Savini e il tartufo

- di: Claudia Loizzi
 

Denominato “aglio del ricco”, il tartufo è  un fungo a forma di tubero  che vive sotto terra,  in simbiosi con le radici di alcune piante, quali, per esempio, la quercia, il tiglio, il nocciolo, il carpino e il pioppo.
E’ costituito in alta percentuale da acqua, fibre e sali minerali, sostanze organiche fornite dall’albero con cui vive in simbiosi.
Ne parliamo con Cristiano Savini che con la sua azienda di famiglia si occupa di tartufi da 4 generazioni.

Origini e storia del Tartufo
Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) lo cita per la prima volta nella sua Naturalis Historia. Denominato terrae tuber (escrescenza della terra) era molto apprezzato a tavola dagli antichi Romani che ne avevano copiato l’uso culinario dagli antichi Etruschi. Anche i Greci lo usavano in cucina, come dimostrato dal filosofo Plutarco di Cheronea che tramandò, a quei tempi (I secolo d.C.), l’idea che il raro e pregiato fungo nascesse dalla combinazione di alcuni elementi naturali come acqua, calore e fulmini. Il poeta Giovenale ne ha immaginato l’origine a seguito di un fulmine scagliato dal padre degli dei, Giove, in prossimità di una quercia. Oltre a ciò, date le notorie abilità amatorie del dio, il tartufo veniva considerato altamente afrodisiaco. L’interesse per il tartufo si perde nel Medioevo per poi ricomparire nell’età rinascimentale tra le tavole delle nobili Caterina de’ Medici e Lucrezia Borgia, oltre che nei banchetti più prestigiosi d’Europa. Mentre in Francia si trovavano quelli neri, in Piemonte, nel 1600 si consumavano quelli bianchi. Un secolo più tardi, il tartufo bianco piemontese era considerato da tutte le corti europee come una delle cose più pregiate. Infatti, la ricerca del tartufo era considerata come un divertimento di palazzo per cui gli ospiti e gli ambasciatori stranieri venivano invitati a parteciparvi. Solo nel 1831 si ottiene la prima descrizione scientifica del prezioso fungo ipogeo, grazie alla “Monographia Tuberacearum” scritta da Carlo Vittadini botanico e micologo italiano. Nel 1929  Giacomo Morra, noto ristoratore e albergatore di Alba, ebbe la brillante idea di rendere il tartufo bianco (denominato da lui stesso “Tartufo d’Alba”) un oggetto di culto internazionale, creando attorno ad esso un evento di richiamo sia turistico che gastronomico. Oltre a ciò, ebbe anche l’idea di inviare ogni anno un prezioso tartufo ad un personaggio famoso come: Harry Truman nel 1951, Winston Churchill nel 1953, Joe Di Maggio e Marylin Monroe nel 1954.

Quali sono le sue proprietà organolettiche e nutritive?
Il tartufo è ricco di antiossidanti  che aiutano a combattere l’invecchiamento e a contrastare i radicali liberi e proprietà elasticizzanti in grado di stimolare la produzione di collagene.  Il tartufo favorisce la digestione e l’apparato cardiovascolare: privo di colesterolo  è, infatti, un’ottima fonte di proteine– si parla del 30% per porzione – e contiene pochi grassi, e poi vitamine e sali minerali, come magnesio e potassio che vanta una funzione stimolante per i reni incaricati di eliminare le sostanze tossiche dall’organismo e anche calcio che giova alla salute delle ossa e dei denti. Secondo alcuni studi, il tartufo avrebbe, delle proprietà afrodisiache: sarebbe, infatti, in grado di emanare delle sostanze particolari; sostanze capaci di provocare del benessere fisico e mentale favorendo, di fatto, l’attrazione verso il proprio partner.

Perché alcuni hanno un alto costo?
La risposta è alquanto semplice: i tartufi, in generale, sono molto rari e la loro ricerca comporta molto tempo e “un’attrezzatura” assai costosa, rappresentata da cani (Il Lagotto Romagnolo) opportunamente addestrati alla ricerca dei tuberi. In base alle annate poi, i prezzi possono chiaramente variare: essendo un fungo ipogeo, stagioni molto piovose e umide facilitano la loro crescita, mentre annate secche e aride, comportano un minor numero di esemplari e prezzi decisamente più elevati. Parlando poi di tartufi e di costi, bisogna anche fare delle differenziazioni tra generi: il tartufo bianco è, ad esempio, uno dei più pregiati in assoluto. La stagione del tuber magnatum pico (il bianco, per l’appunto) finisce a dicembre e coincide con quella del nero uncinato, ma non bisogna disperare, perché da aprile a maggio c’è invece il bianchetto, e da luglio a settembre lo scorzone o nero estivo. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, per (quasi) tutte le tasche e per tutti i piatti. Altro motivo per cui il costo del tartufo è assai elevato è che il suo “ciclo di vita” una volta raccolto (rigorosamente a mani nude) è molto breve: massimo poche settimane e, da buon fungo qual è, il tartufo diviene immangiabile.

Come si può conservare?
Il tartufo bianco si conserva fino a 5 giorni, mentre quello nero per circa due settimane. La conservazione ideale è in frigorifero, avvolto nella carta traspirante come lo scottex, preferibilmente all’interno di un contenitore in vetro per evitare che il suo penetrante profumo venga assorbito dagli altri alimenti. Unica accortezza: cambiare la carta tutti i giorni per eliminare l’umidità in eccesso che potrebbe farlo ammuffire. E’ perciò preferibile consumarlo velocemente, così da mantenerne inalterato l’inconfondibile sapore e profumo.

Come si presenta in tavola?
Il modo migliore per goderlo è a scaglie, grattugiato sopra ai piatti.

Ci può suggerire le 3 ricette migliori per gustarlo?
Il classico tagliolino bianco al tartufo (in scaglie); l’uovo al tegamino con scaglie di tartufo e una buonissima tartare di carne sempre con scaglie…

Con quali vini si può abbinare?
Tra i vini bianchi, particolarmente indicati sono quelli che ci possono ricordare le note di idrocarburo del tartufo, come il Riesling, renano o italico.
I vini rossi ideali per l’abbinamento con il tartufo non dovrebbero essere vini di grande struttura, e non dovrebbero essere molto impegnativi sotto il profilo aromatico. Si consiglia di optare per vini  morbidi e maturi, con tannini appena accennati, come il  Nebbiolo o il Pinot Noir.
Gli amanti delle bollicine dovranno invece rassegnarsi al fatto che questo tipo di vini non si abbina facilmente al tartufo. Se proprio non vogliono rinunciarvi, si consiglia di abbinare vini non troppo freschi e caratterizzati da spiccata morbidezza.

Com’è nata la sua passione per il tartufo?
Era impossibile che non mi appassionassi al tartufo, il tartufo fa parte della mia famiglia da quattro generazioni! Andavo nel bosco con mio nonno già da piccolissimo ed ho amato da sempre quel mondo.

In quanti modi avete declinato l’uso del tartufo nei vostri prodotti?
Dal 1982 Luciano Savini affianca al prodotto fresco, quello conservato, dando vita, anno dopo anno, ad una vasta gamma di referenze fino a creare quattro diverse linee: Collezione, Elegance, Tricolore e Bio. Tra i nostri prodotti di maggior successo ci sono: il miele, le peschiole, le patatine, il panettone…

Dove poterlo gustare?
Savini Tartufi ha 4 punti vendita con ristorazione e si trovano a Firenze: Mercato Centrale e Hotel NH Porta Rossa; a Roma con il Mercato Centrale; Milano al Tartufotto  e NH Hotel Palazzo Moscova.

Qualche curiosità / aneddoto sul tartufo?
Da citare il 2007, l’anno del tartufo Guinness dei primati: Savini Tartufi, grazie al cane Rocco, ha rinvenuto il famoso tartufo bianco gigante da 1,497 kg, battuto all’Asta Internazionale di Toscana di beneficenza, con il quale è stato vinto il record mondiale per il tartufo più grande e per il prezzo più alto mai pagato, 330.000 dollari.

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