Tra mobilitazione “civica”, tv e piazze, il fronte del Sì punta su volti noti e “vittime” dei processi, l’Anm organizza il No. Pinelli richiama alla sobrietà, Nordio prepara il tour mediatico. In Veneto si gioca anche una partita politica.
(Foto: una protesta dei magistrati).
La campagna sul referendum per la separazione delle carriere entra nella fase calda. Il racconto pubblico si sposta dalle aule parlamentari alle piazze, ai talk e ai social, dove i comitati cercano volti, storie e parole d’ordine. Mentre i partiti mettono in moto la raccolta firme, sul terreno si moltiplicano le sigle: dal Sì che punta su testimonial riconoscibili al No coordinato dall’Associazione nazionale magistrati.
La strategia del sì
Nel campo favorevole alla riforma l’obiettivo dichiarato è “uscire dal palazzo” e parlare a chi ha vissuto le distorsioni della giustizia. Attorno al progetto della Fondazione Luigi Einaudi si è consolidato un network che intreccia società civile, studiosi e comunicatori. Spiccano l’avvocato Gian Domenico Caiazza alla guida del comitato “Sì Separa”, intellettuali come Ernesto Galli della Loggia e divulgatori digitali con grande trazione online. In campo anche l’ex pm Antonio Di Pietro, che ha rotto più di uno schema con una posizione favorevole alla riforma.
Accanto al fronte Einaudi, è nato il Comitato “Giuliano Vassalli” per il Sì, promosso da figure della tradizione riformista. L’argomento centrale è che la separazione delle carriere sarebbe una misura di garanzia e non un feticcio ideologico: un tassello di sistema, non un trofeo di parte.
Il fronte del no
Dalla parte opposta, l’Anm ha lanciato un comitato che contesta la riforma sul piano ordinamentale e costituzionale. Il messaggio è che la separazione, accompagnata dal nuovo disegno sul CSM e sulla disciplina, altererebbe gli equilibri tra poteri senza migliorare tempi e qualità dei processi. Nel racconto del No la parola chiave è autonomia: preservare indipendenza e imparzialità dei giudici impedendo una deriva politica del pubblico ministero.
Pinelli e l’appello alla sobrietà
In un clima già incandescente, la voce istituzionale arriva dal vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, che invita le toghe a tenere il confronto su un piano tecnico e non a confondere il ruolo del magistrato con la militanza. “I poteri dello Stato non dovrebbero scioperare e la magistratura deve evitare di cadere nell’agone politico”, ha richiamato in più occasioni.
Nelle tv e nelle piazze
La partita mediatica è decisiva. Il Guardasigilli Carlo Nordio sta pianificando apparizioni in prime time per spiegare la riforma e ribattere, punto per punto, le accuse di politicizzazione. Il confronto diretto con i vertici dell’Anm, già evocato, potrebbe diventare l’evento simbolico della campagna. Intanto, a livello locale, comitati e partiti stanno componendo la mappa di convegni, banchetti e iniziative territoriali.
Le mosse dei partiti
Nel centrodestra la parola d’ordine è mobilitazione diffusa, evitando che l’operazione appaia “egemonizzata” dalla politica. Forza Italia e Lega spingono sui temi identitari: mentre sulla giustizia si cerca una consacrazione popolare, la Lega punta ad accelerare sul dossier autonomia differenziata, con intese da chiudere con le regioni del Nord entro l’anno. Sullo sfondo, il voto in Veneto aggiunge un ulteriore livello di competizione.
Cosa c’è davvero in gioco
Il referendum non è solo un giudizio sulla separazione tra pubblici ministeri e giudici. Tocca la governance della magistratura (nuovi meccanismi per il CSM, anche con quote sorteggiate) e la responsabilità disciplinare. Chi sostiene il Sì promette regole chiare, meno correntismo e un giudice più “terzo” nel processo accusatorio. Chi sostiene il No teme uno sbilanciamento del sistema e una riduzione delle garanzie per i cittadini.
Le voci
“Non facciamo politica: è il governo che cerca lo scontro”, è la linea ribadita dai promotori del No. Dall’altra parte, i sostenitori del Sì insistono: “La separazione rafforza l’equilibrio tra accusa, difesa e giudice, non lo indebolisce”. Sul ruolo del Csm, il ministro Nordio ha scandito in più interviste che la riforma deve essere valutata “senza slogan” e che la consultazione popolare non vada “politicizzata”.
Calendario e prossime tappe
Dopo il via libera parlamentare, la macchina referendaria passa attraverso la richiesta alla Cassazione e la scansione della campagna. Le finestre circolate tra gli addetti ai lavori collocano il voto tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. Nel frattempo, i comitati cercheranno di capitalizzare la visibilità televisiva e il lavoro capillare sui territori. La contesa si gioca su tre tavoli — narrazione, assetti istituzionali e territorio. Il primo a fare breccia nell’opinione pubblica avrà un vantaggio decisivo quando si apriranno le urne.