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Regionali, il Pd si divide tra Giani, Decaro e l’ipotesi Fico

- di: Marta Giannoni
 
Regionali, il Pd si divide tra Giani, Decaro e l’ipotesi Fico
Schlein punta sul campo largo ma inciampa nei veti interni e nei leader locali. Il centrodestra rinvia sul Veneto, Meloni prende tempo. 

Il rompicapo delle candidature: la settimana più delicata per il centrosinistra

La linea della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein è chiara: “nessuna improvvisazione e, dove possibile, campo largo con il Movimento 5 Stelle”. Ma il percorso verso le regionali del 12 e 13 ottobre 2025 è tutt’altro che lineare. Sul tavolo ci sono ancora tre partite complesse: Toscana, Campania e Puglia. Tre regioni strategiche, tre contesti segnati da tensioni, distinguo e leader locali tutt’altro che disposti a farsi da parte.

Giani non molla: “La mia candidatura è sostenuta dal territorio”

In Toscana, la riconferma del governatore uscente Eugenio Giani, pur sostenuta da numerose realtà territoriali, sindaci e anche dalla Cgil, è ancora appesa a un filo politico. Giani non è espressione della corrente di Schlein e, soprattutto, non gode del sostegno del M5s. Ma in Regione il peso dei grillini è marginale. Schlein, però, vuole un segnale nazionale: una Toscana che va al voto senza campo largo rischia di indebolire il messaggio unitario che la leader del Pd sta cercando di costruire.

Nonostante le perplessità di Roma, Giani continua a rilanciare. “Più della metà dei sindaci toscani, e numerose realtà economiche e sociali, spingono per la mia riconferma”, ha dichiarato lo stesso Giani. È il segnale di un consenso dal basso che mal si concilia con i giochi romani. Ma è anche la prova di quanto la sua candidatura sia ormai politicamente difficile da aggirare.

Decaro e la Puglia dei veleni: Emiliano e Vendola non vogliono uscire di scena

Più esplosiva appare la situazione pugliese. Il nome dell’ex sindaco di Bari e oggi eurodeputato Andrea Decaro sembra ormai in pole per la corsa a governatore, ma la battaglia vera si gioca sul piano delle liste per il consiglio regionale. Il governatore uscente Michele Emiliano e l’ex leader di Sinistra Ecologia Libertà Nichi Vendola sarebbero intenzionati a candidarsi. Decaro, però, non li vuole in campo, temendo di restare imbrigliato in vecchie logiche. La frattura è profonda. “Né Emiliano né Vendola hanno intenzione di farsi da parte, nonostante le richieste di rinnovamento che arrivano da Bruxelles e da Roma”. Un braccio di ferro che rischia di spaccare in due il Pd pugliese, già in affanno dopo il lungo regno emilianista.

Campania, il rebus si scioglie: arriva Fico con l’ombra lunga di De Luca

La partita più prossima alla chiusura è quella campana, con la probabile candidatura di Roberto Fico, ex presidente della Camera ed esponente di punta del M5s. Non è stato un passaggio facile. Il governatore uscente Vincenzo De Luca non ha mai nascosto la sua freddezza nei confronti di Fico, ma l’incontro avvenuto a Napoli tra De Luca e il presidente del M5s Giuseppe Conte ha sbloccato la situazione. Fico potrebbe essere il primo tassello del nuovo asse Pd-M5s nel Mezzogiorno, e la sua discesa in campo avrebbe un effetto domino: facilitare anche la ricandidatura di Giani in Toscana, offrendo a Schlein un pacchetto “campo largo” da giocare a livello nazionale.

Nel centrodestra il nodo resta il Veneto: chi dopo Zaia?

Nel frattempo, il centrodestra sembra procedere con maggiore prudenza, forse anche con più nervosismo. Le regioni in cui Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia devono ancora trovare una sintesi sono poche, ma il Veneto è un grattacapo politico di prima grandezza. Dopo tre mandati da record, Luca Zaia non potrà ricandidarsi. In pole position c’è il leghista Alberto Stefani, uno dei vice di Salvini. “La Lega non intende mollare la presa sul Veneto, ma attende un segnale di via libera dalla premier Meloni”. Allo stesso tempo, alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, soprattutto dell’ala veneta, starebbero spingendo per rompere il fronte comune e lanciare un candidato autonomo. Per ora, tutto rimandato a mercoledì, quando a Palazzo Chigi è previsto un vertice tra Meloni, Salvini, Tajani e Lupi. Ma il dossier Veneto sarà il punto più scottante sul tavolo.

Un voto locale che sa di test nazionale

La partita delle regionali di ottobre non è soltanto un affare locale. Per Elly Schlein è un’occasione cruciale per rafforzare il suo profilo da leader di coalizione e consolidare l’esperimento del “campo largo”. Una scommessa rischiosa, considerando che né Giani, né Decaro, né Ricci nelle Marche sono figure della sua area, e che la sintesi con il M5s, pur evocata, resta spesso problematica.

Per Giorgia Meloni, invece, è una sfida di gestione: tenere insieme la coalizione, lasciando spazi di manovra agli alleati senza perdere il primato politico. Il Veneto è il banco di prova. Cedere alla Lega significa riconoscere un credito a Salvini, ma anche evitare tensioni in un’area strategica per il governo. Imporre un nome di Fratelli d’Italia rischierebbe di far saltare la pace armata nel centrodestra.

L’autunno elettorale sarà una prova generale per le politiche

Le regionali d’autunno sono, di fatto, un termometro per le future elezioni politiche. I partiti lo sanno, i leader ancora di più. Dietro ogni candidatura si misurano equilibri interni, rapporti di forza tra alleati, leadership in costruzione o in affanno. Il voto sarà locale, ma la posta in gioco è tutta nazionale.

E mentre nei palazzi si gioca a scacchi, nei territori i sindaci, le categorie e le piazze chiedono risposte, non solo alleanze. Chi saprà tenere insieme visione politica e radicamento locale, avrà il vantaggio. Gli altri, rischiano di rincorrere, ancora una volta, il vento che cambia.

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