Romania, la sorpresa delle presidenziali: Ciolacu escluso dalla corsa, avanzano Georgescu e Lasconi

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
In un’Europa che si interroga sul suo futuro tra spinte populiste e crisi geopolitiche, arriva dalla Romania una lezione di incertezza e rottura. I risultati quasi definitivi delle elezioni presidenziali, pubblicati stamattina dalla Commissione elettorale, hanno disegnato un quadro che nessuno avrebbe immaginato: Marcel Ciolacu, il premier europeista e leader del Partito Social Democratico, ha clamorosamente mancato l’accesso al secondo turno.

Romania, la sorpresa delle presidenziali: Ciolacu escluso dalla corsa, avanzano Georgescu e Lasconi

Con il 19,16% dei voti, è stato superato da due outsider: Elena Lasconi, sindaco di centro-destra di una piccola città, e Calin Georgescu, candidato filorusso che ha conquistato il primo posto con il 22,94% dei consensi.

La fine del sogno europeista?

Ciolacu era dato per favorito dai sondaggi, forte del suo posizionamento come garante di una Romania solida nel contesto europeo e dell’appoggio delle istituzioni comunitarie. Eppure, la sua caduta racconta una realtà complessa e forse troppo sottovalutata. La Romania, paese chiave nel fianco orientale della NATO, è attraversata da un malessere diffuso: disuguaglianze e una corruzione che sembra radicata nel sistema. L’appoggio europeo, in questo contesto, è parso a molti più un mantra che una soluzione concreta.

Georgescu, il candidato filorusso, ha saputo intercettare questo malessere con un messaggio di rottura. Promettendo una politica “sovranista e identitaria”, sulla scia del neo eletto Trump. L’immagine di una Romania che potrebbe trovare forza fuori dall’orbita occidentale è tanto pericolosa quanto potente, specie in un momento di tensioni tra l’Occidente e la Russia.

Elena Lasconi, la sfida del pragmatismo

Ma il vero miracolo elettorale porta il nome di Elena Lasconi. Ex giornalista, ora sindaco di Câmpulung, una cittadina di provincia, ha costruito il suo consenso su una politica di prossimità, pragmatica e lontana dagli slogan ideologici. Con il 19,18% dei voti, ha superato Ciolacu di un soffio, dimostrando che la politica locale può ancora sfidare le élite nazionali.

“Ho voluto ascoltare le persone, non imporre soluzioni preconfezionate”, ha dichiarato Lasconi dopo i primi risultati. È un messaggio che sembra risuonare in un’Europa dove la fiducia nella politica tradizionale vacilla.

Uno scontro dal significato geopolitico

Il secondo turno vedrà contrapposti due modelli opposti: da un lato, Georgescu e la sua narrativa filorussa, che rappresenta un rischio concreto per l’equilibrio geopolitico della regione. Dall’altro, Lasconi, che potrebbe incarnare una Romania diversa, capace di rimanere salda nei valori europei senza ignorare le ferite del proprio popolo.

Per l’Unione Europea, il voto romeno diventa un campanello d’allarme. Il sostegno a Ciolacu, pur forte, non è bastato a convincere un paese in cerca di risposte immediate. Il rischio è che, nel vuoto lasciato dalle politiche tradizionali, si infilino modelli autoritari o populisti.

Una lezione per l’Europa

Mentre si attende il secondo turno, la Romania si conferma uno specchio delle tensioni che attraversano il continente. Dietro ai numeri, c’è una domanda che riguarda tutti noi: quanto è profonda la crisi di rappresentanza in Europa? E cosa succede quando le promesse europeiste non trovano terreno fertile nelle vite reali delle persone?

La risposta arriverà presto dalle urne romene, ma intanto l’Europa farebbe bene a prepararsi. Perché ciò che accade oggi a Bucarest potrebbe ripetersi domani a Berlino, Madrid o Parigi.
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