Lo scorso 18 settembre 2024 si è tenuta presso l’Hotel Melià Milano la decima edizione del Technology Forum Life Sciences, che ha segnato un traguardo importante per la Community Life Sciences di TEHA, confermandosi come l’evento di riferimento per l’ecosistema italiano delle Scienze della Vita. La giornata ha offerto un ricco palinsesto di confronti, dibattiti e presentazioni di contenuti di altissimo livello, grazie ai quali è stato possibile discutere le linee guida strategiche per rilanciare la competitività dell’ecosistema italiano dell’innovazione nelle Scienze della Vita in un contesto internazionale sempre più dinamico ed interconnesso.
Per il 10° anniversario sono intervenuti 16 relatori di spicco provenienti da 8 Paesi diversi. Tra loro, il Premio Nobel per la medicina Gregg L. Semenza, che ha condiviso una visione sul futuro della ricerca scientifica globale nelle Scienze della Vita e sui trend emergenti dell’innovazione. L’evento ha visto la partecipazione di oltre 180 professionisti del settore, tra cui esponenti di 10 società di investimento del Venture Capital e del Private Equity, 45 aziende di primo piano e 22 istituti di ricerca e università, creando un ambiente unico per il confronto e la collaborazione. Le sessioni sono state introdotte da DoroTEHA, la prima consulente virtuale di TEHA generata dall’Intelligenza Artificiale. La giornata si è conclusa con un’ulteriore novità: la prima edizione del Technology Forum Life Sciences – Youth Dialogue, che ha offerto a studenti universitari e dottorandi in discipline Life Sciences e STEM un’opportunità di dialogo e confronto diretto con i leader della scienza, dell’industria e della finanza, tra cui il Premio Nobel Gregg L. Semenza. Un momento ispiratore per le nuove generazioni, che hanno potuto esplorare percorsi di carriera e opportunità professionali in un contesto di crescita e innovazione senza pari.
Durante l’intervento di apertura dei lavori, Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di TEHA Group, ha presentato l’aggiornamento annuale del TEHA Life Sciences Innosystem Index, l’indice proprietario che misura le performance degli ecosistemi dell’innovazione nelle Scienze della Vita di 23 Paesi dell’Unione Europea.
Grazie all’analisi di 13 Key Performance Indicator clusterizzati in 4 macro-dimensioni - Capitale Umano, Capacità occupazionale delle imprese, Risorse a supporto dell’innovazione, Efficacia dell’ecosistema di innovazione - l’indice assegna un punteggio da 1 (bassa innovazione) a 10 (alta innovazione) che permette di stilare un ranking dei Paesi UE e fornisce un quadro dettagliato del livello di competitività di ciascun Paese nel settore Life Sciences, identificando i Paesi leader e le aree di miglioramento di ciascuno.
Con un punteggio di 3,59, l’Italia si colloca nella fascia dei Paesi a medio-alta innovazione, posizionandosi al 9° posto della classifica generale, ma restando distante dai top performer. Le prime tre posizioni sono infatti occupate da Danimarca (6,02), Germania (5,73) e Belgio (5,63). Tra i principali freni all’innovazione nel settore Life Sciences italiano vi è la carenza di capitale umano qualificato: l’Italia è solo al 14° posto per laureati in materie Life Sciences, che rappresentano il 15,9% del totale. A questo si aggiunge anche un basso numero di laureati STEM con competenze in materie scientifiche, ingegneristiche e tecnologiche sempre più determinanti anche per il settore Life Sciences: i laureati STEM in Italia sono pari al 23,4% del totale, una percentuale distante dalle prime posizioni europee occupate da Germania (35,9%), Austria (31,1%) e Francia (30,5%).
Il problema dei talenti si registra anche nel campo della ricerca scientifica post-universitaria: l’Italia non solo fatica a formare abbastanza ricercatori, ma ha difficoltà a trattenerli. Un dato significativo emerge dai risultati degli ERC Starting Grant, i fondi assegnati ogni anno dal Consiglio Europeo per la Ricerca a giovani ricercatori eccellenti con meno di 7 anni di esperienza post-dottorato. Sebbene i ricercatori italiani siano i secondi più premiati d’Europa (61 grant ottenuti), l’Italia, come Paese, si colloca solo al quarto posto con 41 grant ricevuti, registrando un saldo negativo di 20 grant. Questo significa che 20 dei migliori ricercatori italiani hanno ottenuto i fondi mentre lavoravano all’estero. Il confronto con i Paesi benchmark rende il problema di retention ancora più evidente: la Germania, al primo posto sia per grant ricevuti come Paese (98) sia per numero di ricercatori premiati (94), registra un saldo positivo di 4 grant. Situazione simile per Paesi Bassi (+27) e Francia (+5). Questo squilibrio mostra chiaramente quanto sia urgente per l’Italia creare condizioni più attrattive per mantenere i propri talenti e competere sullo scenario internazionale della ricerca scientifica.
A dare slancio all’Italia e migliorarne il posizionamento nell’ecosistema dell’innovazione è la produttività scientifica, dove il nostro Paese si distingue con quasi 80mila pubblicazioni nel settore delle Scienze della Vita, il secondo numero più alto in Europa. Un risultato che trova riscontro anche nella qualità della ricerca: le pubblicazioni italiane sono le seconde più citate del continente, totalizzando oltre 120mila citazioni. Positiva anche la performance nell’export farmaceutico e medicale, con un valore di 52 miliardi di euro e una crescita annua dell’11,2% negli ultimi cinque anni.
Questi risultati, insieme agli spunti emersi durante le 6 sessioni del Technology Forum Life Sciences 2024, hanno messo in luce la necessità di un’azione strategica su più fronti per potenziare la competitività dell’ecosistema italiano dell’innovazione nelle Scienze della Vita. In primo luogo, formazione e sviluppo di talenti devono diventare la priorità. È indispensabile incrementare il numero di laureati nelle Scienze della Vita, intervenendo sia nella fase di orientamento accademico, sia promuovendo una maggiore consapevolezza delle molteplici opportunità professionali offerte dal settore. Non solo carriere scientifiche o corporate nel pharma e nel biotech, ma anche talenti per il trasferimento tecnologico, con competenze trasversali per la valorizzazione della proprietà intellettuale e propensione all’imprenditorialità, oltre che professionisti del Venture Capital e del Private Equity.
In secondo luogo, per migliorare l’attrattività del Paese e attrarre più fondi europei, è fondamentale formare ricercatori e scienziati maggiormente formati affinché sappiano partecipare con successo ai bandi, aumentando il success rate dell’Italia, che oggi si attesta all’8%, ben al di sotto di Paesi come Germania (16,7%) e Francia (15,4%).
Infine, è necessaria una revisione della governance complessiva dell’innovazione nel settore. Negli ultimi anni sono state lanciate numerose iniziative che non hanno mai raggiunto pienamente il loro potenziale o sono state archiviate prematuramente, come nel caso dell’Agenzia Nazionale per la Ricerca. Le Scienze della Vita richiedono una governance che costruisca una visione strategica a lungo termine, fornisca maggiori risorse e snellisca i processi burocratici con cui esse vengono erogate, per favorire una crescita stabile e sostenibile.