Attesa da tutti voluta da tanti...

- di: Andrea Colucci
 

E’ soltanto da qualche mese che il Governo, attraverso una commissine dedicata, ha rimesso mano al tema delle procedure concorsuali attraverso la riforma della legge fallimentare. Italia Informa ha chiesto un parere su questo importante riforma ad uno dei massimi esperti italiani di diritto fallimentare: l’avvocato Stanislao Chimenti.

Chimenti, oltre che occuparsi della materia quotidianamente nella professione, è stato, nel recente passato, anche il Commissario Straordinario delle procedure di amministrazione straordinaria di Tirrenia, Siremar e IT-Holding. Stanislao Chimenti è anche membro dell’ International Insolvency Institute, organismo internazionale di studio sulle procedure fallimentari.

Avvocato Chimenti, la cosiddetta “Commissione Rordorf” ha chiuso da pochi mesi il proprio lavoro, elaborando uno schema di decreto legislativo per la riforma organica delle procedure concorsuali. A suo avviso siamo finalmente giunti ad avere una riforma organica della legge fallimentare?
Mi consenta di fare una breve premessa. L’esigenza di riformare il sistema delle procedure concorsuali nasce dalla percezione che l’impianto normativo apprestato dal legislatore del 1942, di cui al R.D. 267/1942, sia divenuto inadeguato rispetto alle esigenze dell’attuale mercato dell’impresa.
Il Regio Decreto del 1942 rispecchia infatti la situazione italiana di quegli anni dove, a seguito della “Grande Guerra” e della successiva crisi economica che dall’America esportò i suoi effetti in Europa e quindi in Italia, lo sviluppo economico, così come la gestione della crisi dell’impresa, è caratterizzato da un diffuso ricorso al sostegno/ingerenza dello Stato verso l’impresa privata. Basti ricordare la nascita dell’IRI – Istituto per la Ricostruzione Industriale o anche la statalizzazione delle grandi imprese bancarie di interesse nazionale, e, quindi, al sodalizio tra grandi imprese e pubblici poteri. Conseguentemente, il legislatore del 1942 costruisce un sistema di norme che prevedono, nella gestione delle procedure concorsuali, un accrescimento di poteri del tribunali e del giudice delegato.
L’evoluzione del sistema economico correlata alla globalizzazione dei mercati finanziari, la necessità di allineare la disciplina nazionale alla normativa comunitaria hanno indotto il nostro legislatore, a fare data dal 2005, a porre in essere una serie di interventi legislativi, correttivi alla disciplina concorsuale al fine di regolare le situazioni di crisi e di insolvenza in cui si viene a trovare l’impresa.
Infatti, proprio con la legge 14 maggio 2005, n. 80, in legislatore pone in essere una serie di modifiche strutturali alla precedente impostazione dettata dal R.D. (Regio Decreto ndr.) del 1942. E’ in quest’ambito che, tra le altre modifiche, viene abbandonato l’approccio sanzionatorio-liquidatorio e della gestione pubblicistica dell’insolvenza in favore di una disciplina diretta al risanamento dell’impresa, caratterizzata dalla prevalenza del ruolo dei privati nella gestione della crisi.
Quanto contenuto nella legge delega n. 155 del 19 ottobre 2017, recante “Riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza” può senz’altro essere considerato come un momento di avvicinamento significativo ad un sistema normativo moderno ed efficiente, ma il percorso riformatore non può certo dirsi completato.

Quali sono a suo avviso le maggiori novità del progetto di riforma della legge fallimentare?
Uno degli elementi che maggiormente qualifica la nuova disciplina da ultimo proposta dalla commissione Rordorf risiede nella previsione delle procedure di allerta. Con l’introduzione di tali istituti si assiste al superamento della concezione liquidatoria dell’impresa con quello del suo salvataggio, ove possibile, mediante la tempestiva “segnalazione” ed il tempestivo intervento sulle cause che hanno generato la crisi stessa.
In particolare, la disciplina della procedura di allerta comporterà, tra le altre, (i) l’obbligo a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e delle società di revisione di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di fondati indizi della crisi; (ii) l’obbligo a carico dei creditori pubblici qualificati di segnalare immediatamente agli organi di controllo della società, il perdurare di inadempimenti di importo rilevante; (iii) misure premiali in favore dell’imprenditore che abbia tempestivamente proposto istanza di composizione assistita della crisi, ovvero domanda di accesso a una delle procedure regolatrici della crisi o dell’insolvenza.
Peraltro, non possiamo non considerare come le recenti vicende finanziarie, che hanno interessato importanti imprese nazionali operanti sui mercati internazionali, hanno riportato all’attenzione degli analisti proprio i limiti dell’attuale disciplina dell’insolvenza stante la mancanza di idonei strumenti di “prevenzione” e “allarme” della crisi, nonché una lacunosa ed inefficace disciplina sulla trasparenza dei mercati finanziari.
Come è stato evidenziato da molti osservatori, le grandi crisi degli ultimi anni come ad esempio Parmalat, Cirio, Alitalia, Ilva e via dicendo, a parte i comportamenti penalmente rilevanti posti in essere, a vario titolo, dalla proprietà, dagli amministratori e dai manager, nonché il mancato e insufficiente esercizio dei controlli dovuti da parte di amministratori sindaci, revisori, certificatori, banche, denunciano le gravi lacune che il vigente apparato normativo riserva alla crisi dell’impresa, segnatamente nella misura in cui non prevede/prevedeva alcuna significativa procedura di allerta idonea a consentire l’emersione della situazione reale dell’impresa prima che questa venga a trovarsi in un irreversibile stato di insolvenza.

E’ questa secondo lei la più importante novità?
Sicuramente è un cambio di direzione.
Le procedure di allerta consentono di intervenire quando l’impresa si trova ancora in una situazione di crisi reversibile salvaguardando la prosecuzione dell’impresa, il mantenimento dei posti di lavoro e la prosecuzione dei rapporti con i creditori e l’indotto produttivo.
Al contrario si pensi che negli ultimi dieci anni oltre il 60% delle procedure fallimentari si è chiuso per mancanza di attivo e, quindi, senza alcuno riparto per il ceto creditorio ed i tempi di chiusura di una procedura fallimentare sono di oltre 10 anni.

Qual è quindi il suo giudizio sulla Riforma?
Indubbiamente la Riforma va salutata con favore in quanto delinea i principi di un nuovo diritto concorsuale sempre più finalizzato a preservare la continuità di impresa tramite soluzioni fondate su base pattizia che consentono la gestione anticipata della crisi.
Tuttavia, non può non osservarsi come la Legge Delega abbia sostituito il termine “fallimento” con “liquidazione giudiziale”, senza però modificare sostanzialmente le regole previgenti, cancellando, dunque, la denominazione formale ma non il contenuto sostanziale, che continua a caratterizzare la liquidazione giudiziale.
Con riferimento agli obblighi di allerta imposti agli organi di controllo societari, al revisore contabile e alle società di revisione, resta da valutare l’estrema delicatezza e difficoltà del nuovo compito che tali soggetti saranno tenuti svolgere, compito che postula non solo una specifica specializzazione, ma anche (e soprattutto) l’indipendenza degli stessi rispetto all’organo amministrativo sociale.
Inoltre, non si comprendono le ragioni per le quali il legislatore ha ritenuto di non intervenire sul settore delle amministrazioni straordinarie.
Stiamo quindi senz’altro sulla strada giusta, ma il percorso per giungere finalmente ad una riforma organica delle procedure concorsuali è ancora lungo da percorrere.

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