta per quota di popolazione raggiunta (con una copertura del 95,8% nel settembre 2023), mostrando quindi un chiaro deficit di domanda. Sul fronte dei ricavi, nel primo semestre 2023 Deutsche Telekom domina la classifica europea con €55mld (-0,9% sul primo semestre 2022), seguita da Vodafone (€22mld, -2% sul 2022), Orange (€21,5mld; +1,2%), Telefònica (€20,2mld; +3,7%), BT Group (€10,3mld; +2,4%), Altice (€8mld; +0,9% su base pro-forma) e TIM (€7,8mld; +3,8%). Spostando lo sguardo al 2022, il giro d’affari aggregato dei 32 maggiori operatori mondiali è cresciuto del 3,9% sul 2021, grazie all’incremento del 7% delle vendite di dispositivi e del 4,2% dei ricavi da servizi che ha compensato la riduzione dei ricavi del 4% delle divisioni
Le telco asiatiche continuano a dominare, chiudendo i 12 mesi del 2022 in progressione del +7,3%, mentre le dinamiche sono più contenute per i gruppi americani (+1,1%) e per l’Emea (+2,1%). Al primo posto per ricavi tra i colossi mondiali si colloca la statunitense Verizon (€128,3mld), tallonata dalla cinese China Mobile (con €127,4mld). Seguono la tedesca Deutsche Telekom (con €114,2mld, i 2/3 dei quali sviluppati negli Usa dalla controllata T-Mobile) e l’altra statunitense AT&T (€113,2mld), scalzata dal podio in seguito alla cessione di WarnerMedia dell’aprile 2022. La centralità dei player asiatici è confermata dalla presenza di cinque di essi tra i primi dieci operatori. TIM è 20esima, superata dall’indiana Bharti Airtel, ma scenderebbe in 22esima posizione con ricavi stimati in €13,5mld escludendo le attività di NetCo, la società destinata a ricevere la rete fissa e i servizi wholesale dell’incumbent italiano. Grazie alla cessione di NetCo, è stimata per TIM una riduzione dei debiti finanziari di €14,2mld, con abbattimento della leva finanziaria al di sotto del 100%. Tale assetto consentirebbe di allineare l’incumbent italiano alle best practices europee, rimuovendo i vincoli che ne limitano il potenziale di crescita, sia in termini di operazioni non organiche che di sviluppi strategici che richiedono ingenti investimenti. La redditività industriale delle telco mondiali è in leggera ripresa tra il 2018 e il 2022, con l’ebit margin pari al 15,5% in miglioramento di 40 punti base rispetto al 15,1% del 2018. In Europa, sul podio della redditività nel 2022 salgono: Telenor (ebit margin al 21,7%), Swisscom (18,3%) e BT Group (15,4%). Tra i principali operatori internazionali l’indiana Bharti Airtel vanta i margini industriali più elevati (ebit margin al 25,3%), seguita dalla canadese BCE (22,4%) e dalla statunitense Verizon (22,2%). Sul fronte patrimoniale, a livello europeo la svizzera Swisscom ha la struttura finanziaria più solida (debiti finanziari sul capitale netto al 70,8%), seguita da Vodafone al 103%, con TIM sopra la media europea del 157,9% al 169,2%; tra le società con il livello patrimoniale più basso si collocano, invece, Deutsche Telekom (173,9%), Telenor (191%) e Altice, quest’ultima con patrimonio netto negativo.
E’ però in Europa il mercato italiano ove si ravvisa una maggior contrazione. Nel 2022 il settore europeo delle telco è in timido miglioramento, ma non in Italia. Il primo mercato è quello tedesco con ricavi per €59,1mld (+1,3% sul 2021), seguito da Francia (€36,7 mld; +1,8%), Regno Unito (€36mld, al netto della vendita di device i cui importi non sono disponibili; +2,7%), e Spagna (€30mld; +0,6%); il nostro Paese occupa la 5ª posizione con €26,9mld, in contrazione del 3,3% sul 2021 e del 13,8% nel quinquennio, in entrambi i casi il più ampio ridimensionamento nel Vecchio Continente. Estendendo il confronto al 2010, in Italia il giro d’affari del settore è diminuito di circa €15mld (- 3,7% medio annuo), con la rete mobile in maggior affanno (-5,1%) rispetto alla fissa (-2,4%). Tali dinamiche sono influenzate da numerose variabili. Tra queste, gli effetti regolamentari, con le tariffe di terminazione mobile in costante riduzione (passate in Italia da €0,76 nel 2020, a €0,67 nel 2021, €0,55 nel 2022 e €0,4 nel 2023) e le pressioni competitive che in Italia hanno causato la più marcata contrazione dei prezzi dei servizi telefonici (-17,6%) rispetto al -3,2% medio europeo nel quinquennio 2018-2022. Ma se nel biennio 2022-2023 l’inflazione ha raggiunto quasi ovunque i propri picchi, in Italia le tariffe telefoniche sono rimaste pressoché stabili, pur non mancando tentativi di introduzione di meccanismi di adeguamento al carovita dei canoni mensili, con riferimento soprattutto ai nuovi contratti. Anche nel 2022 è proseguita la strategia, da parte degli operatori mobili virtuali (i c.d. MVNO) e dei second brand dei player infrastrutturati, di incrementare i volumi dati inclusi nelle proprie offerte a parità di tariffa o, in taluni casi, di lanciare promozioni a prezzi ulteriormente ridotti. Queste ultime considerazioni giustificano il calo dei ricavi in un contesto di continuo rialzo del volume di traffico e di recupero del roaming correlato alla ripresa del turismo internazionale.Nel primo semestre 2023 i ricavi domestici dei principali operatori italiani sono risultati stazionari (-0,1%), con il comparto mobile che ha proseguito nel trend calante (-3,9%), mentre la telefonia fissa ha segnato un andamento positivo (+3%). La contrazione del fatturato rimane concentrata nelle divisioni mobili dei primi tre operatori: TIM (-6,4%), Wind Tre (-6,1%) e Vodafone (-5,7%), con una diminuzione cumulata di €286mln. Continua la crescita di Iliad Italia (+12,2% sul primo semestre 2022), con la controllata dell’operatore transalpino che dal gennaio 2022 ha ampliato la propria offerta alla telefonia fissa. In rialzo anche PosteMobile (+4,5%) e Fastweb (+4,3%).
Dal confronto tra i conti aggregati degli 11 principali operatori italiani (player con una soglia minima di fatturato di €60mln e rappresentanti il 95,5% del mercato complessivo rilevato da Agcom) e dei big player con sede nell’Emea, emerge una redditività inferiore dei primi, con graduale allargamento del divario nel quinquennio 2018-2022. Per i principali gruppi italiani il calo del giro d’affari e il rialzo dei costi hanno portato a un ebit margin dell’1,2% nel 2022 (dal 14,5% nel 2018), rispetto al 14,3% segnato dalle big dell’Emea (13,4% nel 2018). Anche la redditività del capitale investito descrive un percorso analogo, con il ROI aggregato delle telco italiane in discesa dal 6,2% del 2018 allo 0,5% nel 2022 (rispetto al 6,9% dell’Emea nel 2022), risultando costantemente inferiore, nell’ultimo quinquennio, al costo del capitale, stimato al 7,6% nel 2022. Considerando che livelli di ROI inferiori al costo del capitale per un periodo di tempo prolungato possono disincentivare gli operatori infrastrutturati (i c.d. MNO) a pianificare nuovi investimenti, appare più che mai necessario sfruttare i significativi benefici offerti dalla piena operatività dell’EU Recovery Fund che ha destinato al settore italiano delle telecomunicazioni €49,8mld rivolti all’informatizzazione del Paese, alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e allo sviluppo di reti ultra broadband, 5G e satellitari.
Per quanto riguarda il nostro Paese, dalla ricerca si evince che il mercato italiano delle telecomunicazioni è tra i più frammentati e competitivi del Vecchio Continente. A fine 2022 nel nostro Paese operavano cinque player infrastrutturati e 20 operatori virtuali (MVNO) nel comparto mobile, mentre erano numerosi i soggetti attivi nella rete fissa, con l’aggiunta di nuovi attori quali Iliad, Sky Italia, Virgin Fibra e, da ultimo, Enel Fibra. Sempre in Italia, l’unione tra Tiscali e le attività retail di Linkem (ora Tessellis) nell’agosto 2022 rappresenta un primo segnale di consolidamento del settore, anche se ancora non paragonabile a quanto osservabile a livello europeo. La necessità di raggiungere dimensioni di scala per affrontare investimenti infrastrutturali di lungo periodo, unita a una redditività non sempre adeguata, sta effettivamente ridefinendo i contorni del settore. Basti pensare al mercato spagnolo e a quello inglese, nel primo caso con l’annunciata integrazione tra Orange Spain e Masmovil (il secondo e il quarto operatore mobile) e con Vodafone che nell’ottobre 2023 ha annunciato la cessione delle proprie attività nel Paese iberico, operazione che fa seguito all’annunciata integrazione delle proprie attività nel Regno Unito con quelle di Three UK (controllata da CK Hutchison Tel.). Nel 2022 TIM (attività italiane) è prima per fatturato (€11,9mld; -5,2% sul 2021) davanti a Vodafone (€4,8mld; -4,3%), Wind Tre (€4,2mld; -5,6%) e Fastweb (€2,5mld; +3,7%), con Iliad in 5° posizione (€0,9mld; +15,9%). Escludendo le start-up (Iliad e Open Fiber) e le società di minor dimensione, nel quinquennio 2018-2022 Fastweb è l’unica a crescere (+17,4%), mentre le Big 3 segnano contrazioni attorno al 20%, con le maggiori difficoltà concentrate nel segmento consumer.
In uno scenario di generale ridimensionamento dei margini, Fastweb è l’operatore con l’ebit margin più elevato nel 2022 (9,2%), mentre il peggioramento per Vodafone, Wind Tre e TIM risente della più ampia contrazione dei ricavi rispetto al contenimento dei costi. Tali risultati sono influenzati dallo scenario competitivo con riflessi sulla customer base e sui livelli di Arpu, entrambi in diminuzione. Ma soprattutto l’Italia è protagonista di un forte gap infrastrutturale.Nell’ambito del progetto “gigabyte society” la Commissione Europea si era posta l’ambizioso obiettivo di raggiungere, entro il 2030, tutte le famiglie europee delle aree popolate con la rete in fibra ottica e la copertura in 5G. Nel gennaio 2022 l’Etno – European Telecommunications Network Operators’ Association - ha stimato, a livello continentale, la necessità di ulteriori €150mld di investimenti per il lancio completo del 5G e altri €150mld per aggiornare le infrastrutture fisse esistenti portando l’FTTH (Fiber to the Home) in Europa. L’Italia ha recuperato terreno nel benchmarking europeo della connettività, con la copertura delle reti ad altissima velocità che nel nostro Paese è salita nel 2022 al 53,7% delle famiglie residenti (era il 33,7% nel 2020) rispetto al 73,4% della media europea. In Italia la diffusione della banda larga fissa >100 Mbps, pari al 59,6%, è ora superiore alla media europea (55,1%) e allo stato dell’arte di Germania (38,5%) e Francia (51,4%). Quest’ultima svetta però per diffusione delle linee a 1 Gbps (39,9% delle famiglie, rispetto al 13,8% medio europeo e al 13,4% italiano).