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Cresciuto il reddito delle famiglie, ma l’inflazione lo ha eroso: perdita di potere d’acquisto in tutta Italia

- di: Marta Giannoni
 
Cresciuto il reddito delle famiglie, ma l’inflazione lo ha eroso: perdita di potere d’acquisto in tutta Italia

Tra il 2021 e il 2023 il reddito delle famiglie italiane è aumentato in tutte le province, con una crescita media dell’11,3%. Tuttavia, questa crescita non è stata sufficiente a compensare l’aumento dei prezzi: l’inflazione, infatti, ha raggiunto il 14,2% nello stesso periodo, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie e portando a una perdita di reddito disponibile reale.

I dati, pubblicati dal Centro Studi Guglielmo Tagliacarne e da Unioncamere, rivelano un quadro preoccupante: nonostante i miglioramenti nominali, le famiglie italiane sono diventate più povere.

Inflazione più forte della crescita: il reddito reale scende
Il rapporto evidenzia un paradosso: mentre i redditi nominali delle famiglie sono aumentati, l’inflazione galoppante ha fatto sì che il potere d’acquisto si riducesse. In altre parole, le famiglie italiane hanno più soldi in tasca, ma possono comprare meno beni e servizi rispetto a tre anni fa. Questo è particolarmente evidente al sud, dove i salari, pur crescendo più velocemente che nel resto del Paese, rimangono inferiori alla media nazionale e faticano a tenere il passo con l’aumento dei prezzi.
La situazione è critica: sebbene i salari siano cresciuti dell’11,8% a livello nazionale, l’inflazione ha superato questa crescita, portando a una perdita reale del 2,4% del reddito disponibile. Questo significa che, nonostante gli aumenti nominali, le famiglie italiane sono effettivamente più povere rispetto al 2021.

Il Nord cresce di più e il Sud soffre di più
Le regioni del nord Italia hanno registrato la crescita più robusta, con province come Sondrio, Belluno e Imperia in testa. Sondrio, in particolare, ha visto un aumento del reddito familiare del 17%, il più alto del Paese. Tuttavia, anche qui l’inflazione ha eroso gran parte di questi guadagni, riducendo il potere d’acquisto delle famiglie.
Al sud, la situazione è ancora più critica. Sebbene i salari siano cresciuti del 12,5%, rispetto alla media nazionale dell’11,8%, il divario con il nord rimane ampio. Inoltre, il costo della vita è aumentato più rapidamente, aggravando le difficoltà delle famiglie. Province come Foggia, che chiude la classifica con un reddito pro capite di appena 14.554 euro, sono le più colpite.

Milano resta al top, ma il potere d’acquisto cala

Milano rimane la città più ricca d’Italia, con un reddito pro capite di 34.885 euro, quasi due volte e mezzo superiore a quello di Foggia. Tuttavia, anche qui l’inflazione ha fatto sentire i suoi effetti: nonostante l’aumento nominale del reddito, i milanesi hanno visto ridursi il proprio potere d’acquisto. Lo stesso vale per altre città del nord, come Bolzano e Monza, che completano il podio delle province più ricche.

I trasferimenti pubblici non bastano
Il rapporto sottolinea il ruolo dei trasferimenti pubblici nel sostenere il reddito delle famiglie, soprattutto al sud. Nel Mezzogiorno, i trasferimenti rappresentano il 40% del reddito familiare, rispetto alla media nazionale del 35%. Tuttavia, nonostante questo sostegno, i salari nel sud rimangono inferiori del 15% rispetto alla media nazionale, e l’inflazione ha ulteriormente aggravato le disuguaglianze.

Aumentano i salari, ma non abbastanza

Uno dei motori della crescita del reddito è stato l’aumento dei salari, in particolare nel sud. Province come L’Aquila, Teramo e Sondrio hanno registrato aumenti salariali significativi, rispettivamente del 18,5%, 18,1% e 17,9%. Tuttavia, questi incrementi non sono stati sufficienti a compensare l’aumento dei prezzi, lasciando molte famiglie con un reddito reale inferiore rispetto al 2021.

La sfida: più equità e meno inflazione
Mentre l’Italia guarda al futuro, la sfida principale sarà quella di garantire una crescita più equa e di contrastare l’inflazione. Le regioni del nord continuano a prosperare, ma il centro e il sud rischiano di rimanere indietro. I decisori politici dovranno concentrarsi su politiche che non solo aumentino il reddito nominale, ma proteggano anche il potere d’acquisto delle famiglie.

Secondo Gaetano Fausto Esposito (foto), direttore generale del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, la crescita del reddito nominale è un segnale positivo, ma non basta. Dobbiamo affrontare le cause strutturali dell’inflazione e garantire che i benefici della ripresa economica siano distribuiti in modo più equo.”

Una ripresa a due velocità

La ripresa economica dell’Italia è in corso, ma è una ripresa a due velocità. Mentre il nord avanza, il centro e il sud faticano a tenere il passo. E mentre i redditi nominali crescono, l’inflazione erode il potere d’acquisto delle famiglie, lasciandole più povere rispetto al 2021. La strada verso un futuro più equo e prospero è ancora lunga, e richiederà interventi mirati per ridurre le disuguaglianze e proteggere il reddito reale delle famiglie.
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Punti chiave:
Crescita del reddito nominale: +11,3% tra il 2021 e il 2023.
Inflazione: +14,2% nello stesso periodo, con una perdita reale del 2,4% del reddito disponibile.
Nord Italia in testa alla crescita, ma anche qui l’inflazione erode i guadagni.
Sud Italia in difficoltà: salari più bassi e inflazione più alta aggravano le disuguaglianze.
Milano resta la città più ricca, ma il potere d’acquisto cala.
Dati salienti:
Crescita media del reddito nazionale: 11,3%
Inflazione: 14,2%
Perdita reale del reddito disponibile: 2,4%
Reddito pro capite più alto: Milano (34.885 euro)
Reddito pro capite più basso: Foggia (14.554 euro)

Famiglie più povere rispetto al 2021 

La crescita del reddito delle famiglie italiane è un’illusione se non si tiene conto dell’inflazione. Le famiglie sono più povere rispetto al 2021, e il divario tra nord e sud si allarga. Per un futuro più equo, servono politiche che proteggano il potere d’acquisto e riducano le disuguaglianze.


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