Politica di bilancio, il Rapporto: “Italia resiste agli shock e cresce più dei principali partner europei”

- di: Barbara Bizzarri
 

NELLA FOTO, VALERIA DE BONIS UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO, LILIA CAVALLARI PRESIDENTE UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO GIAMPAOLO ARACHI UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO

Pubblicato il Rapporto sulla politica di bilancio dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che esamina le tendenze recenti e le prospettive dell’economia italiana e della finanza pubblica e contiene inoltre approfondimenti tematici che riguardano il nuovo quadro di governance europea, la riforma delle misure di contrasto alla povertà e l’impatto distributivo dell’inflazione sulle famiglie.

Politica di bilancio, il Rapporto: “Italia resiste agli shock e cresce più dei principali partner europei”

Il 2022, iniziato nel segno di una graduale normalizzazione dopo gli anni della pandemia, è stato invece caratterizzato da eventi eccezionali e inattesi a livello globale, a partire dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. In questo contesto, l’economia italiana ha mostrato segni di resistenza agli shock avversi: nel 2022 è cresciuta del 3,7 per cento, più dei maggiori partner europei, sospinta diffusamente dalla domanda, in particolare dai consumi delle famiglie, dagli investimenti fissi lordi e dalle esportazioni, come si evince dal grafico seguente, nonostante la crescita dei costi e la dipendena dal gas russo.


All’inizio del 2023 il quadro degli indicatori disponibili ha assunto un’intonazione favorevole, nonostante il perdurare di fattori di fragilità come il conflitto in Ucraina, l’elevata inflazione e il manifestarsi di nuove tensioni finanziarie. La crescita del PIL dell’Italia nel primo trimestre di quest’anno (0,6 per cento in termini congiunturali) è risultata migliore delle attese, sia del Ministero dell’Economia e delle finanze (MEF) sia del panel UPB. Al momento si qualificano quindi rischi al rialzo sulle stime di quest’anno. Nel medio periodo (specialmente per il 2024) i fattori di rischio per il nostro Paese si confermano invece orientati al ribasso, così come le attese sul contesto economico globale.

La realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e i suoi tempi rappresentano un elemento fondamentale di cui tener conto nella valutazione delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica. Attualmente, secondo una stima aggiornata dell’UPB, il PNRR avrà un impatto sul PIL di quasi tre punti percentuali al 2026. In questo momento è in corso una riformulazione del Piano volta a favorire la realizzabilità dei progetti. Le conseguenze sui saldi di bilancio e sull’economia dovranno essere pertanto attentamente valutate.

Andranno colte tutte le opportunità aperte dalla revisione del PNRR per assicurare nuovo slancio all’azione di riforma e al potenziamento infrastrutturale, entrambi essenziali per superare i divari generazionali, di genere e territoriali e consentire all’economia di affrontare le sfide tecnologiche e ambientali che attendono il Paese.

Il Rapporto affronta anche il tema dell’accuratezza delle previsioni macroeconomiche, cruciale nelle determinazioni e negli orientamenti delle politiche di bilancio: dall’analisi emerge che, negli anni 2018-2022, le previsioni del MEF, dell’UPB e della Commissione europea sul PIL reale sono lievemente pessimistiche per l’anno in corso, mentre appaiono ottimistiche per gli orizzonti maggiori, soprattutto per l’anno successivo e in particolare per il MEF. Analizzando le previsioni del Governo, emerge che dopo il 2014, anno in cui l’UPB viene costituito e inizia a svolgere il processo di validazione dei quadri macroeconomici contenuti nei documenti governativi (DEF e NADEF), le stime sul PIL, in particolare quello reale, sono diventate più equilibrate. Inoltre, se si guarda all’ampiezza degli errori, dal 2014 risulta migliorata anche l’accuratezza delle previsioni del Governo.

 Per quanto concerne la finanza pubblica, il 2022 può essere visto come un anno ancora di emergenza. Il disavanzo delle Amministrazioni pubbliche è risultato pari all’8 per cento del PIL, in riduzione rispetto all’anno precedente (9 per cento) ma ancora elevato per il terzo anno consecutivo. Hanno pesato in particolare i diversi interventi volti a fronteggiare gli effetti della crisi energetica e la nuova contabilizzazione di alcuni bonus edilizi (Superbonus e Bonus facciate).  Il 2023, dopo il periodo di emergenza, può essere considerato un anno di transizione. Il disavanzo programmatico del DEF dovrebbe calare in maniera rilevante, al 4,5 per cento del PIL, beneficiando anche del notevole ridimensionamento degli effetti del Superbonus e del Bonus facciate e della consistente diminuzione delle misure contro il caro energia. In prospettiva, il triennio 2024-26 dovrebbe essere caratterizzato dal graduale ritorno alla “normalizzazione” della politica di bilancio, dopo l’eccezionalità della sospensione dei vincoli numerici del Patto di stabilità e crescita.

Per quanto riguarda la possibilità di una riduzione della pressione fiscale, il DEF fa riferimento, tra le possibili coperture, a una maggiore collaborazione tra fisco e contribuenti. Interventi volti ad aumentare il rispetto degli adempimenti fiscali sono importanti ai fini della lotta all’evasione fiscale, ma i loro effetti finanziari sono di incerta quantificazione ex ante. Per un principio di prudenza, sarebbe quindi auspicabile non utilizzarli ai fini della copertura di interventi di tipo strutturale.

La nuova governance UE e l’impatto sulla finanza pubblica

Le proposte legislative di riforma del quadro di regole di bilancio della UE, presentate dalla Commissione europea lo scorso aprile, presentano delle novità rilevanti sia per la parte preventiva che per quella correttiva del Patto di stabilità e crescita, ma anche per le procedure di bilancio nazionali.

La proposta contiene una serie di elementi da valutare favorevolmente, anche se appare necessaria una maggiore ambizione verso la costituzione di una capacità di bilancio comune.  Una novità importante è il rafforzamento della titolarità da parte degli Stati membri, ovvero della loro partecipazione e responsabilità nella definizione del proprio sentiero di aggiustamento di bilancio. Gli Stati membri con disavanzo superiore al 3 per cento o debito superiore al 60 per cento del PIL dovranno presentare dei Piani strutturali di bilancio con programmi pluriennali di consolidamento tali da garantire, nel medio periodo, la riduzione continua dello stock di debito in rapporto al PIL e il mantenimento del disavanzo al di sotto della soglia del 3 per cento del PIL. I Piani avranno durata minima di quattro anni, estendibili a sette se il paese si impegna a realizzare riforme strutturali e investimenti volti a sostenere la crescita potenziale e a migliorare la sostenibilità delle finanze pubbliche. Il maggior coinvolgimento diretto favorisce la credibilità del percorso di consolidamento di bilancio dei Paesi con potenziali effetti positivi sui mercati finanziari e sui tassi di interesse. Sotto questo aspetto, è auspicabile che gli Stati membri possano preventivamente discutere con la Commissione le ipotesi alla base delle traiettorie tecniche che essa renderà pubbliche all’inizio della procedura.

Dal Reddito di Cittadinanza all’Assegno di Inclusione: la riforma delle misure di contrasto alla povertà

La spesa sostenuta da aprile 2019 ad aprile 2023 per l’erogazione del Reddito (RdC) e della Pensione (PdC) di cittadinanza è stata di 30,3 miliardi (con un massimo di 8,8 miliardi nel 2021. L’introduzione del RdC ha reso rilevante in Italia il tema dell’integrazione tra sussidi e politiche attive. Il tentativo di coniugare la garanzia di un reddito minimo con l’attivazione lavorativa è stato affrontato mediante condizionalità e obblighi che richiedevano l’operatività di una complessa macchina amministrativa.  Il DL Lavoro porta a compimento il ridisegno delle misure di contrasto alla povertà avviato dal Governo con la legge di bilancio per il 2023 introducendo un nuovo strumentol’Assegno di Inclusione (AdI), in sostituzione del RdC.

I soggetti tra 18 e 59 anni di età non disabili e non impegnati in lavoro di cura sono esclusi dalla misura a meno che non siano anagraficamente conviventi con soggetti non in grado di lavorare. A favore di questi ultimi è stato introdotto il Supporto per la formazione e il lavoro (SFL), un sostegno monetario della durata massima di 12 mesi condizionato alla partecipazione a progetti di formazione, di orientamento e di accompagnamento al lavoro.

Il disegno del nuovo assegno sembra dunque orientato a contrastare in modo deciso i disincentivi alla partecipazione al mercato del lavoro tipicamente connessi alle misure universali di contrasto alla povertà, cercando di limitare le platee degli assistiti a coloro che fronteggiano ostacoli all’attività lavorativa per condizioni oggettive facilmente accertabili.

L’inflazione e l’impatto sulle famiglie italiane

Il 2022 è stato caratterizzato da aumenti dei prezzi che non si osservavano da circa quarant’anni: l’inflazione misurata dall’indice NIC ha raggiunto l’8,1 per cento, il valore più elevato dal 1985, quando superò il 9 per cento.

Si prevede tuttavia una graduale attenuazione delle tensioni sui prezzi, con un rientro rapido delle componenti energetiche ma più lento sia per gli alimentari che per le voci core. La pressione dell’inflazione sui bilanci delle famiglie, in particolare quelle con minore capacità di spesa, rimane dunque ancora sensibilmente elevata.

Nel 2023 l’aumento dei prezzi dei beni non energetici e la ricomposizione del mix di politiche compensative producono invece effetti complessivi debolmente regressivi sulla spesa. Con l’attenuarsi dell’inflazione energetica e il contemporaneo propagarsi dell’aumento dei prezzi alle altre categorie di beni nel corso del 2023, la revisione delle politiche di mitigazione dovrà tenere conto di diversi fattori. In primo luogo, l’effetto sulla spesa della riduzione dei prezzi energetici potrebbe non compensare la crescita indotta dal progressivo ridimensionamento delle misure tariffarie. In secondo luogo, l’inflazione potrebbe risultare più persistente e di conseguenza rendere necessario valutare la riproposizione di alcune delle misure anche nella seconda parte del 2023 per mitigare gli effetti dell’inflazione non energetica.

In quest’ultimo caso, è auspicabile che i nuovi interventi siano più decisamente concentrati sulle famiglie maggiormente bisognose al fine di accentuarne il carattere redistributivo, che siano disegnati in modo tale da fornire i necessari incentivi per raggiungere, anche mediante il segnale dei prezzi di mercato, obiettivi più ambiziosi di risparmio energetico e che siano corredati da adeguate coperture finanziarie per non mettere a rischio lo stato dei conti pubblici.

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