Con gli interventi di questa mattina a Villa Lubin si è chiusa la due giorni dedicata al IV incontro internazionale del progetto Erasmus delle Società Civili Organizzate (SCO), sul tema “Sviluppo strategico rurale: dal rischio di spopolamento delle campagne gravi ricadute per le aree rurali e periferiche dell’UE”. L’incontro rientra nel quadro del partenariato tra i Consigli Economico Sociali (CES) di Spagna, Francia, Bulgaria, Grecia, Malta, Irlanda, Italia, Portogallo, Romania oltre al Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE). Dopo i lavori di ieri, aperti dal presidente Brunetta e a cui ha partecipato anche il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, la sessione odierna si è concentrata su “Il ruolo centrale dell’agroalimentare per lo sviluppo delle aree rurali e periferiche. Tra cibo e multifunzionalità”. A chiudere la due giorni è stato il Direttore Generale aggiunto della FAO Maurizio Martina, intervenuto in videocollegamento.
Progetto Erasmus SCO su sviluppo rurale, Martina (FAO): "Quadro infrastrutturale per connettività delle aree marginali"
“Ringrazio di cuore il CNEL, il presidente Brunetta e tutti i presenti – ha affermato Martina – per queste due giornate di confronto e di approfondimento. Stiamo vivendo una fase di profondo mutamento. Basti pensare al rapporto in termini demografici tra aree rurali e aree urbane. Conosciamo le traiettorie a livello globale: nelle grandi metropoli confluiranno quasi 2 miliardi di persone da qui al 2030, ponendo soprattutto nei paesi in via di sviluppo dei rilevanti problemi di sostenibilità. Vie è poi il gigantesco tema delle prospettive future delle aree rurali, che in Italia conosciamo molto bene, in termini di spopolamento e di indebolimento complessivo. Penso in particolare alle zone montane, che è un dettaglio rilevantissimo della questione rurale. In generale, occorre dare competitività e attrattività alle attività che si svolgono su questi territori. L’intervento pubblico diventa quindi essenziale. Ma la politica agricola comune non basta. Serve un quadro infrastrutturale, in particolar modo per garantire la connettività e quindi reti fisiche e digitali adeguate. È una precondizione fondamentale per lo sviluppo rurale”.
La sessione di oggi si è aperta con gli interventi introduttivi dei due consiglieri CNEL Alessandro Rosina e Tulio Marcelli. “In Europa - ha sottolineato Rosina - 4 europei su 10 vivono in città, il 25% in aree rurali e il resto in aree intermedie. Ma il 75% del territorio europeo è costituito da aree rurali, dove gli impatti delle grandi trasformazioni sono più significativi e vi sono fenomeni di maggior declino e di progressivo invecchiamento della popolazione. L’elemento centrale è proprio la fuoriuscita di giovani, a causa della minore attrattività in termini di servizi, di connettività e di opportunità lavorative. Nelle aree rurali prevale la popolazione over 55. È quindi essenziale mettere in atto politiche adeguate a rendere più attrattive le aree rurali”.
“Nel 42% del nostro territorio – ha affermato il consigliere CNEL Tulio Marcelli – c’è un’attività agricola che alimenta e sostiene le comunità locali. Senza quelle attività il territorio si degrada sia dal punto di vista sociale che ambientale. In 25 anni abbiamo perso un quarto della superficie coltivata e questo è un danno enorme, perché l’agricoltura garantisce il presidio dei territori in termini di occupazione, di reddito, di coesione sociale, di preservazione della biodiversità e anche in quanto l’azienda agricola svolge spesso una funzione sociale che il pubblico non riesce ad assicurare. La presenza di un’azienda agricola sul territorio previene lo spopolamento e contrasta il cambiamento climatico e il dissesto idrologico. Questo presidio è un bene per la collettività e deve quindi avere un adeguato riconoscimento sociale e culturale. Le risorse per il settore agricolo devono essere viste come risorse che vanno a vantaggio dell’interesse generale”.
Javier Albar, consigliere dell’Ambasciata di Spagna in Italia per il lavoro, l’immigrazione e la previdenza sociale, ha invece ringraziato il CNEL “per il programma e per l'alto livello del dibattito. Siamo chiamati ad affrontare il cosiddetto 'inverno demografico'. Il Ces di Spagna ritiene che la tutela delle aree rurali sia essenziale per una serie di rilevanti motivi: la rilevanza geografica; la presenza di un patrimonio ambientale e storico molto ricco; lo sviluppo del settore agroalimentare. Questi elementi richiedono un impegno molto rilevante. Le aree rurali meritano più attenzione anche in termini di bilancio UE”.
Mentre Ricard Bellera, membro del Ces di Spagna ha sottolineato l’importanza di “condividere un programma comune in materia di aree rurali. È sempre più necessario in questo settore acquisire personale qualificato ed è quindi essenziale investire strategicamente sulle qualifiche professionali dei lavoratori agricoli. Dobbiamo anche rivedere il nostro approccio all’agricoltura, un settore produttivo che può svolgere un ruolo fondamentale nel gestire le grandi transizioni del nostro tempo”.
“In Francia l’agricoltura – ha spiegato Nathalie Van Den Broeck, del CESE di Francia, Commissione per gli Affari Europei e Internazionali, Gruppo Ambiente e Natura – è il primo settore industriale per impiego e per fatturato. È un settore fondamentale per la funzionalità delle zone rurali. I cambiamenti ambientali incidono molto sull’agricoltura. Le sfide sono numerose e impegnative, anche per mantenere margini di guadagno in un settore molto competitivo, rispondere alle esigenze di qualità dei consumatori, garantire sostenibilità e trasparenza, accompagnare i processi di modernizzazione e acquisire capitale umano opportunamente qualificato. Per questo il settore deve essere sostenuto con convinzione, per essere sempre più resiliente”.
Del resto, come sottolineato dalla consigliera del CNEL Annalisa Guidotti “Noi viviamo un’epoca in cui il mercato del lavoro si sta evolvendo in maniera importante e accelerata. Ad esempio, i lavoratori chiedono più equilibrio tra vita privata e professionale e la contrattazione collettiva deve tenere conto di questa esigenza. Anche il settore agricolo sta vivendo l’impatto delle grandi trasformazioni e sta provando a gestirlo nel modo migliore, soprattutto per quel che riguarda gli effetti sull’occupazione. L'agricoltura sta gestendo bene i processi di innovazione digitale, utilizzando tecniche di produzione avanzate. È però necessario fare di più: serve una risposta europea più forte”.
“In Portogallo l'agricoltura 'familiare' rappresenta un settore di grande rilievo – ha poi evidenziato Miguel Torres, membro del Ces di Portogallo -. Tuttavia, non basta per mantenere vive le comunità rurali, che sono sempre meno attrattive. Per tale motivo riteniamo sia necessaria un’azione strategica europea, che sappia unire sviluppo economico e implementazione dei servizi. Non basta la PAC. Serve una Europa più unita e più proattiva, che investa su formazione, rigenerazione urbana, servizi e il miglioramento delle condizioni lavorative”.
Per il consigliere CNEL Gianni Di Cesare “Serve un’Europa coesa e serve un bilancio centrato sulla coesione sociale. dobbiamo porre la dovuta attenzione, in particolare, a quella parte del Trattato europeo dedicata alle zone europee marginali e periferiche, ognuna con le sue particolarità. Dobbiamo raggiungere gli obiettivi fissati, gli obiettivi demografici ma anche quelli occupazionali e quelli per lo sviluppo sostenibile. Noi come CNEL abbiamo posto molta attenzione a questi temi. Il CNEL e il CESE devono ora monitorare che le risorse vengono spese bene sui territori, in maniera attiva e con la necessaria partecipazione dal basso, per sostenere gli obiettivi di policy della programmazione europea”.
E’ stata poi la volta di Apostolos Xirafis, segretario generale del Ces della Grecia, che ha sottolineato: “Il Ces greco ha prodotto negli anni diversi pareri sulla crisi climatica e sulle problematiche delle zone rurali. Ma le difficoltà sono molteplici e diversificate. Voglio fare un esempio concreto: a Santorini abbiamo bisogno di manodopera per la produzione del vino. Le aziende per soddisfare questa esigenza assumono lavoratori a basso costo, prevalentemente immigrati, che il più delle volte ricevono salari bassi e non hanno diritti. Ecco, noi come Ces abbiamo il dovere di analizzare l’economia reale e contribuire a risolvere i problemi effettivi che si manifestano sui territori. Dobbiamo comunque considerare che il Ces ha purtroppo soltanto una funzione consultiva, esprimendo raccomandazioni e pareri”.
“Per ogni contesto – ha affermato il consigliere CNEL Mario Braga – servono le giuste analisi, per poi arrivare a una politica partecipata, con tutti i soggetti attivi sul territorio. Le aree interne mostrano tante contraddizioni. La desertificazione delle aree interne rende il respiro economico di questi territori affannoso. Ma vi sono poi altri fenomeni. Stiamo vivendo un tempo straordinario di cambiamenti climatici inusuali. Viviamo in un’era di esodi imponenti. Le analisi in buona parte le abbiamo, ma dobbiamo contestualizzare i dati per capire le concause dell’abbandono e dello spopolamento. Punto ineludibile è la scuola, l’istruzione, la formazione. Non è più tollerabile il fallimento del sistema educativo”.
Appoggio pieno alla nuova PAC, infine, da Jeronima Bonafè Ramis, membro del Ces di Spagna e rappresentante della Confederazione spagnola delle imprese dell'Economia sociale (CEPES). “Un provvedimento - ha evidenziato Ramis - che garantisce la presenza di un sistema agricolo sostenibile e che garantisce sussidi al reddito per i lavoratori. In Spagna abbiamo una forte carenza di manodopera ma fortunatamente ci sono molti lavoratori immigrati regolari, che si integrano nel nostro sistema produttivo dopo un periodo di formazione. Parlare di agricoltura significa occuparsi anche di allevamento, di pesca e anche di protezione ambientale. Le proteste dei lavoratori agricoli degli ultimi mesi ci hanno fatto rendere conto del valore di questo settore, un comparto di cui l'Europa non può fare a meno”.