Repubblica, fine dell’era Molinari

- di: Barbara Leone
 
Dopo due anni segnati da polemiche interne e tensioni con la redazione, Maurizio Molinari passa il timone di Repubblica a Mario Orfeo. “I direttori passano, ma i giornali restano”: è con queste parole che inizia l’editoriale di commiato dell’ormai ex direttore del quotidiano, che oggi ha salutato i lettori  ricordando che Repubblica continuerà a garantire “contenuti di qualità” su tutte le piattaforme, in un mondo in continua evoluzione. Molinari ha poi sottolineato il ruolo del quotidiano come “laboratorio dei diritti” e “roccaforte della democrazia”, impegnato nella difesa contro il populismo e le autocrazie. Riflessioni che, evidentemente, non hanno avuto un impatto unanime, soprattutto in una redazione con cui i rapporti si erano progressivamente deteriorati.

Repubblica, fine dell’era Molinari

I due anni di direzione Molinari sono stati infatti segnati da una serie di contrasti con quasi tutti i giornalisti. Tra i momenti più critici, lo sciopero clamoroso legato all’evento tech voluto da John Elkann, una mossa che molti ritengono sia stata determinante per la sua rimozione dalla direzione. Ma anche il conflitto con Raffaele Oriani, dimessosi per protestare contro le presunte posizioni filo-israeliane del quotidiano durante la crisi di Gaza, ha contribuito a creare un clima di forte tensione all’interno della redazione. Molinari ha poi dovuto affrontare un altro episodio spinoso: il mancato spazio a un’intervista al rapper Ghali, noto per le sue posizioni filo-palestinesi, che ha suscitato diverse critiche. Ma forse il momento più emblematico della rottura con la redazione è stato quando il direttore ha scelto di non pubblicare una nota interna in cui i giornalisti prendevano le distanze da un controverso articolo di Alain Elkann, aggiungendo benzina sul fuoco delle polemiche. La situazione ha toccato il culmine ad aprile, quando la redazione ha sfiduciato Molinari con un voto schiacciante, dopo la decisione di mandare al macero le copie di Affari & Finanza a causa di un articolo non gradito all’editore Gedi sui rapporti tra Italia e Francia. Episodio, quest’ultimo, che ha messo in luce le profonde divergenze tra il direttore e la redazione, culminate infine nello sciopero della scorsa settimana coi giornalisti che hanno accusato il loro direttore di non aver impedito “ingerenze gravi” nell’attività giornalistica da parte dell’editore e di altre influenze esterne.

Nell’editoriale finale, Molinari ha ribadito l’importanza di un giornalismo capace di promuovere i diritti e proteggere la democrazia. Ha evidenziato come i diritti stessi riflettano i cambiamenti della società, un concetto centrale per il lavoro di Repubblica, che secondo Molinari deve descrivere e rappresentare queste evoluzioni. Il direttore uscente ha citato temi cruciali, dai femminicidi alle istanze LGBT, dai diritti dei migranti a quelli delle famiglie omogenitoriali, senza dimenticare la lotta contro il cambiamento climatico e la protezione dalle fake news. E criticando  aspramente il populismo e le autocrazie, accusati di voler minare la democrazia e centralizzare il potere, delegittimando le istituzioni democratiche. Con il passaggio della direzione a Mario Orfeo, Repubblica si appresta ora ad affrontare una nuova fase, cercando di superare le divisioni interne e le difficoltà degli ultimi anni. Resta da vedere come Orfeo intenda rispondere alle sfide attuali, dal rinnovamento editoriale alla gestione delle tensioni con la redazione. Intanto, l'addio di Molinari resta un momento emblematico di una fase storica complessa per uno dei principali quotidiani italiani, amato e odiato, ma che di sicuro continua a essere al centro del dibattito pubblico e politico del Paese.

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