La politica si fa in Parlamento, in strada si fanno solo chiacchiere
- di: Redazione
Facendo due conti, quando nel settembre del 2022 si sono svolte le elezioni generali, alle urne è andato solo il 50 per cento di chi ne aveva diritto. Il 30 per cento di quel 50 per cento ha scelto Fratelli d'Italia e, quindi, Giorgia Meloni, che, grazie al voto, ha ottenuto la maggioranza relativa e, quindi, il diritto a governare e, come sta accadendo in questi giorni, a varare le riforme che ritiene, insieme alla maggioranza, necessarie per il Paese. A chi, oggi, sostiene che i numeri del Parlamento dicono cosa diversa dalle correnti di pensiero degli italiani, bisogna solo ricordare che questo è il gioco della democrazia, che significa soprattutto accettare che le regole devono essere rispettate, anche se non se ne condividono gli effetti.
La politica si fa in Parlamento, in strada si fanno solo chiacchiere
Perché parliamo di questo? Per il semplice motivo che viene difficile comprendere perché le opposizioni parlamentari (cioè chi ha perso le elezioni) abbiamo deciso di scendere in piazza, quale che sia il significato recondito di questo concetto.
Scendere in piazza per protestare? Ok, ci può anche stare, me le ragioni di un partito o di uno schieramento hanno un luogo deputato per essere espresse, che sono le Camere. E' tra Camera e Senato che le proprie idee devono essere portate o espresse per contrastare altre che non si condividono.
Se un voto fa pendere l'ago della bilancia in un senso, chi non condivide si deve affidare alle armi del confronto in aula, ma alla fine, come è giusto che sia, a vincere sarà chi ha più voti.
Questo semplice concetto (governa chi ha più voti) sembra non essere accettato dalle opposizioni che, vistesi sconfitte in aula, sono scese in piazza per manifestare, contraddicendo un concetto alla base della nostra Costituzione: il Parlamento è il luogo dove tutti gli italiani possono farsi rappresentare, utilizzando lo strumento racchiuso nella scheda. Se Elly Schlein, Giuseppe Conte, Bonelli & Fratoianni non sono d'accordo, devono accettare comunque che tutto venga ricondotto ai dibattiti in parlamento.
Ma è quindi di tutta evidenza che la scelta è quella di portare le proprie argomentazioni lontano dall'aula, come se questo possa determinare un ribaltamento delle posizioni, quasi che si possa sperare che la piazza possa cambiare quel che i partiti decidono. Non stiamo dicendo assolutamente che le manifestazioni, come quella recente contro le riforme varate dal governo, siano un attentato ai principi basilari della convivenza civile, ma di certo segnano il punto di passaggio tra l'esercizio delle prerogative dell'opposizione e il tentativo di non riconoscere il principio della rappresentanza democratica.