Dal forum Coldiretti alle querele annunciate: accuse su utili, bonus e concessioni della distribuzione elettrica. Sullo sfondo, la partita regolatoria dell’Arera e la proroga delle licenze di rete.
(Foto: Carlo Calenda, leader di Azione).
Era cominciata come l’ennesima schermaglia sul prezzo dell’energia, è diventata una rissa verbale destinata ai tribunali. Carlo Calenda attacca Flavio Cattaneo sul terreno più sensibile – utili, bonus, reti – e l’amministratore delegato di Enel risponde alzando la posta: querela milionaria con promessa di devolvere l’eventuale risarcimento per abbassare le bollette. Realpolitik dell’elettricità, senza filtri.
Cosa è successo
A margine di un evento, il leader di Azione ha puntato il dito contro il business della distribuzione: secondo lui, l’attività regolata – pagata in bolletta – genererebbe margini “da maison del lusso” e, oltre tutto, premierebbe il top management con bonus. Da qui il crescendo: “Almeno stia zitto: sono soldi degli italiani, senza rischio d’impresa”, ha affondato Calenda. La replica di Cattaneo è arrivata a caldo: “Vai a lavorare, lazzarone!”. Poi, a freddo, la smentita nel merito: niente 40-42% di profitti e nessun bonus agganciato alla distribuzione, più l’annuncio della causa civile.
Il nodo vero: la rete che paga (e chi la paga)
Al netto delle invettive, il cuore della controversia è la distribuzione: attività monopolistica locale, remunerata da tariffe fissate dall’Autorità. Qui si incrociano tre piani: 1) la regolazione Arera, che stabilisce rendimenti e investimenti; 2) le concessioni, con rinnovi lunghi che hanno congelato la concorrenza; 3) il conto in bolletta, perché ogni scelta su reti e concessioni ha effetti diretti su famiglie e imprese.
Tradotto: se la rete richiede più investimenti (digitalizzazione, resilienza climatica, connessioni di rinnovabili), la remunerazione riconosciuta deve attirare capitali senza diventare rendita. È il filo sottile su cui si gioca questa partita.
Cosa contestano i critici
Per una parte della politica e del consumerismo, le proroghe senza gara delle concessioni di distribuzione sono un freno alla concorrenza e un onere in bolletta. Con gare vere e benchmark stringenti, i gestori sarebbero spinti a efficienza e investimenti con minor costo per l’utente finale. Da qui la richiesta di maggiore vigilanza e, in prospettiva, di procedure comparative alla scadenza dei titoli attuali.
La versione di Enel
La società respinge due pilastri dell’accusa: non esiste un 40-42% di profitti sulla distribuzione e non ci sono bonus del ceo legati al perimetro regolato. Cattaneo rilancia sul curriculum: “Quando guidavo Tim, i conti erano i migliori da anni”, a rimarcare la propria solidità manageriale. L’obiettivo è riportare il confronto entro i confini tecnico-regolatori.
Perché la lite conta davvero
Lo scontro arriva nel pieno della transizione elettrica, che richiede miliardi per rafforzare le reti, connettere rinnovabili, abilitare pompe di calore e mobilità elettrica. Ogni euro di remunerazione ammessa o di inefficienza si riflette su tariffe e competitività. La chiave è trasparenza dei numeri: utili per segmento, driver dei bonus, impatto delle concessioni.
Le prossime mosse
Nel breve, la scena si sposta in tribunale. Nel medio, i riflettori sono su Arera e Governo: piani straordinari d’investimento, regole per l’allocazione delle concessioni, rendicontazione granulare dei profitti regolati. Più disclosure, meno slogan: solo così si capirà quanto la rete pesi sulle bollette.
La politica entra a gamba tesa
Dal quartier generale di Azione, Matteo Richetti chiede scuse e un intervento dell’Esecutivo sul “rinnovo senza gara” e sui costi della distribuzione. L’incidente diventa così caso politico, con possibili interrogazioni e audizioni dell’Autorità.
Cosa guardare nei prossimi bilanci
Tre indicatori per passare dalle parole ai fatti: capex di rete autorizzato vs. effettivo; WACC e sistema di premi/penalità; disclosure sui bonus (criteri, pesi, legami con obiettivi ESG e attività regolata). Se questi dati saranno pubblici e verificabili, il dibattito potrà uscire dalla tifoseria.