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Salute mentale, il Piano che cambia rotta

- di: Anna Montanari
 
Salute mentale, il Piano che cambia rotta
Dopo anni di rinvii e un’accelerazione imposta dall’emergenza Covid, la salute mentale rientra stabilmente nel perimetro delle politiche sanitarie nazionali. Con l’approvazione in Conferenza Stato-Regioni del Piano di azione nazionale per la salute mentale 2025-2030, l’Italia aggiorna un documento strategico rimasto fermo per oltre dieci anni e prova a colmare uno dei vuoti più evidenti del Servizio sanitario nazionale. L’obiettivo dichiarato è trasformare un’emergenza silenziosa in una priorità strutturale, riportando il tema al centro dell’agenda pubblica dopo una lunga stagione di marginalità.

Salute mentale, il Piano che cambia rotta

Il Pansm ridisegna l’architettura dei servizi con un’attenzione particolare alla prossimità delle cure. La psicologia viene riconosciuta come componente stabile del sistema pubblico e non più come supporto occasionale. Il Piano rafforza la presenza degli psicologi nei consultori, introduce la Psicologia di Assistenza Primaria come presidio territoriale e integra la presa in carico del disagio mentale nei Distretti sanitari e nelle Case della Comunità. L’impostazione è chiara: intercettare il bisogno prima che si trasformi in patologia conclamata, riducendo il ricorso tardivo agli ospedali e il peso esclusivo delle terapie farmacologiche.

Risorse e coperture finanziarie
Il cambio di rotta è accompagnato da uno stanziamento pluriennale. La Manovra prevede 80 milioni di euro per il 2026, 85 milioni per il 2027 e 90 milioni per il 2028, cui si aggiungono 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2029 per sostenere prevenzione, diagnosi, cura e assistenza. A queste risorse si sommano ulteriori fondi, pari a 30 milioni di euro l’anno, destinati al rafforzamento del personale sanitario e sociosanitario. È il tentativo di superare la storica distanza tra programmazione e attuazione, trasformando il Piano da cornice teorica in leva operativa.

Il nodo del sottofinanziamento
I numeri spiegano perché l’intervento fosse diventato urgente. L’Italia destina alla salute mentale una quota del Pil inferiore alla media dei principali Paesi europei e dell’area OCSE. Questo sottoinvestimento ha prodotto nel tempo forti disuguaglianze territoriali e ha spostato una parte consistente dei costi sulle famiglie, che spesso ricorrono al privato per accedere a percorsi di cura continui. Il nuovo Piano punta a ridurre questo squilibrio, rafforzando l’offerta pubblica e garantendo livelli essenziali di assistenza più omogenei tra Nord, Sud e Isole.

L’eredità lasciata dal Covid
La pandemia ha funzionato da stress test per il sistema. Nel 2020 i ricoveri psichiatrici sono diminuiti in modo significativo, non per un miglioramento delle condizioni di salute, ma per la difficoltà di accesso ai servizi e per la rinuncia alle cure. Questo “effetto ombra” ha lasciato emergere, negli anni successivi, un accumulo di sofferenza latente. Tra i giovani sono aumentati i disturbi d’ansia, dell’umore e del comportamento alimentare, mentre l’uso di antidepressivi ha continuato a crescere in modo costante nell’ultimo decennio. Il Piano nasce anche come risposta a questa domanda rimasta a lungo inevasa.

Prevenzione e presa in carico precoce
Uno dei pilastri del Pansm è il rafforzamento della prevenzione. L’idea è intervenire nelle fasi iniziali del disagio, quando i sintomi sono ancora reversibili e l’impatto sociale ed economico è più contenuto. Scuola, famiglia e territorio diventano snodi fondamentali di una rete che mira a evitare cronicizzazioni e ricoveri ripetuti. In questa prospettiva, la salute mentale viene letta come investimento di lungo periodo, non come costo immediato.

Impatto economico e sociale
Investire in salute mentale ha ricadute che vanno oltre il perimetro sanitario. Il disagio psicologico incide sulla produttività, sull’assenteismo, sull’uscita precoce dal mercato del lavoro e sulla spesa assistenziale. Studi internazionali mostrano che ogni euro investito in prevenzione e cura può generare risparmi futuri significativi. Il Piano 2025-2030 prova a spostare l’asse dall’emergenza alla sostenibilità, con l’obiettivo di ridurre costi indiretti e rafforzare la coesione sociale.

La sfida dell’attuazione
La cornice normativa e finanziaria è ora definita, ma il banco di prova sarà l’attuazione concreta. Le Regioni dovranno tradurre gli indirizzi in servizi accessibili, continui e misurabili, evitando che le differenze territoriali si riproducano anche nella fase esecutiva. La riuscita del Piano dipenderà dalla capacità di rendere strutturali le risorse, monitorare i risultati e mantenere la salute mentale al centro delle politiche pubbliche anche oltre l’orizzonte dell’emergenza.

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