Verso una svolta strategica: il Pentagono e l’addio al sostegno illimitato
Negli ultimi giorni è emerso un cambiamento radicale nella politica del Dipartimento della Difesa statunitense nei confronti dei Paesi Baltici (Estonia, Lettonia, Lituania). Washington ha comunicato agli alleati europei l’intenzione di ridurre o eliminare parte dell’assistenza per la sicurezza diretta a questi Stati, che confinano con la Russia.
Durante un confronto informale con diplomatici europei, un alto funzionario ha ribadito il messaggio con toni netti: “Dipendete meno dagli Stati Uniti”, ha detto un esponente del Pentagono, indicando una priorità rinnovata verso la difesa del territorio nazionale e invitando l’Europa a rafforzare capacità, budget e produzione autonome.
Il baltic security initiative a rischio
Al centro dell’attenzione c’è il Baltic Security Initiative (BSI), cornice con cui gli Usa hanno finanziato addestramento, equipaggiamenti e modernizzazione delle difese nei tre Paesi. I segnali filtrati indicano che i nuovi stanziamenti sarebbero in discussione, con possibili riprogrammazioni o riduzioni. Tallinn, Riga e Vilnius sono già al lavoro per blindare i programmi essenziali e ottenere garanzie politiche sul loro proseguimento.
Le vendite d’armi sospese: il caso patriot e oltre
Un’altra novità pesante è il congelamento di alcune vendite di armi verso l’Europa per via di scorte giudicate insufficienti. Tra i sistemi più citati figura il Patriot, l’ombrello antiaereo che diversi partner europei intendono potenziare. In questo contesto, un episodio ha fatto rumore: la Danimarca era vicina a finalizzare un acquisto, poi sfumato.
Il funzionario politico più alto in grado del Pentagono, Elbridge Colby, ha chiarito la logica di fondo: “Non credo nel valore di alcune vendite in questa fase e non mi piace l’idea di cedere sistemi Patriot quando ne siamo carenti”, ha spiegato, sottolineando la priorità di ricostituire le scorte americane prima di soddisfare nuove richieste estere.
Impatti e dubbi nel fronte europeo
Sicurezza ai confini della NATO: i Paesi Baltici, già esposti alle pressioni russe, leggono la stretta come un campanello d’allarme. Negli ultimi anni hanno aumentato spesa militare e interoperabilità, ma restano legati a forniture, intelligence e deterrenza made in USA.
Coesione dell’Alleanza: un ridimensionamento del supporto statunitense rischia di creare frizioni e di costringere i partner a correre sulla produzione europea di munizionamento e sistemi d’arma. Per Bruxelles, il tema dell’autonomia strategica smette di essere slogan e diventa necessità operativa.
Programmazione e fiducia: notifiche parziali o tardive alimentano incertezza su bilanci e acquisti, complicando pianificazioni già tese per l’industria della difesa.
Motivazioni Usa e scenari futuri
La stretta nasce dall’incrocio di tre fattori: l’agenda “America First”, la carenza di sistemi chiave (Patriot e intercettori) e la spinta a un maggiore burden sharing europeo. Da qui tre scenari probabili:
- Autonomia accelerata: l’Europa spinge su industria e procurement comuni per colmare il vuoto.
- Diplomazia baltica: Estonia, Lettonia e Lituania cercano impegni politici vincolanti sul proseguimento dei programmi cruciali.
- Rischio percezione russa: Mosca potrebbe interpretare i tagli come segnale di debolezza, intensificando provocazioni e test dei limiti.
Perché ora è un momento cruciale
La rimodulazione dell’assistenza non avviene nel vuoto. Prosegue una pressione militare russa a macchia di leopardo—dallo spazio aereo baltico al Baltico stesso—mentre l’Europa è chiamata a trasformare la propria sicurezza da dipendenza a capacità. Se la deterrenza si allenta proprio sul fronte più esposto, il costo del ritardo rischia di essere esponenziale.