Tre anni della Scuola Politica "Vivere nella Comunità", un successo annunciato che l'ha resa punto di riferimento d'eccellenza

- di: Redazione
 

Giunta alla terza edizione la Scuola Politica “Vivere nella Comunità” si è attestata ormai come un punto di riferimento d’eccellenza per ciò che riguarda la formazione della futura classe dirigente. Ciò grazie ad uno straordinario corpo docenti, nel quale figurano Carlo Messina, Giuliano Amato, Bernardo Giorgio Mattarella, Marta Cartabia, e alla presenza nella governance dei rappresentanti di alcune fra le più importanti aziende e fondazioni italiane fra cui Intesa Sanpaolo, Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, Generali, Cassa Depositi e Prestiti, Engineering e Fondazione CRT.

Scuola Politica "Vivere nella Comunità": intervista a Marcello Presicci, docente della Luiss Business School

Abbiamo parlato di questo con uno dei principali fondatori dell’iniziativa, Marcello Presicci - docente Luiss Business School - dialogando anche sui temi relativi all’educazione finanziaria, al rapporto fra arte e cultura ed infine sull’ attività di lobbying in Italia. 

Professore, partiamo dalla Scuola Politica da lei fondata insieme a Pellegrino Capaldo, Sabino Cassese e Paolo Boccardelli. Qual è il suo personale bilancio dopo 3 anni di attività? Che novità avete in programma?

Il bilancio dopo tre edizioni non può che essere assolutamente positivo. Siamo ben oltre le più rosee previsioni dal momento che la nostra Scuola è nata in piena pandemia da Covid-19, quindi con tutte le limitazioni del caso. Nonostante ciò siamo riusciti a formare gratuitamente oltre cento studenti a fronte di oltre 1500 richieste di partecipazione. Sono numeri notevoli che danno il senso e la volontà delle nuove generazioni di interessarsi al funzionamento del nostro Stato, non soltanto quindi ai meccanismi politici. Sono poi felicemente colpito dall’assoluta qualità dei giovani incontrati in queste prime tre edizioni. A loro vanno i miei complimenti. Il nuovo corso è appena iniziato e nei prossimi mesi presenteremo il primo libro della Scuola Politica, dove figureranno all’interno alcune delle lezioni più rilevanti di queste edizioni.

La terza edizione della Scuola Politica è stata inaugurata recentemente da una Lectio Magistralis di Dario Scannapieco, CEO di Cassa Depositi e Prestiti, nel quale evento sono intervenuti anche Francesco Profumo, Stefano Lucchini e Massimo Lapucci. Qual è il segreto del successo dell’iniziativa?

Questa domanda mi è stata posta molte volte ultimamente visto l’entusiasmo e l’apprezzamento riscontrato intorno alla nostra iniziativa. Rispondo sempre che l’autorevolezza proviene certamente dal prestigio dei fondatori e dal nostro board, ma il merito credo sia quello di aver rimesso al centro del dibattito il tema delle competenze e della rilevanza del ruolo dei “civil servant”. Lo abbiamo fatto davvero con spirito di servizio, dedicando il nostro tempo e le nostre energie gratuitamente per i giovani e per il Paese. Abbiamo quindi acceso una scintilla e creato un luogo non solo di aggregazione fra giovani professionisti ma anche di intersezione tra gli aspetti relazionali e quelli formativi, proprio perché siamo convinti che una classe dirigente preparata rappresenti un vantaggio per tutta la nazione, al di là dei colori o dell’appartenenza politica. Desideriamo poi che questi partecipanti, da noi formati, possano dar vita ad una rete di professionisti che continui a dialogare anche dopo il termine del percorso formativo. Ciò sta già avvenendo con successo.


Francesco Profumo, Stefano Lucchini, Dario Scannapieco, Massimo Lapucci

Avete creato un modello unico in Italia ed ora stanno nascendo altre Scuole di formazione simili alla vostra. Come spiega questo trend in crescita?

Ben vengano altre iniziative che si ispirano alla Scuola Politica “Vivere nella Comunità”. Credo che in una fase estremamente delicata e complessa come quella attuale sia necessario creare per i nostri giovani momenti di dialogo, incontro e riflessione. I luoghi deputati alla formazione devono quindi ritornare centrali per aiutare il paese a ritrovare le sue energie migliori. Il nostro progetto rappresenta un unicum poiché è stata la prima Scuola gratuita nata per la classe dirigente, senza nessuna appartenenza politica e con un peso degli attori coinvolti senza precedenti. Sono lieto quindi del fatto che nascano nuove iniziative nel solco del nostro progetto. Lo stesso Presidente della Repubblica Mattarella, durante il nostro incontro un anno fa, ci ha spronati a continuare su questa strada.

 
Supervisory Board

Veniamo al suo ruolo di Presidente dell’Advisory Board della Fondazione sull’ Educazione Finanziaria. A che punto siete con la vostra missione?

Presiedere un Advisory Board cosi importante non è solo un grande onore, ma una seria responsabilità, visti gli impatti generati dalle idee e dalle riflessioni del Board. Come è noto si è concluso di recente il mese dell’educazione finanziaria (ottobre), un mese per noi di FEDUF denso di seminari, lezioni, laboratori e spettacoli gratuiti organizzati in tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di aiutare la comunità a sviluppare conoscenze su temi assicurativi, previdenziali e di gestione delle risorse finanziarie personali e familiari. Le iniziative promosse rispondono alla crescente domanda di educazione economica dei cittadini, sempre più consapevoli della necessità di acquisire conoscenze e competenze sulle quali poter contare per gestire al meglio i propri risparmi. Abbiamo appurato come sia aumentata negli anni la quota di italiani che vorrebbe l’introduzione dell’educazione finanziaria sia nelle scuole (da 86,5% a 89,1%) sia sul posto di lavoro (da 76,5% a 79,5%). Infine, un italiano su dieci sa che esiste una Strategia nazionale per l’educazione finanziaria. Credo sia stato fatto molto, ma abbiamo ancora del lavoro cospicuo da portare avanti, specialmente sui temi relativi alle criptovalute e alle monete elettroniche. Mi piacerebbe poi con l’Advisory Board pensare a dei progetti che riguardino l’educazione finanziaria ad hoc per le donne.

Passiamo invece a tematiche differenti che impattano il suo ruolo nella Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Può spiegarci di cosa si occupa la Fondazione e quali sono i punti che riguardano il rilancio della sua azione?

La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è un’eccellenza italiana nel mondo per ciò che riguarda l’arte contemporanea e la diffusione della cultura artistica, con una particolare attenzione al supporto dei giovani artisti. Vi è certamente un fil rouge con le attività di formazione che riguardano le altre realtà di cui abbiamo discusso nelle precedenti domande. L’obiettivo del nostro Advisory Board è quello di mettere in contatto e in rete individualità con formazioni e professionalità diverse, appartenenti a settori strategici, oltre al perimetro dell’arte contemporanea. Le idee che condividiamo hanno la possibilità di orientare, sviluppare e accelerare gli indirizzi della Fondazione o di proporre nuove progettualità. Potrei riassumere l’apporto dell’Advisory Board con tre termini: visionarietà, complementarietà e contaminazione. Quando sono stato chiamato da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo a comporre e coordinare questo prestigioso gruppo, ho pensato a nomi ed aziende specifiche con cui iniziare un dialogo e attivare nuove sinergie.

 
Marcello Presicci, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Leonardo Ceglia Manfredi

Una domanda infine sul suo ambito di riferimento. Lei insegna lobbying in Luiss Business School ed in passato ha insegnato, presso l’Università della Santa Sede, comunicazione e relazioni istituzionali. Come valuta nel nostro paese l’attività di lobbying, permane sempre un’accezione negativa di tale attività secondo lei?

Da sempre la mia idea al riguardo è chiara: una legge non solo è necessaria ma indispensabile per il nostro Paese, come ad esempio avviene a Bruxelles o in altri paesi dell’UE. Per non parlare della cultura anglosassone. A mio avviso occorrerebbe una seria regolamentazione, senza complicarsi la vita con la creazione di altri e ulteriori albi. Purtroppo da noi regna una certa confusione attorno a questa attività, certamente frutto di un diffuso pressappochismo. Basti pensare a cosa è accaduto di recente con il “Qatargate”, dove alcuni politici ed ex politici sono stati definiti impropriamente lobbisti che operavano a favore del Qatar. Il lobbista, come portatore di interessi, agisce secondo principi di eticità, legalità e trasparenza. Ben altra cosa sono i comportamenti illegali come nel caso dell’ultima vicenda che riguarda rappresentanti dell’Europarlamento. Devo dire poi che nell’accezione negativa del lobbying vi è una piccola percentuale di responsabilità anche dei professionisti del nostro settore, non sempre in grado di narrare le proprie attività al meglio. In conclusione credo che per un lobbista la reputazione sia oggi un fattore ineludibile, tuttavia è un elemento che viene riconosciuto dal mercato e/o da terzi, come le aziende o gli stakeholder con cui si dialoga o si interagisce. Etica e trasparenza sono quindi indispensabili.

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