"Putin è un assassino": Biden gira pagina nei rapporti con la Russia

- di: Diego Minuti
 
Alla fine Sleepy Joe si è svegliato e, agli occhi di tutto il mondo, non solo degli americani, lo ha fatto col botto quando ha annuito alla domanda di un giornalista dell'Abc, George Stephanopoulos, che gli chiedeva se ritenesse Vladimir Putin un assassino.
Così Joe Biden, il mite, ha tirato fuori gli artigli, a modo suo, non alzando la voce, ma facendo sentire per intero la sua rabbia contro l'inquilino del Cremlino che, sin da quando è stato chiamato a guidare la Russia, ha mostrato una aggressività di cui, negli anni, hanno fatto le spese in molti: ex amici, oppositori, avversari, Paesi.
I rapporti con Mosca non sono cambiati di molto, da quando a governare era il Partito comunista ad oggi, dove a farla da padrone è sempre un uomo, che non è più il segretario del partito, ma un presidente eletto democraticamente (su questo non tutti concordano).

Nell'eterno confronto Ovest-Est, tra Washington e Mosca lo stato delle relazioni è stato altalenante, con tendenza alla tensione e ogni occasione è stata buona per scontrarsi. Ma mai, a nostra memoria, si era giunti al punto di accusare non un Paese, ma il suo massimo rappresentante d'essere un assassino, personalizzando lo scontro. Da questo punto di vista, Putin "paga" la sua estrazione, il peccato originale d'essere cresciuto in seno al Kgb, di essersi formato alla scuola di chi aveva un nemico, ed uno solo, da colpire in ogni luogo nel mondo per fargli sentire più dolore.
I servizi segreti russi, al di là che abbiano cambiato definizione, da Kgb a Fsb, non hanno mutato pelle o anima e da essi Putin ha tratto la sua forza, da agente prima da ispiratore poi. Ma non è del ruolo di Putin che si deve parlare oggi, ma delle parole di Joe Biden che hanno sorpreso per la durezza, anche se tutti sapevano che, con la sua elezione alla Casa Bianca, le "gentilezze" filo-russe dell'era Trump sarebbero state spazzate.

Come tutti i presidenti americani avrebbero fatto, ad eccezione del suo predecessore sin troppo in sintonia con il Cremlino, Biden ha rimesso le cose in chiaro, dicendo ad alta voce che non saranno più accettate interferenze russe nella vita degli Stati Uniti. Come invece è stato sino a pochi mesi fa, in occasione delle presidenziali americane, all'esito delle quali Mosca sperava in una conferma di Trump. Interferenze che erano state confermate dall'intelligence americana a Biden, poche ore prima dell'intervista.
Una posizione forse comprensibile assunta dal presidente americano che però ha sorpreso per le parole, sia pure suggeritegli da Stephanopoulos, perché la definizione di "assassino" incollata su Putin era forse pensata, sussurrata, ma mai ancora sino ad oggi pronunciata in modo così netto, quasi fosse una sentenza.

La sortita di Biden significa molte cose, a cominciare dal fatto che è stato imposto lo stop alla politica dello sganciamento militare dagli scenari più caldi dello scacchiere internazionale perseguita da Donald Trump. Il concetto di "riportare i nostri ragazzi a casa", cioè di fare tornare in patria le truppe americane oggi dispiegate nelle zone più calde del pianeta, ha avuto di sicuro un effetto rassicurante ad uso domestico, ma contestualmente ha significato che, come l'acqua, l'influenza russa si è espansa laddove non c'era più quella statunitense.
Quindi, da oggi, è lecito pensare che l'America tornerà ad impegnarsi all'estero, forse non con lo stesso impiego di uomini in termini numerici, ma di certo con un accentuato ricorso ad altre forme di "guerra", a partire da quella tecnologica, dove gli Stati Uniti sono ancora in una posizione di leader.

La sempre più ingombrante presenza russa in scenari (anche a noi molti vicini) un tempo ad essa negati ha lentamente, ma non irreversibilmente, mutato quel gioco di equilibri instaurato faticosamente dopo la seconda guerra mondiale, che non sempre ha retto, ma che ha garantito un livello solo verbale dello scontro tra Washington e Mosca.
La sortita di Biden rischia comunque di complicare il ruolo dei "pontieri" che, quotidianamente, cercano di evitare che i rapporti tra Europa e Russia non si interrompano traumaticamente. L'etichetta di "assassino" incollata da Biden su Putin certo rende la situazione molto complessa e forse Bruxelles dovrebbe manifestarsi con una dichiarazione o qualcosa che gli si avvicini, per chiarire se la pensa come il presidente americano o no.
In ogni caso l'Europa non può restare, come sempre, semplice testimone e mai protagonista.
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