Dopo la manovra da 26 miliardi di tasse, il premier prepara la riforma del welfare tra ribellioni interne e accuse di “raid” fiscale.
Il primo ministro britannico Keir Starmer si prepara ad aprire un nuovo fronte politico:
una riforma profonda del sistema di welfare e previdenza, destinata a cambiare il modo in cui
lo Stato sostiene chi è fuori dal mercato del lavoro. Dopo un Budget 2025 che ha introdotto
circa 26 miliardi di sterline di nuove tasse, il governo tenta ora di riscrivere il patto
sociale tra Stato e cittadini, puntando su formazione, occupazione giovanile e taglio di quelle che a Londra
vengono definite “trappole dell’assistenza”.
La posta in gioco è alta: la riforma arriva dopo mesi di tensioni interne al Partito Laburista,
una ribellione sul precedente disegno di legge sul welfare e un’ondata di critiche dell’opposizione conservatrice,
che accusa Starmer e la cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves di aver colpito duramente
i contribuenti per finanziare più spesa sociale.
La svolta dopo la manovra da 26 miliardi
Il recente Budget ha segnato una netta discontinuità rispetto agli anni di austerità e tagli lineari:
il governo laburista ha scelto di aumentare in modo significativo il prelievo fiscale, soprattutto sui redditi più alti,
sui patrimoni e su alcune agevolazioni, promettendo in cambio investimenti nella sanità, nella scuola
e nel sostegno al costo della vita.
Sul fronte della protezione sociale, la manovra ha già previsto un incremento di alcune prestazioni
e l’abolizione di limiti molto contestati, mentre il salario minimo per i giovani lavoratori è destinato a salire.
Ma Starmer, nel discorso atteso a Londra, vuole spingersi oltre, legando la riforma del welfare a un nuovo
“contratto” tra cittadini e Stato.
Nel testo del discorso che circola a Westminster, il premier è pronto a ribadire in modo netto il cuore politico
della sua operazione. “Dobbiamo affrontare la realtà: il nostro stato sociale sta intrappolando le persone,
non solo nella povertà ma anche fuori dal lavoro”, sosterrà Starmer, rivendicando la scelta di concentrare
le risorse su chi può e deve rientrare nel mercato del lavoro.
Cosa prevede la nuova riforma del welfare
Il nuovo pacchetto sulla previdenza e il welfare che il governo intende annunciare ruota attorno a
tre assi principali:
- Riallineare i sussidi per evitare che restare fuori dal lavoro sia economicamente più conveniente che lavorare.
- Rafforzare la formazione professionale, con percorsi obbligatori per chi riceve sostegni e può lavorare.
- Concentrare le risorse sui giovani, il segmento più colpito dall’inattività e dalla precarietà.
Secondo le anticipazioni, il governo intende intervenire in particolare sui sussidi legati alla condizione di salute.
L’obiettivo dichiarato è quello di distinguere meglio tra chi è realmente impossibilitato a lavorare e chi potrebbe
rientrare nel mercato del lavoro con un adeguato supporto, medico e formativo.
Una delle misure più discusse riguarda i giovani sotto i 22 anni con malattie o disabilità di lungo periodo:
le maggiorazioni specifiche collegate alla salute, oggi pagate come integrazione della Universal Credit, verrebbero progressivamente
ritirate per le nuove generazioni, mentre i risparmi così ottenuti sarebbero destinati a incentivi per i datori di lavoro
che assumono giovani a bassa occupabilità.
Giovani, formazione e lavoro: il nuovo patto
Il cuore politico della riforma è il rapporto tra welfare e occupazione giovanile. Starmer punta a trasformare
il sistema di sostegni in una piattaforma di ingresso nel mondo del lavoro, soprattutto per i NEET,
i giovani che non studiano e non lavorano.
Nel suo discorso, il primo ministro insisterà sull’idea di un patto reciproco. “Investiremo negli apprendistati e
faremo in modo che ogni giovane senza lavoro abbia una concreta offerta di formazione o di occupazione, ma dobbiamo anche
riformare lo stato sociale stesso: questo è ciò che chiede il rinnovamento”, dirà Starmer, legando in modo esplicito
sostegni economici, obblighi formativi e opportunità di lavoro.
Il piano prevede una rete di programmi di formazione per i ragazzi dai 16 ai 24 anni, con corsi brevi e mirati,
apprendistati nei settori con carenza di personale e un ruolo più forte dei servizi pubblici per l’impiego.
La logica è chiara: chi riceve un sostegno economico dallo Stato deve essere accompagnato, quasi obbligato,
a intraprendere un percorso di reinserimento lavorativo.
Parallelamente, il governo vuole offrire ai datori di lavoro un sistema di crediti o sgravi legati
all’assunzione di giovani con un passato di inattività. L’idea è di trasferire parte delle risorse oggi spese in
sussidi passivi verso strumenti che facilitino il primo contratto di lavoro.
La rivolta dei laburisti e il compromesso al ribasso
La riforma non nasce nel vuoto. Già nella scorsa estate, una prima versione dei tagli al welfare aveva scatenato
una rivolta senza precedenti nel Partito Laburista. Oltre cento deputati avevano minacciato di votare
contro le misure, giudicate troppo dure verso chi vive di sussidi.
Per evitare una sconfitta in Parlamento, Downing Street era stata costretta a un clamoroso ridimensionamento
del pacchetto: le restrizioni sui sussidi di invalidità e malattia, inizialmente pensate anche per chi già li percepiva,
erano state ristrette ai soli nuovi richiedenti. Nonostante questo, le analisi indipendenti avevano stimato che i cambiamenti
avrebbero comunque spinto circa 150.000 persone in più sotto la soglia di povertà.
Oggi Starmer si presenta davanti al Paese con una versione che il governo descrive come più
“equilibrata” e orientata all’inclusione, ma la frattura interna al Labour non è scomparsa.
L’ala sinistra del partito continua a denunciare il rischio di colpire i più fragili, soprattutto i giovani con
problemi di salute mentale o disabilità non immediatamente visibili, che potrebbero essere spinti a cercare lavoro
senza un adeguato supporto.
L’offensiva dei conservatori: “tasse per pagare i sussidi”
Se a sinistra si teme che la riforma sia troppo punitiva, a destra l’accusa è esattamente opposta.
I conservatori hanno ribattezzato il Budget di Reeves come un “raid fiscale” su lavoratori,
pensionati e piccoli risparmiatori, sostenendo che il governo stia “prendendo soldi da chi lavora per pagare
più sussidi”.
In particolare, viene contestato l’aumento del gettito da imposte sugli immobili di maggior valore,
sulle agevolazioni fiscali legate alle pensioni integrative e su altri strumenti di risparmio, mentre la spesa per
il welfare è destinata a crescere nel medio periodo. Per l’opposizione, il rischio è una spirale in cui tasse più alte
e incentivi distorti frenano l’investimento e la crescita.
Il governo replica che oltre la metà delle famiglie che beneficeranno delle nuove misure ha almeno
un componente che lavora ma non riesce a far fronte al costo della vita. Per Starmer e Reeves, dunque,
le scelte di bilancio sarebbero non solo socialmente giuste, ma anche funzionali a una maggiore partecipazione
al lavoro, soprattutto femminile e giovanile.
Una riforma tra welfare “trappola” e rete di sicurezza
È sulla definizione stessa di welfare che si gioca il confronto politico. Starmer insiste sulla necessità
di spezzare quella che chiama una “povertà di ambizione”, l’idea cioè che lo Stato possa limitarsi a garantire
un reddito minimo a chi non lavora, senza chiedere in cambio un percorso di crescita e di formazione.
I critici ribattono che dietro la retorica delle “trappole dell’assistenza” si nasconde una politica di
restrizione dell’accesso alle tutele, in un contesto in cui il Regno Unito fa già i conti con
un record di inattività per motivi di salute, liste d’attesa nel sistema sanitario e salari reali
erosi dalla crisi del costo della vita.
Per molti analisti, la domanda è se la riforma riuscirà davvero a spostare risorse dai sussidi passivi
agli investimenti sulle competenze oppure se finirà per tradursi in risparmi di breve periodo
e maggiore pressione sui gruppi più vulnerabili. La scelta di concentrare gli interventi sui giovani,
e in particolare sugli under 22 con problemi di salute di lungo periodo, rende il dibattito ancora più delicato.
La scommessa politica di Starmer
Sullo sfondo c’è una scommessa politica personale del premier. A poco più di un anno dalla vittoria elettorale,
il governo laburista è già stato costretto a diverse correzioni di rotta. La riforma del welfare è ora il terreno su cui
Starmer tenta di riaffermare la propria leadership, presentandosi come il leader disposto a prendere decisioni difficili
per “modernizzare” lo Stato sociale.
Se la riforma riuscirà a combinare rigore e inclusione, riducendo la povertà e aumentando l’occupazione
giovanile, potrà diventare il tassello chiave della sua agenda di governo. In caso contrario, il rischio è duplice:
una perdita di consenso nelle aree più povere del Paese e una crescente percezione di incertezza su una strategia economica
che promette crescita, ma chiede ai contribuenti sacrifici immediati.
L’appuntamento di lunedì, con l’annuncio della nuova riforma previdenziale, sarà dunque molto più di un esercizio tecnico:
sarà un test politico decisivo per misurare la tenuta del governo, la capacità del Labour di restare unito
e la reazione di un Paese che, dopo anni di crisi e austerità, guarda con attenzione a ogni cambiamento del proprio patto
sociale con lo Stato.