Regno Unito: da domani il futuro del Paese sarà nelle mani dei laburisti

- di: Redazione
 
Oggi i britannici decidono il loro futuro politico e, se i sondaggi degli ultimi mesi hanno un senso, tutto lascia pensare che sia già scritto che, al numero 10 di Downing Street, ci sarà un cambio di inquilino, con Rishi Sunak che lascerà il posto a Keir Starmer.
Quello che tutto lascia pensare sarà l'ultimo giorno del lungo periodo di guida conservatore del governo viene vissuto dai britannici come la fine di una lunga attesa, prima che venga ufficializzato il trionfo del partito laburista. Il quale raccoglierà una eredità controversa e pesante, visti i danni che i conservatori hanno fatto, anche o forse soprattutto a se stessi. Perché, anche in un periodo reso politicamente solido dal sistema elettorale britannico, che dà a chi consegue la maggioranza certezze certo ben superiori alle difficoltà di governo, i conservatori, negli ultimi quattordici anni, hanno espresso ben cinque primi ministri. Un numero spropositato rispetto alle maggioranze su cui contavano.

Regno Unito: da domani il futuro del Paese sarà nelle mani dei laburisti

Ma oggi, come si dice, il danno è fatto e, per paradossale che possa apparire, lo conferma anche la circostanza che solo nelle ultime ore l'ex primo ministro Boris Johnson sia sceso in campo per dare mano a Sunak, con un discorso che, partendo dal verdetto dei sondaggi, ha avuto come punto centrale un appello ai britannici a non farsi travolgere dal sentimento del momento (ostile ai conservatori) e a pensare con lucidità al futuro: ''Penso e spero che il popolo britannico dimostri più buonsenso giovedì e si tiri indietro dall'orlo del baratro". Una frase ad effetto che, però, per il modo e il momento in cui è stata pronunciata è sembrata un annuncio di sventura, piuttosto che una mano tesa all'amico-rivale Sunak.

Perché l'appello di Bo-Jo ha avuto la sembianza di una presa d'atto della crisi e non invece, come forse sperava Rishi Sunak, un tentativo di convincere gli incerti, che mai come questa volta sono in numero risicato, ma che potrebbero essere determinanti in alcuni collegi in bilico. Ma tra i conservatori è evidente la rassegnazione.
Il simbolo degli ultimi anni di potere conservatore è stato il brevissimo periodo (44 giorni appena) da primo ministro di Liz Truss , il cui nome, ancora oggi, fa tremare il mercato, dopo l'improvvida sortita su piani e progetti, che avevano il solo, piccolo problema, che avrebbero stravolto la finanza britannica, privandola delle necessarie certezze.
Oggi, a seggi aperti nelle 650 circoscrizioni, i giochi sembrano fatti e l'attesa è concentrata su quando, nella serata, sarà reso noto il primo exit poll che, nella certezza del risultato, dovrebbe dare la misura del trionfo laburista almeno nei distretti chiave.

L'evidenza è che i conservatori, negli ultimi anni, non sono riusciti a collegarsi con la realtà, alimentando un'autoreferenzialità che non poggiava sul nulla. I sondaggi, da due anni, li danno per sconfitti. Ma sino all'ultimo hanno sperato che la forbice tra loro e i laburisti si sarebbe ristretta fino a chiudersi.

A fare presa sull'elettorato sono stati gli insuccessi dei conservatori, molto più che il programma del leader laburista, Keir Starmer, che non ha nulla di rivoluzionario, promettendo di correggere e non stravolgere. Quindi: riduzione dei tempi di attesa delle visite mediche del Servizio sanitario; l'introduzione di un'economia più verde; il miglioramento degli accordi commerciali del Regno Unito con l'Unione Europea dopo la Brexit.
Poche cose di buonsenso, ma nulla di più.
Gli analisti dicono che la vittoria annunciata di Starmer sembra essere la conseguenza della rabbia della gente dopo gli anni di Johnson e Truss pieni di scandali, piuttosto che dell'entusiasmo per le proposte politiche.
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