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Spoleto Jazz 2025: Michael Mayo, la voce che diventa strumento

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Spoleto Jazz 2025: Michael Mayo, la voce che diventa strumento

FOTO (Cropped): Tore SætreCC BY-SA 4.0

Dopo il successo del concerto inaugurale, Spoleto Jazz 2025 prosegue la stagione con uno dei nomi più interessanti del nuovo panorama internazionale: Michael Mayo, in scena venerdì 17 ottobre alle 21 al Teatro Caio Melisso, con il tour del suo ultimo album FLY.

Spoleto Jazz 2025: Michael Mayo, la voce che diventa strumento

Una presenza che conferma l’identità del festival umbro come laboratorio di ricerca sonora e di intreccio tra linguaggi, dove la tradizione jazzistica incontra la sperimentazione elettronica, la poesia e il pensiero contemporaneo.

La voce come orchestra

Mayo non è semplicemente un cantante. È un compositore–vocalista che usa la voce come se fosse un ensemble di strumenti, capace di costruire architetture polifoniche e strutture armoniche attraverso l’uso del looping digitale.
La sua musica si muove su un confine mobile tra jazz, neo-soul, R&B ed elettronica, con un equilibrio raro tra rigore tecnico e libertà espressiva. Ogni brano diventa una micro–composizione costruita in tempo reale, dove la voce moltiplica se stessa e si trasforma in percussione, basso, armonia e melodia.

Il risultato è un’esperienza sonora di grande densità emotiva, che alterna momenti di pura astrazione a episodi di immediatezza pop. “La voce è il mio laboratorio – ha detto in una recente intervista –. È il primo strumento dell’umanità, ma anche quello più futuribile, perché non ha confini fisici.”

Dalle radici californiane alla New York dei suoni globali
Nato a Los Angeles in una famiglia immersa nella musica – la madre, Valerie Pinkston, vocalist per Beyoncé e Whitney Houston, il padre, Scott Mayo, sassofonista di lunga data con gli Earth, Wind & Fire – Michael cresce circondato da jazz, gospel e soul.
Fin da giovanissimo si orienta verso la composizione, diplomandosi alla Los Angeles County High School for the Arts e proseguendo poi al New England Conservatory. La tappa decisiva arriva al Thelonious Monk Institute of Jazz di Los Angeles (oggi Herbie Hancock Institute), dove studia con maestri come Wayne Shorter e Herbie Hancock.

Quella formazione, a metà tra tradizione e sperimentazione, è diventata la matrice del suo stile: una voce che non interpreta ma costruisce paesaggi sonori, un linguaggio in cui la melodia convive con la sintesi elettronica e l’improvvisazione diventa narrazione.

Dall’esordio “Bones” alla maturità di “FLY”
Il debutto discografico, Bones (2021), lo ha imposto come una delle voci più originali della sua generazione. Un album essenziale, costruito attorno al minimalismo vocale e all’uso del loop station come strumento narrativo.
Con FLY (Blue Note/2024), registrato al Bunker Studio di Brooklyn con un trio d’eccezione – Shai Maestro al pianoforte, Linda May Han Oh al contrabbasso e Nate Smith alla batteria – Mayo spinge ancora più in là la propria ricerca.

Il disco, inciso in presa diretta, esplora le possibilità dinamiche della voce come mezzo compositivo autonomo. L’equilibrio tra scrittura e improvvisazione è calibrato con precisione quasi cameristica. FLY è, allo stesso tempo, un omaggio al jazz americano e un passo avanti verso una forma nuova di canzone colta: libera, modulare, aperta al dialogo con l’elettronica e la poesia contemporanea.

Tra jazz e contemporaneità
Il concerto di Spoleto sarà costruito come una suite, dove i brani del nuovo album si alternano a momenti di improvvisazione e di dialogo diretto con il pubblico.
“Il jazz – spiega Mayo – è sempre stato una musica del presente. Il mio obiettivo è farlo parlare la lingua di oggi, con le sonorità e i ritmi del nostro tempo.”

La sua estetica dialoga con le esperienze di artisti come Esperanza Spalding, Jacob Collier e Bobby McFerrin, ma con una cifra più intimista e riflessiva. Il canto si fa spesso monologo, sospeso tra racconto personale e riflessione collettiva.

Spoleto come palcoscenico della nuova scena jazz
Per Spoleto Jazz, la presenza di Mayo rappresenta un tassello importante in una programmazione che negli ultimi anni ha spostato l’asse verso la nuova generazione del jazz internazionale, quella che fonde linguaggi e attraversa confini stilistici.
L’edizione 2025 – diretta da [curatore del festival, n.d.r.] – alterna grandi nomi e giovani protagonisti, con un’attenzione crescente alle intersezioni tra jazz, elettronica e ricerca vocale.

Il Teatro Caio Melisso, con la sua acustica calda e raccolta, offrirà a Mayo il contesto ideale per un concerto immersivo, quasi da camera. Un ritorno alla voce come strumento originario, ma anche come frontiera tecnologica.

Il filo rosso: libertà e identità sonora
In FLY, come nella poetica di Mayo, la libertà è la vera protagonista. “Volare” non è solo un titolo, ma un manifesto: superare i limiti del genere, del linguaggio e dell’ego musicale.
Le sue canzoni, costruite per strati vocali e texture elettroniche, raccontano un percorso di identità e trasformazione, in cui la voce diventa spazio, materia e corpo narrante.

A Spoleto, il pubblico ascolterà non solo un concerto, ma una forma di scrittura in tempo reale, dove la tradizione jazzistica dialoga con il presente digitale.
Una sintesi che conferma Michael Mayo come una delle figure più luminose della scena contemporanea: un artista capace di trasformare la voce in strumento d’arte totale, tra tecnica e emozione, intelligenza e leggerezza.

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