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Senato Usa boccia dazi su Brasile: segnale al protezionismo trumpiano

- di: Jole Rosati
 
Senato Usa boccia dazi su Brasile: segnale al protezionismo trumpiano

Un voto a sorpresa 52-48 nello sterminato labirinto della politica americana: cinque repubblicani si schierano contro la dichiarazione di emergenza che imponeva tariffe al Brasile. Ma il cammino è ancora in salita verso la Camera.

(Foto: il Congresso Usa).

Qual è il cuore della questione

La controversia ha origine nella decisione dell’amministrazione Trump di imporre tariffe fino al 50% su una vasta gamma di prodotti in importazione dal Brasile — dal caffè alle carni bovine — giustificate con un decreto di emergenza nazionale che tirava in causa la sicurezza economica, la politica estera e l’«attacco» al sistema democratico di Brasilia.

Con la risoluzione approvata, il Senato mira ad annullare proprio quel decreto di emergenza e quindi la base legale delle tariffe. A presentarla è stato il senatore Tim Kaine (Virginia, Democratica), che ha dichiarato: “Tariffe sono una tassa sui consumatori americani. E sono una tassa imposta da una persona sola: Donald J. Trump.”

La spaccatura nel partito repubblicano e il gesto politico

Che cinque senatori repubblicani – Susan Collins, Lisa Murkowski, Mitch McConnell, Rand Paul e Thom Tillis – abbiano deciso di votare insieme ai democratici è un fatto politico di peso. :contentReference[oaicite:10]{index=10}

McConnell, in particolare, ha affermato che “le guerre commerciali fanno sia produrre che comprare in America più caro”

Questo voto, più che un passaggio legislativo immediato, assume il valore di un segnale: indica che nel partito repubblicano cresce l’imbarazzo verso l’uso massiccio delle tariffe come strumento politico-economico e verso il ricorso all’emergenza nazionale come giustificazione.

Cosa succede ora e quali ostacoli restano

Pur avendo ottenuto il via libera al Senato, la risoluzione ha davanti una strada impervia. Passa alla Camera, dove la maggioranza repubblicana ha già adottato meccanismi procedurali che impediscono che questi atti arrivino in aula prima di marzo 2026.

In più, se il provvedimento dovesse arrivare sulla scrivania dell’ex presidente Trump, è quasi certo che venga posto il veto.

Implicazioni per il commercio Usa-Brasile

Il rapporto commerciale tra Stati Uniti e Brasile ha volumi considerevoli: solo l’anno scorso le importazioni statunitensi dal Brasile superavano i 40 miliardi di dollari, inclusi circa 2 miliardi solo di caffè.

L’uso di dazi elevati ha comportato pressioni su consumatori americani e imprese che importano materiali dal Brasile. La risoluzione solleva la questione del costo nascosto delle guerre commerciali: chi alla fine paga sono i cittadini, con prezzi più alti.

Il significato politico e strategico

Il voto può essere letto come un contraccolpo nei confronti dell’approccio protezionista di Trump che, utilizzando lo strumento dell’emergenza nazionale, ha esteso in modo controverso l’uso delle tariffe preventive. Con questa misura il Senato invia un messaggio: il Parlamento vuole essere partecipe, non spettatore passivo, della politica commerciale.

Inoltre, il fatto che il tema sia collegato ad una questione di sovranità democratica – la prosecuzione giudiziaria di Jair Bolsonaro, ex presidente brasiliano e alleato di Trump – aggiunge una dimensione geopolitica alla disputa economica.

Cosa significa per l’Italia e l’Europa

Per l’Italia e l’Europa questo episodio mostra come le politiche Usa possano avere effetti indiretti sul commercio globale e sulle filiere internazionali. Un cambio di passo potrebbe favorire la riduzione delle tensioni e offrire maggiore stabilità alle importazioni, ma è presto per cantar vittoria: se la Camera blocca la misura, lo status quo dei dazi resterà invariato.

Segni di dissenso interno tra i repubblicani

Con il voto del Senato Usa si apre una pagina potenzialmente nuova nella storia del commercio internazionale: un Parlamento che rivede l’uso dell’emergenza nazionale per imporre tariffe e un partito repubblicano che mostra segni di dissenso interno. Resta da vedere se questo gesto possa tradursi in una reale inversione della politica commerciale, o resti un colpo d’immagine nell’attesa del via libera della Camera. In ogni caso, per i protagonisti dell’economia mondiale – imprese, paesi partner, consumatori – si riaffaccia la speranza che il commercio torni ad obbedire a regole meno arbitrarie e più prevedibili.

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