Nel Regno Unito peggiorate le condizioni di vita delle persone svantaggiate rispetto a 15 anni fa

- di: David Lewis
 
Le persone più svantaggiate che vivono nel Regno Unito stanno peggio di quanto lo erano quindici anni fa, esistendo, secondo un rapporto di un ente non governativo, un ''divario enorme tra coloro che riescono a farcela e coloro che sono rimasti in fondo alla situazione''. E' una delle conclusioni sulla disuguaglianza in una delle economie più ricche del mondo alla quale è arrivato il Center for Social Justice, un think tank indipendente molto ascoltato nel Regno Unito. Il CSJ ha infatti contribuito in modo determinante alla riforma del sistema di welfare britannico e all’introduzione del credito universale, un pagamento governativo mensile per le persone a basso reddito.

Nel Regno Unito peggiorate le condizioni di vita delle persone svantaggiate rispetto a 15 anni fa

Il rapporto, che si articola in 300 pagine, conferma come la stagnazione economica del Regno Unito abbia reso molto più difficile affrontare la povertà, con una prolungata crisi del costo della vita che esacerba le difficoltà vissute dai meno abbienti della società. Una vasta fascia della popolazione, infatti, vive la attuale situazione del Paese come punitiva per le classi sociali più fragili, colpite da una inflazione che solo di recente ha cominciato a vedere rallentata la sua corsa.

''Abbiamo scoperto una nazione divisa in due - ha detto lunedì Sophia Worringer, vicedirettrice politica del Centro per la giustizia sociale, presentando il rapporto -. La maggior parte delle persone riesce a cavarsela. Poi c’è questa coorte di soggetti le cui vite sono segnate dalla disgregazione familiare, dalla cattiva salute fisica e mentale; che vivono in comunità dominate dalla criminalità e incontrano molteplici ostacoli al lavoro''.
Secondo il think tank britannico, il Regno Unito rischia di ''ricadere nelle due nazioni dell’era vittoriana, segnate da un divario sempre più ampio tra la società tradizionale e una 'sottoclasse' colpita dalla povertà”.
Il riferimento è all'epoca vittoriana (che coprì la seconda metà del XIX secolo) che si dimostrò un periodo di estrema disuguaglianza sociale. La classe operaia si trovava ad affrontare condizioni di vita brutali (c'era una enorme difficoltà ad accedere all’acqua pulita, al cibo e ai servizi igienico-sanitari), e con pochissime opportunità di migliorare la quotidianità.

Il rapporto rileva che la povertà si sta ''radicando'' in modo simile anche nella Gran Bretagna moderna. Ma, paradossalmente, con la mancanza di denaro è ritenuta solo uno dei molti fattori di svantaggio, cui si aggiungono la disgregazione familiare, la dipendenza, la disoccupazione, i gravi debiti personali e il fallimento scolastico.
Lo studio si basa su un sondaggio condotto su 6.000 persone (più della metà delle quali provenienti dalle comunità più povere), con i ricercatori che hanno inoltre intervistato più di 350 piccoli enti di beneficenza, imprese sociali ed esperti, viaggiando in tutto il Paese.
In una situazione generale di incertezza economica, anche a causa dei salari settimanali rimasti stagnanti dalla crisi finanziaria del 2008, e adeguati all’inflazione, il rapporto ha scoperto che, a settembre, il 38% delle persone che richiedono il credito universale lavoravano, il che significa che i loro guadagni non sono sufficienti per sopravvivere.

Cioè, lo stipendio non riesce a coprire le esigenze minime, costringendo i salariati a cercare di accedere all'aiuto pubblico.
Una situazione esacerbata dalla pandemia, che, con i lockdown, ha acuito i principali fattori di povertà, causando un ''effetto catastrofico sul tessuto sociale della nazione''.
Come confermato dal fatto che, durante i confinamenti dei britannici decisi per contenere la pandemia, le chiamate alle linee di assistenza per gli abusi domestici sono aumentate del 700%; i problemi di salute mentale tra i giovani si sono numericamente estesi; le assenze scolastiche gravi sono aumentate del 134%. Per il CSJ, se queste tendenze proseguiranno, più di un quarto dei bambini di età compresa tra i cinque e i 15 anni avrà un disturbo di salute mentale entro il 2030.
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