Il Piano nazionale di ripresa e resilienza cambia volto. Sono ben 107 gli obiettivi – tra milestone e target – che verranno modificati con l’ultimo aggiornamento approvato da Bruxelles. Si tratta di un restyling profondo che risponde all’urgenza di adattare il piano originario, varato nel 2021, alle nuove condizioni economiche, alle difficoltà di attuazione riscontrate e all’evoluzione del quadro geopolitico.
PNRR, restyling da 107 obiettivi: il piano cambia forma, ma resta sotto pressione
Il governo Meloni, che aveva promesso una revisione “pragmatica”, porta ora a casa un aggiustamento che riguarda 10 milestone e 97 target. Una modifica non marginale, che tocca settori chiave come la transizione ecologica, la digitalizzazione, la competitività delle imprese e le politiche del lavoro.
Tra le novità più significative, lo spostamento di alcune risorse verso investimenti considerati oggi più urgenti o meglio realizzabili nei tempi previsti. Si ridimensionano gli interventi su progetti legati alla mobilità sostenibile, come ad esempio alcune linee tranviarie e ferroviarie, a favore di misure più dirette per la riqualificazione energetica degli edifici, soprattutto pubblici, e per l’efficientamento dei processi nella pubblica amministrazione. Cresce il peso di misure destinate all’occupazione giovanile, con nuovi incentivi per il lavoro stabile, mentre alcuni progetti tecnologici giudicati troppo ambiziosi vengono rinviati o ridotti nella portata. Il nuovo impianto, almeno sulla carta, dovrebbe rendere più centrati e realizzabili gli obiettivi entro il 2026.
Pressioni e ostacoli
La revisione non è però solo frutto di scelte tecniche. Pesa il ritardo accumulato nell’attuazione, con Regioni e Comuni in difficoltà a causa della burocrazia e della mancanza di personale qualificato. La Commissione Ue ha chiesto garanzie precise sull’avanzamento delle riforme e sul rispetto delle scadenze, che restano stringenti. Ogni modifica è stata negoziata nei dettagli per evitare effetti domino sul rispetto complessivo degli obiettivi di spesa e riforma. Il rischio politico è alto: l’Italia resta il Paese che ha ricevuto la quota più ampia di fondi europei (circa 191 miliardi) e ogni ritardo rischia di compromettere la credibilità dell’intero programma.
La sfida finale
Con il nuovo restyling, il governo tenta di rilanciare il PNRR come strumento centrale della sua strategia economica. Ma i margini di errore si assottigliano. Ora tutto dipende dalla capacità di passare rapidamente dalla riscrittura alla messa a terra. E di farlo in un contesto in cui ogni scivolone può trasformarsi in un boomerang politico.