Stipendi, Istat: in tredici anni diminuiti del 10%

- di: Barbara Leone
 
Gli stipendi degli italiani sono sempre più bassi. In tredici anni (dal 2007 al 2020) le buste paghe, infatti, sono diminuite del 10%. A riferirlo è l’Istat, che ieri ha presentato i principali risultati delle elaborazioni effettuate sui dati raccolti presso le famiglie con l’indagine “Reddito e condizioni di vita” 2021 con riferimento, per quel che riguarda il reddito, agli anni 2019 e 2020. Si tratta delle elaborazioni che hanno prodotto le stime dei redditi lordi e che permettono quindi di analizzare il costo del lavoro, il cuneo fiscale, il peso delle imposte sulle famiglie e sugli individui e gli effetti sulla diseguaglianza degli interventi fiscali e delle misure di sostegno al reddito.

Stipendi, Istat: in tredici anni diminuiti del 10%

Dal report si evince che nel 2020, con i redditi netti da lavoro dipendente in calo del 5%, il valore medio del costo del lavoro, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è pari a 31.797 euro, il 4,3% in meno dell’anno precedente. La retribuzione netta a disposizione del lavoratore è pari a 17.335 euro e costituisce poco più della metà del totale del costo del lavoro (54,5%). Il cuneo fiscale e contributivo, ossia la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore, è in media pari a 14.600 euro e sebbene si riduca del 5,1% rispetto al 2019 continua a superare il 45% del costo del lavoro (45,5%). I contributi sociali dei datori di lavoro costituiscono la componente più elevata (24,9%), il restante 20,6% risulta a carico dei lavoratori: il 13,9%, sotto forma di imposte dirette e il 6,7% di contributi sociali.

Confrontando le variazioni a prezzi costanti intervenute nelle componenti del costo del lavoro tra il 2007 (anno che precede la prima crisi economica del terzo millennio) e il 2020 risulta che i contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti del 4%, anche per l’introduzione di misure di decontribuzioni mentre i contributi dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente invariati, le imposte sul lavoro dipendente sono aumentate in media del 2%, mentre la retribuzione netta a disposizione dei lavoratori si è ridotta del 10%. Il reddito medio da lavoro autonomo, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è pari a 24.885 euro annui, con una riduzione del 5,9% rispetto al 2019. Mentre il reddito netto a disposizione del lavoratore autonomo raggiunge il 68,5% del totale (17.046 euro), con le imposte che rappresentano il 14,1% del reddito lordo e i contributi sociali il 17,4%. A pagare più tasse secondo l'Istat sono gli anziani senza figli. Con un'aliquota media del 22%, le coppie di anziani senza figli sono infatti la tipologia su cui grava il maggior prelievo fiscale nell'anno di inizio della pandemia, indipendentemente dal numero di percettori in famiglia. Nel dettaglio, a livello familiare il carico fiscale è minore per le famiglie monopercettore con minori: le aliquote vanno dall'11,4% per le coppie con tre o più figli e almeno un minore, al 13,7% per le famiglie monogenitore con uno o più minori. Le famiglie con un solo percettore di reddito da lavoro autonomo presentano aliquote medie fiscali inferiori rispetto alle restanti famiglie monopercettore, confermando e consolidando la posizione di vantaggio relativo già osservata nel precedente anno.

Fra il 2019 e il 2020, l'aliquota media fiscale delle famiglie con unico percettore di reddito da lavoro autonomo passa dal 18,1% al 17,6%. Sulle famiglie del Sud il carico fiscale pesa meno rispetto al resto del Paese (16,2%, contro 19,2% del Nord-est, 19,4% del Centro e 20,5% del Nord-ovest). Un dato, quest’ultimo, dovuto al fatto che da un lato nel Mezzogiorno hanno un maggior numero di familiari a carico (con detrazioni di conseguenza più elevate), e dall’altro dispongono di redditi mediamente più bassi.

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