Stessa spiaggia stesso mare

- di: Stefania Assogna
 
Martin Parr, celebre fotoreporter britannico e membro della Magnum Photos, è abile nel puntare l’obiettivo sugli aspetti più controversi della società moderna. Nel suo stile critico ma anche ironico, descrive la caduta di valori in cui spesso inciampa la civiltà contemporanea, come fosse, in un certo senso, “lo sguardo” del filosofo Zygmunt Bauman, sul nostro tempo.
La Galleria Rocket, di Jonathan Stephenson (4 – 6 di Sheep Lane, London E8) da oltre venti anni collabora con Martin Parr e proprio alla Rocket lo scorso anno è stato esposto il progetto di Parr: Beach Therapy, frutto di due anni di viaggi attraverso le spiagge del mondo: dalla Gran Bretagna all’Argentina, dall’India al Brasile fino all’Italia e alla Francia. Attraverso scatti affollatissimi, Martin Parr racconta il turismo di massa dal suo punto di vista: utilizzando tecniche fotografiche, inquadrature, zoom, e grandangolo, mostrandoci un mondo fatto di esseri viventi, dei loro colori, forme, talvolta eccessi, che si confondono al paesaggio naturale, diventandone parte, forse a volte snaturandolo. Tutti gli scatti di Martin Parr, di proprietà Magnum Photos e pubblicati in questo articolo, sono un libro: Life’s a Beach, che segnalo perché un’opera veramente straordinaria. Guardando le spiagge affollate di Parr nasce spontanea la riflessione che ovunque nel mondo, la vita in spiaggia, per quella sua peculiarità di riposo mista al bisogno di libertà, porti a trascurare l’aspetto del buon gusto e che per questo, stia somigliando sempre più alla funzione “liberatoria” del Carnevale.
In spiaggia spesso assistiamo impotenti a scene di donne e uomini che si recano al ristorante semplicemente in costume da bagno, imponendoci lo spettacolo impietoso, delle proporzioni minime di tessuto, che a fatica si percepiscono sui corpi maxi. Siamo spesso vittime dei vicini di ombrellone, che fumano la sigaretta senza far caso al vento che porta il fumo dritto dentro i nostri occhi, oppure che conversano ad alta voce al telefono dei fatti loro, camminando continuamente su e giù, alzando per giunta la sabbia. Vorrei inoltre parlare dei genitori che raramente educano i figli al rispetto dei piccoli animali che s’incontrano al mare; specialmente i granchi, che diventano sfortunato oggetto di giochi e torture davanti ai nostri occhi, senza sapere che per quegli esseri viventi ciò provoca sofferenze inimmaginabili e la morte lenta, (la stessa che in parte ci aspetta se osiamo fare osservazioni in merito).
In spiaggia la gente perde il controllo sulla consapevolezza di ciò che a prescindere delle regole, andrebbe comunque evitato, incluso prendere troppo sole, senza troppe protezioni e senza considerare le conseguenze ustionanti.
Ci si guarda intorno e ci si chiede: “ ma come siamo arrivati a tutto questo?”.
Come si è evoluta la società del turismo attraverso i secoli è una cosa affascinante.

Andando indietro di 2000 anni, troviamo tracce di villeggiature già tra gli antichi romani, basta cercare nelle zone oggi più rinomate, da nord a sud, ovunque, ci sono resti di ville e terme, il che lascia intuire come il concetto di vacanza fosse radicato nell’organizzazione sociale già da allora. A rafforzare questa certezza l’etimologia del termine “ferie” come cita testualmente l’Accademia della Crusca: “Il sostantivo feria (dal lat. feria, dal classico feriae -arum, collegato con festus ’festivo’) indicava nel mondo romano il giorno dedicato al culto pubblico e privato nel quale era proibito esercitare il potere giudiziario e convocare comizi”. Il termine Ferie quindi già in epoca romana, indicava un momento di assoluto distacco da qualsiasi attività lavorativa, legata a un ceto sociale elevato.
Nel periodo dell’umanesimo, prende piede il turismo religioso; le grandi abbazie di Europa cercano reliquie sacre che possano attirare i pellegrini, e intorno a questi pellegrinaggi si organizzano mercati e una fiorente attività molto redditizia. Il pellegrinaggio verso Roma, e quello verso Santiago de Compostela sono invece le due mete più spirituali. Il primo Giubileo risale al 1300. Dal 1400 con l’affermarsi del Rinascimento, e il nuovo ruolo assunto dall’arte e dalle attività di ricerca e scoperta, al turismo spirituale si affianca quello culturale, che tuttavia è prerogativa della ricchezza propria dell’aristocrazia. I ricchi viaggiano in Europa, nel mondo conosciuto, e poi nel Nuovo Mondo appena scoperto, da cui portano come souvenir : semi, conchiglie, monili, pietre, manufatti indigeni, pezzi d’arte, di archeologia e quanto altro. E’ il periodo in cui queste collezioni ambite in tutta Europa, sviluppano la creazione delle “wunderkammer” (termine tedesco che significa “stanze delle meraviglie”) come quelle del milanese Manfredo Settala, dei bolognesi Ulisse Aldovrandi e Ferdinando Cospi, (riunite in una mostra del 2014 nella fondazione Poldi Pezzoli, già di per sé luogo di meraviglie). Ostentare le collezioni in una “wunderkammer” era di moda, lo status quo dei ricchi, i soli che potevano viaggiare.
A partire dal 1700 si afferma il “Grand Tour”, letteralmente “grande giro”, delle principali città e zone d’interesse artistico e culturale europee, considerato, fino a tutto il 1800, parte essenziale dell’educazione di giovani di buona famiglia. Originariamente compiuto dai giovani dell’aristocrazia britannica, si estese poi anche ai giovani di altri paesi europei. Meta fondamentale del viaggio era l’Italia, con le sue città d’arte, specie Roma, con i suoi resti archeologici e le sue collezioni d’arte e antiquariato. Goethe, alla fine del 700 scrisse il suo: “Viaggio in Italia”, uno scritto di riferimento per il “Grand Tour”e piacevole lettura anche nel nostro tempo.
La Rivoluzione industriale, rese le distanze più brevi, grazie alla rete di ferrovie che oltre all’Europa attraversarono anche molti altri luoghi del mondo. Ricordiamo tra questi lunghi viaggi quello più famoso di tutti: il Parigi-Gare de l’Est –Costantinopoli de l’Orient Express; il treno passeggeri di lusso, della Compagnie Internationale des Wagons-Lits, (questa tratta è stata per altro ripristinata da qualche tempo e attraverso vari tour operators offre un concetto suggestivo di vacanza nel lusso all’insegna del vintage).

Fin qui tuttavia la classe contadina e anche quella operaia, più recente e frutto della rivoluzione industriale, restano escluse dalla possibilità di viaggiare per piacere. Il viaggio da parte delle classi indigenti e povere quando accade, è piuttosto dovuto al fenomeno migratorio verso gli USA, che del resto avevano un PIL in crescita vertiginosa, e grande richiesta di manodopera di ogni tipo. I nostri migranti partivano con un visto, passaporti in regola, prospettiva certa di lavoro, biglietto regolarmente pagato in terza classe (che spesso non era degna neppure di un’ipotetica “quinta”) e su navi di linea, che approdavano a Ellis Island, di fronte a New York City. Qui, ai migranti venivano controllati documenti, visto, e soprattutto dovevano superare la quarantena e qualora in sospetto di TBC o tifo, venivano rispediti a casa. Oggi gli USA sono chiusi all’immigrazione ed Ellis Island un museo, che merita senz’altro una visita.

Per il turismo di massa in Italia occorre attendere che le classi meno abbienti abbiano:
1) tempo libero;
2) denaro, e dunque “ ferie retribuite”.
Tutto ciò avviene a partire con la Carta del Lavoro introdotta dal fascismo, nel 1927 con tutte le evoluzioni dal dopoguerra in poi.
Il primo approccio alle vacanze avviene con il ritorno alla casa nel “paesello d’origine”, dove trascorrere un periodo di riposo, portare miglioramenti alla casa, rivedere parenti e amici. Nel frattempo sorgono organizzazioni mirate a indirizzare le masse verso scelte e mete turistiche il cosiddetto: “turismo organizzato”, a basso prezzo o gratuito promosso da sindacati, parrocchie, governi, associazioni culturali e politiche. Ricordiamo a tal proposito la nascita di ENIT. Si trattava spesso di operazioni di propaganda, volte all’educazione popolare o alla manipolazione del consenso politico, ma anche a forme di assistenza pubblica come nel caso delle colonie per bambini.

Dopo la seconda guerra mondiale, arrivati gli anni ’60 e il boom economico, si riparte esattamente da qui, dal turismo “organizzato” non più dallo Stato o da enti, ma attraverso sistemi molto più vari. Oggi tra tour operator e agenzie di viaggio, voli low cost, affitto barche, case, crociere su navi da quattromila posti, o villaggi turistici altrettanto affollati, il turismo rappresenta una fetta importantissima di PIL.
In termini di contributo totale del turismo al PIL, il valore dell’industria turistica per l’economia italiana è superiore alla media mondiale ed europea. A livello globale, nel 2017 il turismo ha registrato un contributo al PIL del 10,4% ed ha generato il 9,9% dei posti di lavoro. In Europa, il settore ha rappresentato il 10,3% del PIL e l’11,7% dei posti di lavoro. All’interno dell’Unione Europea, insieme ad altri paesi del mediterraneo, l’Italia ha registrato il contributo totale al PIL più alto. Germania (10,7%), Regno Unito (10,5%), Svizzera (9,1%) e Francia (8,9%) si sono posizionati alle nostre spalle.
Considerando il contributo diretto del settore viaggi e turismo al PIL, il nostro Paese è secondo solo alla Germania (106,8 miliardi di dollari nel 2017). In termini di peso percentuale sul PIL, l’Italia ha rilevato il 5,5%: si tratta del contributo più alto se confrontato con i nostri principali competitor (Spagna 5,4%, Germania 3,9%, Regno Unito 3,7%, Francia 3,6%). Anche in questo caso si supera la media Europea di 1,6 punti percentuali e quella mondiale di 2,3 punti percentuali.
Supera la media europea e mondiale anche il contributo diretto del turismo all’occupazione, lo share dell’Italia, pari a 6,5%, è di nuovo sopra a Spagna e Regno Unito (4,9%) e Francia (4,2%).
Secondo WTTC sono in netto incremento anche i dati sulla spesa degli stranieri in Italia. Nel 2017 i turisti stranieri nel Belpaese hanno speso 39,6 miliardi di euro, il 6,5% in più sul 2016. L’aumento ha superato di oltre 2 punti percentuali la media mondiale. Si stima che nel 2018 la crescita sarà di quasi il 4%. (Fonte ONT)
Se solo ci fosse un po’ più di attenzione al prossimo, alla natura, all’eco sistema, sarebbe tutto perfetto! Ma per quello deve cambiare la nostra testa.
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