Quirinale: non facciamone una questione di genere

- di: Redazione
 
La sortita di Giuseppe Conte, per perorare la causa di una donna al Quirinale (contro cui, peraltro, nessuno s'è mai manifestato), pone un problema che non è solo politico, perché tocca un nervo perennemente scoperto nella nostra società, dove il famoso tetto di cristallo è ancora lontano dal potere essere toccato o meglio ancora mandato in frantumi. La proposta del leader dei Cinque Stelle, affidata per il momento solo ai media, sarà ufficializzata dopo le festività di fine anno, e forse sarà fuori tempo massimo perché una soluzione di questo tipo necessita di tempi lunghi, perché non si tratta di decidere ''solo'' che il prossimo presidente sia una donna, quanto di scegliere la personalità su cui fare cadere una scelta che deve essere fatta prima possibile.

Quirinale: non facciamone una questione di genere

Di nomi ne circolano da tempo, ben prima che Conte - forse cercando di giocare d'anticipo rispetto alle altre forze politiche - dicesse la sua. Alcuni di questi nomi ricorrono continuamente, altri sembrano solo dei tentativi di mettere delle zeppe nei nemmeno oleati meccanismi della politica.
In ogni caso la proposta merita attenzione, non tanto per il suo obiettivo (superare l'apparente stallo attuale tra gli schieramenti e dentro i singoli partiti), quanto perché riguarda il sempre delicato rapporto tra le Istituzioni e le donne, spesso viste come comprimarie, anche se chiamate a ricoprire ruoli di assoluta importanza (come la presidenza delle Camere).

Il problema, quindi, non è quello di scegliere una donna, ma di fare di questo - ovvero della scelta aprioristica e dettata dal genere - una questione quasi automatica, quasi che il valore della destinataria sia secondario rispetto al suo appartenere al mondo femminile, che diventa quasi una discriminante. Un ragionamento la cui portata, per essere appieno capita, impone una estremizzazione del ragionamento.
Perché, posto che su una donna - sebbene caratterizzata dal più alto e riconosciuto apporto valoriale - è difficile trovare una unanimità visti i giochetti della politica, tutte le altre scelte obbligate sarebbero di secondo piano, facendo cadere il presupposto che al Quirinale si va per meriti e non perché frutto di uno scorrimento della ''graduatoria''.

Se e quando una donna salirà al Quirinale, quindi, dovrà essere conseguenza delle sue doti civiche e morali, non certo perché è ''solo'', appunto, donna. Non amando le distinzioni di genere sul lavoro, lo siamo vieppiù in politica, dove spesso si esaltano o marginalizzano ruoli e competenze a seconda se l'interlocutore è uomo o donna.
Ben venga, quindi, una donna-presidente, se lo diverrà solo perché è la scelta migliore e non perché, per agghindarsi di proposte pseudo-rivoluzionarie, qualcuno lo ha proposto al di là delle capacità e della statura morale, necessarie per incarnare l'unità della Repubblica e per essere il garante della Costituzione, cui troppo spesso si attenta dimenticando che da essa promana l'orgoglio di appartenere ad una comunità nazionale.
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