Le armi spuntate dello Stato contro la piaga dello stalking

- di: Redazione
 
Uno sportivo è un personaggio che, per le sue imprese, ha un seguito tra gli appassionati. Uno sportivo o una sportiva, in fondo, quando sentono gridare con entusiasmo il loro nome ne sono contenti, perché quell'attestazione di affetto è il corollario di una vita spesa a faticare in palestra.
Eppure, forse mai come in questi giorni, c'è una ragazza, Alessia Orro, 23 anni, pallavolista della massima serie (gioca nel Monza) che questa fama la vive come un peso, o, peggio, come un incubo.
Lei (come molte altre o molti altri) è stata vittima della follia di una persona, un uomo, che, probabilmente scambiando uno sguardo caduto su di lui casualmente come il segnale di una attenzione nei suoi confronti, si è costruito in testa un castello di finzioni e bugie, un mondo artefatto in cui lui era il re e Alessia la sua regina (nella migliore delle ipotesi). Quest'uomo si chiama Angelo Persico, ha 55 anni, vive a Novara, ed era una persona rispettabilissima - forse lo è ancora oggi agli occhi di non ne conosce la ''peculiarità'' - sino a quando non gli è scattato nel cervello un corto circuito che ha scatenato una infatuazione nei confronti di una ragazza che di lui ignorava l'esistenza, ma che poi, suo malgrado, ha conosciuto, inondata di messaggi e mazzi di fiori che le faceva recapitare e che finivano sistematicamente nel secchio della spazzatura.

Stalking: lo Stato continua ad agire in modo inefficace

Nella mente di quest'uomo Alessia (o Ale, come lui la chiamava) era una cosa sua per questo, vedendo il disinteresse della ragazza, ha cominciato ad assediarla non più con messaggi, ma con presenze costanti, assillanti ovunque lei si recasse, persino in Turchia dove la pallavolista era andata per una partita di coppa. Fino a che, tre anni fa, Alessia trovò il coraggio di denunciarlo e farlo arrestare, spinta dai messaggi che lui le inviava e che erano sempre più aggressivi, in cui le parole d'amore era state sostituite da altro: ''Ti amo Ale, domani, sempre, ti voglio, ti desidero, ti pretendo, insegnami ad amarti''. Frasi da cioccolatino, ma terribilmente rivelatrici dell'evoluzione fuori controllo di una passione insana. Il processo che ne seguì si concluse con un patteggiamento di un anno e otto mesi e davanti al pm Persico disse che in fondo era solo ''innamorato'' e che aveva comunque sbagliato.

Il pentimento, evidentemente, è durato poco perché, non appena finito di scontare la pena, il bancario ha ripreso a perseguitare Alessia, sino a quando, pochi giorni fa, è stato nuovamente arrestato mentre, violando una ordinanza che gli vieta di avvicinarsi alla ragazza, stava forse entrando nel Palazzetto dello sport di Monza dove lei si trovava.
Ora è in attesa di conoscere la sua sorte, ma in ogni caso Alessia non può certo sentirsi al sicuro perché per lo stalking, nel nostro Paese, le pene sono pesanti, nel massimo (sei anni), ma non nel minimo (un anno appena), lasciando pensare che ben difficilmente a Persico basterà una nuova permanenza in carcere per rinsavire. C'é poi la beffa che la condanna nel massimo può essere aumentata solo se lo stalker perseguita l'ex coniuge (anche se è in atto un divorzio o la separazione), un ex compagno/compagna, una donna in stato di gravidanza, una persona minorenne o portatrice di handicap. Quindi, l'aggravante non può scattare in questo caso anche, se a rifletterci, il caso è grave alla stessa maniera perché nei casi citati c'era un rapporto pregresso tra stalker e vittima, mentre nel caso di Alessia e del suo persecutore non c'era nulla. E quel ''nulla'' per Alessia ha significato mesi e mesi di paura.

La violenza sulle donne, anche se, come in questo caso, non fisica - pure se la differenza del suo impatto non è che sia diversa - è qualcosa comunque di spregevole. Ma qui si va oltre perché tra quest'uomo e la sua vittima (chiamiamo le cose per nome) non c'era alcun rapporto, non c'era nulla che giustificasse in Persico la speranza di potere avere Alessia tutta per sé, anche se lei lo ignorava, anzi lo respingeva.
La persecuzione che questo uomo ha riservato ad una ragazza che ha la metà dei suoi anni (molti meno ai tempi del primo episodio) ed è fidanzata può trovare spiegazione solo scandagliando una psiche che, nonostante la prima condanna, lo ha spinto a farlo di nuovo.

Di fronte a comportamenti del genere non la vittima, ma lo Stato come si può difendere?
Gli strumenti ci sono (il braccialetto elettronico, per cominciare), ma forse un maggiore rigore nella concessione dei benefici non guasterebbe, come molti casi di disinvolta applicazione della legislazione premiale ha purtroppo dimostrato.
Perché il passaggio successivo ai messaggi, agli appostamenti, ai mazzi di fiori potrebbe essere l'ultimo, quello irreversibile.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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