La Spagna si prepara a perdere migliaia posti di lavoro

- di: Brian Green
 
Mentre i Paesi maggiormente colpiti dalla pandemia e dalle sue ricadute economiche sono ancora col fiato sospeso in attesa di potere ripartire, ci sono situazioni già abbondantemente compromesse, dal punto di vista occupazionale, e che riguardano anche realtà abbastanza solide e che, a rigore di logica, non avrebbero dovuto pagare più di tanto l'emergenza in termini di perdita di posti di lavoro.

È per questo che in Spagna sono già partite manovre che dovrebbero spianare la strada a massicce campagne di licenziamenti che colpiranno - qui non si tratta di ipotesi, ma di piani veri e propri già ufficializzati - soprattutto il settore bancario, per il quale si prospettano tagli alla forza lavoro molto corposi. I numeri parlano chiaro: da qui a quando si considereranno conclusi, i piani prevedono che il numero di persone che dovranno abbandonare il loro lavoro dipendente non sarà inferiore alle 35.000 unità, tra uscite concordate con i sindacati, altre per cui è in corso una trattativa, diverse per le quali è stata già investita la magistratura del lavoro e altre che sono ancora a livello di semplice annuncio.

Queste fuoriuscite dal mondo del lavoro attivo non saranno contestuali, ma seguiranno un calendario scaglionato. Comunque, secondo gli analisti, questi ''licenziamenti'' con la pandemia hanno forse poco a che spartire, trattandosi - dicono fonti del Ministero del Lavoro spagnolo - di conseguenze di piani di ristrutturazione messe a punto in precedenza. Il settore maggiormente interessato è quello bancario, per il quale si prospetta una riduzione della forza lavoro pari a 18 mila unità. Questi tagli sono conseguenza di crisi che si sono accavallate negli anni, ma anche dei cambiamenti tecnologici nel business e delle nuove abitudini dei clienti, sempre più inclini a servirsi del digital banking e meno a recarsi fisicamente nelle filiali. A peggiorare le cose, sempre a detta degli analisti, ci sono poi i tassi di interesse negativi che non aiutano la redditività e minacciano il modello di lavoro.

Questo processo di trasformazione - e di licenziamenti - da tempo in corso ha subito una accelerazione con l'arrivo della pandemia. Gli esempi non hanno bisogno di commento: CaixaBank perderà 7.791 posizioni lavorative; BBVA 3.450; e Santander, 3.572. Per un totale di quasi 15.000 dipendenti. Cui vanno aggiunti i 1.817 del piano di prepensionamento presentato da Sabadell, alla fine del 2020, e le 750 uscire anticipate concordate da Ibercaja.
Se è vero che il saldo finale potrebbe essere inferiore in base all'esito delle trattative con i sindacati, è anche verosimile la possibilità che altre aziende potrebbero annunciare nel frattempo i loro piani di abbattimento delle quote dei dipendenti. E tagli sono annunciati anche a El Corte Ingles, la catena di negozi di abbigliamento, presente in tutto il Paese con oltre ottanta punti vendite e che è stata tra i primi a usare l'e-commerce. I tagli previsti e concordati con i sindacati sono 3.292, ma le condizioni economiche prospettate hanno spinto 4.312 dipendenti ad aderire alla proposta. Sarà ora un'altra analisi delle esigenze dell'azienda (ovvero un controllo reparto per reparto) a fissare un tesso alle fuoriuscite.

Altre trattative sono in corso per H&M (1.100 uscite), la catena di profumerie Douglas (492 dipendenti) , Coca Cola (360), Adolfo Dominguez (negozi di moda, 283 lavoratori), Heineken e Worten (catena di negozi per la vendita di articoli elettronici e di elettrodomestici, che taglierà 212 posizioni).
Per settori, l'industria (in tutte le sue varianti) è quella che affronta il maggior numero di uscite. La Nissan taglierà 2.500 dipendenti, con la chiusura del secondo più grande stabilimento della Catalogna; la Ford, 980 dipendenti; Continentale 750; Bosch 660. Tagli anche nel settore energetico. Endesa prevede 1200 uscire volontarie in quattro anni, Naturgy taglierà 1000 dipendenti. E circa mille saranno i lavoratori che perderà l'industria aeronautica - con Airbus in testa -.
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