Le difficoltà di Telecom evidenti a tutti, meno al suo management

- di: Redazione
 
Tutti, forse, ricordano il mito di Narciso che, giovane talmente bello da essere corteggiato da molti uomini (nella versione ellenica) e da altrettante ragazze (in quella romana), era troppo innamorato delle sue fattezze, specchiandosi in continuazione e respingendo l'amore degli altri sino all'estremo gesto di concedersi solo alla morte. Ecco, oggi Telecom sembra essere preda di questo mito, dicendosi in continuazione di essere bella con il rischio di restare da sola a rimirarsi in una avvenenza che è tale solo ai suoi occhi. Telecom però, a differenza dell'efebo Narciso, ha pochi estimatori in questo momento in cui le sue presunte bellezze sono diluite in una situazione che griderebbe vendetta da parte in chi ha creduto nell'azienda.

Il management di Telecom sembra non accorgersi delle evidenti difficoltà

Telecom però, a differenza dell'efebo Narciso, ha pochi estimatori in questo momento in cui le sue presunte bellezze sono diluite in una situazione che griderebbe vendetta da parte in chi ha creduto nell'azienda. Ed invece di prendere atto dell'effetto disastroso che hanno avuto le politiche degli ultimi anni, l'azienda si è arroccata nella sua posizione di eterna autodifesa, che si è sostanziata nello sbandierare dati e risultati che solo agli occhi del suo management risultano positivi.
Dal momento della sua privatizzazione ad oggi, Telecom ha dimezzato i suoi risultati. I numeri di un tempo - 1999 - rimandavano ad uno stato di salute dell'azienda estremamente positivo, non solo per i dati, quanto per le prospettive che, in molti casi, erano certezze consolidate.

Accanto ai 27,1 miliardi di ricavi c'erano i 12,2 miliardi di margine operativo e, quindi, i 2,4 miliardi di utile netto.
Poco più di vent'anni dopo il fatturato è stato di 15,8 miliardi, con un ebitda dimezzato (a 6,7 miliardi) e un utile netto anch'esso monco del 50%.
In questi ultimi anni ci siamo sentiti dire che in casa Telecom tutto andava meravigliosamente bene, quando, invece, era si troppo evidente che l'azienda aveva imboccato una strada irta di difficoltà, che erano tali per colpe endogene e non derivate da attacchi esterni. Telecom, invece, oggi è un'azienda che si aggrappa ai ricordi, di quando era realmente importante, mentre il presente è perlomeno problematico.

A partire non dalle grandi strategie, ma dalle cose piccole, ma importanti, come sono le dinamiche del perturbato rapporto con i clienti, che spesso si sentono non utenti, ma piccoli erogatori di denaro, senza alcuna garanzia sulla qualità del servizio. Le lamentele che segnano quotidianamente questo capitolo ne sono una conferma e verrebbe da dire che certe cose sono abbastanza scontate se chi occupa la prima trincea della battaglia azienda-utente deve dare fondo alle sue conoscenze della mai troppo celebrata arte dell'ingarbugliamento delle risposte per evitare rivolte o peggio da chi sta dall'altro lato della conversazione e si sente preso in giro dalle persone alle quali si rivolge per vedere risolti problemi per i quali paga.
Di fronte a questi problemi (enormi per chi ne paga le conseguenze; insignificanti per l'azienda) forse basterebbero semplici scuse accompagnate da un impegno vero per risolverli. Ed invece questo non accade, ma a leggere i comunicati ufficiali ed autocelebrativi - che vengono diramati ad ogni occasione - di problemi non ce ne sono, vivendo nel mondo delle fiabe ''bianche'', dove tutto e rosa e azzurro, dove le fatine volano sfarfallando e la neve è perenne, anche in estate.

Davanti alle lamentele, un'azienda che - seppure deve fare profitto - tiene ai suoi utenti dovrebbe avere l'umiltà di metterci la faccia. L'Italia non è il Giappone, da cui ci separano culture millenarie. Ma su qualcosa dovremmo imparare da loro, soprattutto a non scaricare le nostre responsabilità.
Forse qualcuno in Telecom sa chi sia Seiji Kuraishi. È il vicepresidente esecutivo di Honda, che non è certo una fabbrichetta. Ora, anche la Honda subisce le conseguenze della crisi globale dei semiconduttori, che si sta traducendo in un ritardo (comunque molto contenuto) nei tempi di consegna delle vetture. Oggi Seiji Kuraishi si è presentato in conferenza stampa per presentare i risultati di Honda, ma anche per scusarsi degli inconvenienti che la crisi dei chip sta creando. E nel farlo si è inchinato davanti ai giornalisti, come se avesse davanti i clienti Honda che non hanno ancora avuta consegnata l'auto.
Ma chiedere questo è sicuramente troppo.

Forse evitando di dire in continuazione che è bella e brava, Telecom dovrebbe ricordare i tempi che furono - e che non sono lontanissimi, all'inizio degli anni 2000 - quando era presente in mezzo mondo: in Europa (Francia, Spagna, Serbia, Austria, Repubblica ceca e Grecia), in Sud America (Brasile, Cile, Argentina, Bolivia, Perù e Venezuela), nei Caraibi (Cuba) e in Medio Oriente (Israele).
Oggi di quelle bandierine piantate sul mappamondo, ad eccezione dell'Italia, resta solo quella in Brasile.
Il resto dei Paesi dove Telecom era presente si sono persi per strada, ceduti per fare cassa e, quindi, per ridurre il debito. Oppure, come spesso accade, per staccare dividendi. E ci sarà un giorno in cui riuscirà a capire e a farsi una ragione della voglia matta di rete unica e, quindi, di incrociare le spade con Open Fiber, come se l'Europa fosse già disponibile ad accettare un monopolista.
Mentre il titolo sale e scende, sembra quasi di sentire il rumore delle meningi dei vertici di Vivendi che meditano su cosa fare, perché forse non intende più restare a fare l'azionista di maggioranza silente anche davanti ad un quadro che è scoraggiante.
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