Salvini continua ad incalzare il Governo, pur lodando Draghi

- di: Diego Minuti
 
Giobbe, a confronto di Mario Draghi, era un tipo che si arrabbiava per un nonnulla. Non riusciamo, infatti, nemmeno immaginare se la sua maschera perennemente insondabile abbia mostrato qualcosa, dalla sorpresa all'insofferenza, davanti alla lista lunghissima di cose che Matteo Salvini gli ha illustrato e che, se accolte, metterebbero definitivamente il pennacchio leghista su un Governo che, almeno a quello che ricordiamo, è ancora di coalizione.

Ovviamente, quel che si sa dell'esito del faccia a faccia di oggi è uscito solo dalla bocca di Salvini che ha detto di avere parlato di molti argomenti, per alcuni dei quali si è limitato a fare da portavoce a quello che pensa la maggior parte della gente (a cominciare dal no all'obbligo della mascherina, che alcuni Paesi, a partire dalla Francia, hanno cominciato a revocare o ad annunciare di volerlo fare presto). Ma non è delle cose che Salvini ha reclamato - a partire dall'opposizione all'ipotesi di fare slittare la fine dello stato di emergenza, contro il quale si stanno moltiplicando le voci contrarie - che vogliamo parlare, quanto del fatto che il segretario della Lega sta giocando una partita delicatissima che vede, allo stesso tavolo, oltre a lui, seduti Mario Draghi, il centrodestra di Governo e quello d'opposizione.

Non c'è nemmeno lontanamente da sospettare che Salvini non sappia benissimo che la storiella della Lega di Governo (soprattutto) ed anche di lotta non può esse tirata a lungo e questo suo continuo incalzare - per quanto gli sia possibile farlo - Draghi con richieste di faccia a faccia, tra un attacco a Speranza, un altro a Lamorgese e un altro ancora al nemico di giornata, indebolisce il Governo molto più di quanto si possa pensare, in una fase in cui l'esecutivo, vista l'enormità delle cose che deve affrontare, dovrebbe essere lasciato lavorare. Anche oggi Salvini ha parlato di argomenti di varia natura (dallo scioglimento o dalla messa in stand by del Comitato tecnico scientifico al ''saluti e baci'' al generale Figliuolo, a interventi immediati contro gli sbarchi, con conseguente frecciata al ministro dell'Interno) che sembrano servirgli solo per marcare le differenze di ''qualità'' in seno all'esecutivo.

Se vuole interpretare fino in fondo il ruolo di portavoce degli italiani, Matteo Salvini dovrebbe fare una scelta di campo perché non si può dire tutto il meglio possibile di Draghi e, a distanza di pochi istanti, attaccare a testa bassa - e non sempre con argomenti pertinenti - i ministri che non sono della Lega o di Forza Italia.
Un leader politico deve essere coerente, ma questa dote sembra sfuggirgli di mano quando parte per la tangente su argomenti a lui cari, come il contrasto all'emigrazione clandestina, di cui chiede la fine, non formulando soluzioni, se non quelle delle espulsioni e dei rimpatri. Che, lui che è stato ministro dell'Interno dovrebbe saperlo bene, hanno procedure lunghissime nel corso delle quali i richiedenti asilo non possono vedersi negate le libertà personali.

A meno di non volere tornare ai tanto vituperati centri di accoglienza che altro non erano che strutture para-carcerarie. Bombardare l'esecutivo di appunti e stilettate (che mai riguardano i suoi ministri) sembra essere un gioco destinato a finire presto perché, con la pioggia di miliardi in arrivo dall'Europa, si avvicina il momento di decisioni vitali per il futuro del Paese, ma anche appuntamenti istituzionali (in primavera scade il settennato di Sergio Mattarella) davanti ai quali ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità.
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