Terrorismo: l'estradizione negata dalla Francia uno schiaffo all'Italia e alle vittime delle violenza politica
- di: Redazione
Non sappiamo, non essendo ancora note le motivazioni della decisione, se tra le pieghe del codice penale francese ci sia margine per fare annullare la sentenza, ma, quali che siano state le considerazioni fatte dai giudici parigini, resta lo sconcerto perché persone condannate in Italia per fatti di sangue, ancorché follemente determinate da odio politico, resteranno libere per sempre.
Non è più il momento di ricordare che parliamo di terroristi e nemmeno che in Italia sono stati condannati a pene definitive dopo tutti i gradi di giudizio. Quel che rimane è il senso di chiara impotenza che resta avendo la certezza che la sentenza parigina è politica, non nel senso stretto del termine, ma perché determinata da considerazioni nemmeno ideologiche, ma solo di impianto, dal momento che la Francia ha sempre ritenuto i terroristi rossi condannati nel nostro Paese alla stregua di perseguitati, finiti sotto processo per le loro idee e, per questo, giudicati sulla base di un preconcetto e in spregio alle regole di un giusto procedimento.
Terrorismo: l'estradizione negata dalla Francia è uno schiaffo all'Italia
Questa evoluzione della vicenda legata all'estradizione richiesta, peraltro non giunta inattesa, ha confermato, semmai ce ne fosse bisogno, come l'Europa, in materia di giustizia, debba fare ancora molta strada. Se è vero che consente ancora ad un Paese - la Francia - si sentirsi un gradino sopra un altro - l'Italia - nell'amministrare giustizia. Al punto tale da rendere possibile emettere patenti di attendibilità a singole sentenze, partendo dalla ''certezza'' che quelle in danno di terroristi o presunti tali siano infangate dal presupposto che non siano giuste.
Il tempo (ma anche le supreme istanze giudiziarie francesi, come dimostrato dall'allora arresto di Cesare Battisti, che da condannato girava per la Francia a presentare in suoi libri e cogliendo tutte le occasioni per prendere in giro l'Italia) ha dimostrato che la giustificazione posta ai primi dinieghi alle estradizioni sollecitate dalla giustizia italiana erano condizionate da un presupposto giuridico inesistente. Le braccia spalancate alla peggiore espressione (perché impugnò le armi e uccise) del dissenso politico soprattutto di sinistra in Italia furono giustificate dalla decisione dell'allora presidente Mitterand di dare asilo ai terroristi di casa nostra. Una linea ufficializzata in occasione di eventi pubblici, ma che mai fu ratificata da atti ufficiali, quali potevano essere determinazioni in parlamento o del Ministero di Giustizia.
Parole del presidente subito elette a dottrina, secondo la dizione del tempo, che, in quanto tale, non aveva alcun valore giuridico, ma solo il rispetto legato al prestigio di Mitterand.
In Italia ci si è sempre chiesti quale fosse la imponente motivazione che spingeva Mitterand a infangare la giustizia italiana, negandone l'autorevolezza e la capacità di giudicare in totale autonomia. La spiegazione potrebbe essere meno contorta di quel che si pensi, perché, come dissero all'epoca intellettuali di sinistra, ma che non accettavano di sottostare ciecamente alla presidenza-regno di Mitterand, alla base del no alle estradizioni c'era un ragionamento utilitaristico, un messaggio alla sinistra eversiva italiana: io vi ''proteggo'' a patto che non esportiate il terrorismo in casa mia.
Una ipotesi? Certo e come tutte le ipotesi contestabile. Fatto sta che la Francia (al di là della breve stagione di Action Directe) non ha mai vissuto - prima di quello islamico - il terrorismo politico come vero problema. Gli ex terroristi hanno continuato a vivere in pace in Francia e la Francia ha goduto di una specie di extraterritorialità terroristica. E amen alla giustizia italiana.
Ora bisogna capire se la decisione dei giudici francesi sarà contrastata dalla giustizia italiana, che non può certo fermarsi davanti alla sbandierata età degli ex terroristi (che però da giovani uccidevano altri giovani) o al fatto che, in quarant'anni si sono perfettamente inseriti nella società. Per noi i due elementi non interessano perché in tutti gli ordinamenti giudiziari degni di tale nome l'omicidio è imprescrittibile, ovvero può essere sempre perseguito anche a distanza di 40 o più anni. Né può avere peso che oggi i terroristi facciano attività perfettamente legali, avendo negato ad altre persone di continuare a vivere, senza che di questo abominio abbiano mai mostrato pentimento.
Ma sono considerazioni che restano sospese, perché la Francia ha deciso, al di là della sbandierata amicizia con l'Italia, di restare fedele al suo passato in cui la giustizia subiva la seduzione della politica.
Se possibile, però, vorremmo che qualcuno, al di là delle Alpi, si ponesse un solo, semplice interrogativo: come avrebbe reagito la Francia democratica se l'Italia avesse negato l'estradizione di un terrorista francese dell'Oas riparato dalle nostre parti per il pregiudizio di un processo non equo? Avremmo visto i Campi Elisi inondati da bandiere e slogan contro il 'corrotta Italia'? Certamente. La Francia resta ''douce'', ma solo per i terroristi di casa nostra.