Caos social negli Stati Uniti: è scontro fra Amazon e Parler

- di: Daniele Minuti
 
È quasi surreale dirlo per un paese che ha vissuto così tanti momenti con ramificazioni visibili in tutto il mondo, ma la sensazione è che per gli Stati Uniti si parlerà di un mondo prima e di un mondo dopo i fatti accaduti a Capitol Hill. L'assalto della folla aizzata dal presidente Donald Trump e mossa dalla foga di ribaltare quelle che loro (senza prove) ritengono un'elezione illegittima, sta avendo ripercussioni in diversi campi, uno dei quali è quello dei social network.

A fare più rumore è stata la sospensione dell'account ufficiale di Trump, i cui messaggi avevano violato le regole della piattaforma incitando di fatto alle violenze viste nella capitale statunitense la scorsa settimana. Pian piano sono altri i siti che hanno agito in maniera simile, con l'ultimo caso legato a Parler.

Il social network è infatti andato offline lunedì, dopo che Amazon ha deciso di disabilitare i server di sua proprietà che lo ospitavano: la motivazione riguarda, secondo quanto spiegato dal colosso americano, il lavoro non idoneo di moderazione dei contenuti che la piattaforma svolgeva. Parler è un social molto popolare nella destra statunitense e nel periodo dell'assalto del Campidoglio, sono stati resi pubblici messaggi che incitavano alla violenza e persino ad attentati nel giorno dell'insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca.

La mossa di Amazon arriva dopo quella di Google e Apple che avevano rimosso l'applicazione di loro store, una volta scoperto che era stata una piattaforma base per l'organizzazione dell'attacco al Congresso. 

Se le decisioni di Twitter, Amazon e degli altri siti sono legittime (non si può parlare strettamente di censura ma di aziende private che prendono decisioni in base ai loro termini di utilizzo, Amazon infatti aveva più volte mandato segnalazioni a riguardo ai gestori della piattaforma in questione), il blocco dei server di Parler è un passo che avanza su un percorso più scivoloso. L'amministratore delegato John Matze ha ammesso che prima di rimettere in piedi il sito potrebbe passare molto tempo e parlando ai microfoni di Fox News ha anche sottolineato come sia sempre più complicato trovare qualcuno che voglia intraprendere percorsi lavorativi con lui.

Parler si pubblicizzava come una versione "senza filtri" di Twitter e Facebook, diventando però di fatto un focolaio continuo di teorie complottiste alimentate dalla sicurezza di non essere smentite dai cosiddetti "poteri forti". Ora l'intero mondo dei Big Tech sembra aver fatto fronte unico contro questi contenuti ma le polemiche continuano a moltiplicarsi con una grossa fetta di utenti, magari simpatizzanti di destra ma che non aderiscono a frange così estreme, che stanno alzando la voce contro delle decisioni che nel concreto potrebbero influenzare il modo in cui si comunica su internet per i prossimi anni.
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