Salvini affronta l'ora delle scelte difficili

- di: Redazione
 
L'inattesa conclusione della campagna di Sardegna per il Centro-destra non ha solo significato una sconfitta, destinata a bruciare almeno sino alle imminenti regionali in Abruzzo (se si vince, viva tutti; se si perde, riprende la caccia al colpevole di turno), quanto ha evidenziato dentro la coalizione un nervosismo che peraltro cova da tempo.
Ma, mentre Giorgia Meloni appena poche ore fa ha ribadito al saldezza dell'esecutivo, sempre - è sembrato volere dire - che si accetti la sua leadership, tutta l'attenzione è rivolta verso Matteo Salvini e verso quelle che saranno le sua prossime mosse.

Salvini affronta l'ora delle scelte difficili

Il segretario della Lega, costretto ad accettare la candidatura di Paolo Truzzu a presidente della Regione Sardegna, ha detto di dolersi della sconfitta, ma riducendola ad un fatto di mera importanza locale e che, quindi, il governo può stare tranquillo, oggi e per il futuro.
Parole da soppesare, però, perché i malumori che vengono dalla base leghista non dichiaratamente salviniana cominciano a essere sempre più evidenti, così come le critiche alla strategia che Salvini (l'ultima bordata gli è arrivata dall'ex ministro leghista Roberto Castelli, che ha parlato di parabola politica finita), comunque coerentemente al suo stile, sta portando avanti.

Ma le sue scelte non stanno sembrando vincenti e convincenti, come lo erano appena pochi anni fa quando, sulle ali del successo alle europee (34,3 per cento), si sentiva autorizzato a cercare di andare a Palazzo Chigi non in visita, ma per governare. E si sentiva autorizzato anche a chiedere il riconoscimento della sua vittoria in Europa, anche se lo fece usando parole avventate e location non esattamente istituzionali.
Lo scenario ora è diverso e quel risultato esaltante di cinque anni fa oggi non è nemmeno un miraggio, con il rischio fondato di una batosta di dimensioni inenarrabili, frutto di un ridimensionamento del peso politico della Lega, ma soprattutto dell'ingombrante ego di un politico che, come da costume della casta, non ammette gli errori.

Quindi bisognerà vedere come l'elettorato della Lega voterà alle europee sapendo che Salvini ha stretto un'alleanza con AfD, il partito tedesco che respira, quotidianamente, razzismo e anche peggio, con sfumature di eugenetica che fanno soltanto orrore.
La Lega, almeno quella di Umberto Bossi, poteva anche essere contro il modello portato avanti dalla Sinistra e perorare l'indipendentismo, ma, tacendo di alcune derive tra folklore e trash, aveva un cuore che certo era lontanissimo dalle posizioni di estrema destra. Verso cui, invece, Salvini l'ha traghettata, ''tradendo'' lo spirito originario del movimento. Ma, sino a quando non si incoccia in una sconfitta, tutte le idee, le speranze e i progetti vanno bene. Eppure, nonostante il fatto che il perimetro del consenso e dei voti della Lega si stia inesorabilmente restringendo, Matteo Salvini va avanti per la sua strada che, però, potrebbe portarlo dritto all'irrilevanza politica nel momento in cui le urne europee lo ridimensionassero, come peraltro accaduto in Sardegna, dove il sorpasso di Forza Italia è stato netto, come anche più clamoroso è stato quello dell'Alleanza Verdi-Sinistra.

Non inganni poi l'immagine di compattezza che la Lega mostra ai suo massimi livelli di rappresentanza, perché il fortissimo legame che Salvini ha con i suoi proconsoli di via Bellerio non è tale invece in periferia. Solo che, se si parla di periferia della Lega, definire tali il Veneto e il Friuli Venezia Giulia è disconoscere il peso specifico di due realtà che da decenni fanno da traino all'intero movimento.
E anche alcuni segnali, a metà tra l'ammiccamento e l'investitura, in materia di possibili candidati, non è che stiano raccogliendo chissà quali consensi nella base. Come quello del generale Roberto Vannacci, sulla scia del successo del suo controverso libro.

Dare ad intendere - senza peraltro ancora ufficializzarlo - che l'alto ufficiale potrebbe essere un candidato forte e sostenuto è sembrato cavalcare la convenienza del momento. E farlo anche andando contro alla ragionevolezza, come accaduto in occasione della notizia di una indagine sui comportamenti di Vannacci (oggi raggiunto da una sospensione da parte del Ministero della Difesa, per la pubblicazione del libro) durante la sua permanenza a Mosca, quando esponenti di spicco della Lega, a partire dallo stesso Salvini, hanno fatto capire di vedere, dietro l'inchiesta, una manovra politica, parlando di giustizia ad orologeria.
Se annunciare una indagine alla vigilia del voto è giustizia ad orologeria, tenerla nascosta sino a dopo le elezioni non sarebbe stato peggio, esponendosi all'accusa di non avere voluto danneggiare una parte politica?
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