Pena di morte, una Giornata per dire no. L’appello della Ue a fronte dei numeri in aumento: 873 le esecuzioni nel 2022

- di: Barbara Leone
 
Parmi un assurdo che le leggi che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio”. Era il 1764 quando Cesare Beccaria scrisse queste parole nel suo famoso libro intitolato “Dei delitti e delle pene”. E oggi, Anno Domini 2023, pare una cosa scontata che non si tolga la vita a chi ha commesso un reato, fosse pure il più crudele ed efferato. Così scontato non è, visto che celebriamo la 21esima Giornata europea e mondiale contro la pena di morte. Del resto i numeri fanno gelare il sangue: a livello globale, alla fine del 2022, almeno 28.282 persone erano detenute nei bracci della morte in tutto il mondo. Le esecuzioni invece sono state 873: più di 2 al giorno, 13 delle quali erano donne. Il 90% sono avvenute in tre Paesi: Arabia Saudita (196), Iran (576) ed Egitto (24). Rispetto al 2021 il rialzo è stato del 53%. L’aumento è dovuto al numero delle persone giustiziate per reati di droga: 325 a fine 2022 (il doppio rispetto alle 134 avvenute nel 2021), di cui 255 sono avvenute in Iran, dove hanno rappresentato il 44% delle esecuzioni.

Pena di morte, una Giornata per dire no. L’appello della Ue a fronte dei numeri in aumento

In Arabia Saudita, messi a morte 57 condannati, e 11 a Singapore. Qui, appena lo scorso luglio, una donna è stata giustiziata perché nascondeva in casa 30 grammi di eroina. E presumibilmente i numeri non sono neanche reali, visto che in Cina, Vietnam e Corea del Nord i dati sono coperti dal segreto di Stato. Secondo Amnesty in questi tre Paesi ci sarebbe un buco nero con almeno un migliaio di esecuzioni all’anno. Di tutti i Paesi che praticano la pena di morte solo l’Arabia Saudita usa il metodo della decapitazione. Mentre Bangladesh, Egitto, Giappone, Iran, Iraq, Myanmar, Singapore, Siria e Sudan del Sud i condannati a morte finiscono col cappio al collo. Negli Stati Uniti e in Vietnam si usa l’iniezione letale, mentre negli altri Paesi si opta per la fucilazione. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, c’è da dire che nell’ultimo anno qualche piccolo passo in avanti è stato compiuto da Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Sierra Leone e Repubblica Centrafricana che l’hanno abolita per tutti i reati. Mentre Guinea Equatoriale e Zambia l’hanno abolita solo per reati ordinari ma non per quelli militari. E in Indonesia il nuovo Codice penale, che entrerà in vigore nel 2026, permetterà in certi casi che le condanne a morte vengano declassate a ergastolo.

E proprio in occasione della Giornata europea e mondiale contro la pena di morte che si celebra oggi, l’Unione europea e il Consiglio d’Europa riaffermano con vigore la loro inequivocabile opposizione alla pena di morte, compresa qualsiasi reintroduzione della stessa, in tutti i casi e tutte le circostanze. “Una punizione inumana e degradante - si legge nella Dichiarazione congiunta della Segretaria generale e dell’Alto Rappresentante per conto dell’Unione europea -, che rappresenta la massima negazione della dignità umana. Non serve da deterrente alla criminalità e rende irreversibili gli errori della giustizia. Il mondo continua ad abbandonare la pena di morte e oltre due terzi dei paesi a livello globale hanno abolito la pena di morte nel diritto o nella pratica. Ci congratuliamo con lo Zambia e il Ghana che lo scorso anno si sono uniti al movimento abolizionista mondiale. Accogliamo inoltre con favore il numero record di 125 voti a favore della risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU che chiede una moratoria globale sul ricorso alla pena di morte in vista di un’abolizione definitiva. Chiediamo agli Stati che continuano ad applicare la pena di morte di introdurre una moratoria come primo passo verso l’abolizione. Quest’anno - ricordano dalla Ue - segna il 20° anniversario dell’entrata in vigore del Protocollo n. 13 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), riguardante l’abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza. Finora, lo hanno ratificato 44 Stati membri del Consiglio d’Europa. Elogiamo tale ratifica e accogliamo con favore la ratifica del Protocollo n. 13 da parte dell’Assemblea nazionale armena e la sua firma da parte dell’Azerbaigian. Incoraggiamo entrambi gli Stati membri a completare rapidamente il processo di ratifica. La Bielorussia è l’unico Paese ad applicare ancora la pena di morte in Europa. L’Ue e il Consiglio d’Europa deplorano il fatto che, per la seconda volta in meno di un anno, la Bielorussia abbia esteso il campo di applicazione della pena capitale, questa volta ai funzionari e al personale militare per il reato di alto tradimento. In Cina, si stima che il numero di condanne a morte pronunciate e di esecuzioni effettuate lo scorso anno ammonti a diverse migliaia, sebbene le cifre restino segreto di Stato. Nel resto del mondo, paesi come l’Iran e l’Arabia Saudita hanno aumentato il numero di esecuzioni. Questi paesi, come anche altri Stati, ad esempio Singapore, continuano a ignorare il diritto internazionale in materia di diritti umani applicando la pena di morte nei casi legati alla droga o anche nei casi in cui i cittadini esprimono le loro opinioni sui social media o nelle strade. Il ricorso a questa pena inumana deve essere abbandonato. Esprimiamo inoltre rammarico per il fatto che nel 2022 e nel 2023 vi siano state ancora delle esecuzioni negli Stati Uniti. Chiediamo a tutti gli Stati che continuano ad applicare la pena di morte di promuovere un dibattito aperto e democratico a favore della sua abolizione - è l’appello dell’Unione europea -. In quest’ottica, gli Stati devono migliorare la trasparenza e l’accesso a informazioni precise sulle procedure, sulle politiche e sulle pratiche in materia di pena capitale. Il ritorno occasionale di discorsi sulla reintroduzione della pena di morte dovrebbe mobilitare maggiormente la società civile e promuovere ulteriormente la causa abolizionista fra i giovani. I governi di tutti i paesi abolizionisti devono inviare il chiaro messaggio secondo cui la pena capitale non farà mai ritorno nel loro sistema penale nazionale. L’Ue e il Consiglio d’Europa continueranno a condannare fermamente la pena di morte, in particolare laddove venga applicata ai casi di blasfemia, apostasia o relazioni consenzienti fra persone dello stesso sesso. La società civile rimane in prima linea nella lotta globale contro la pena di morte. L’Ue e il Consiglio d’Europa - conclude la nota Ue - continueranno a rafforzare i partenariati per raggiungere tale obiettivo nel diritto e nella pratica. In questa importante giornata, elogiamo tutti gli avvocati, i difensori dei diritti umani, i rappresentanti del mondo accademico, i politici e i cittadini che continuano ad adoperarsi incessantemente a favore della dignità umana, dei diritti umani e dell’eliminazione definitiva della pena di morte”.

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