Il Pd alla resa dei conti
- di: Redazione
In un partito, soprattutto uno con un grande passato, come lo è quello che oggi si chiama Pd, le tensioni interne sono, a loro modo, una conferma di vivacità, di ricerca di quelle che potrebbero essere alternative alla gestione del potere. E, come ogni cosa che riguarda la politica, queste tensioni possono essere trattate come fossero una minaccia (e quindi reagire, schiacciandole) o trarne elementi di riflessione, come il sintomo di un malessere, di qualcosa che si vuole evitare che peggiori.
Elly Schlein, segretaria del Pd, ha scelto una via diversa, quella del traccheggiare, prendendo atto di un evento (la fuga di una trentina di iscritti, anche di grande peso elettorale, dal Pd della Liguria), ma allo stesso tempo cercando di minimizzarlo, come se si trattasse di una cosa che è sempre accaduta e sempre accadrà.
Il Pd alla resa dei conti
Alla segretaria del Pd non si possono certo dare lezioni di politica, ma forse non sarebbe male per lei prestare orecchio non tanto a quello che si dice nel suo partito, ma al buon senso, ai consigli - più o meno disinteressati - di chi le dice che si comporterebbe in modo diverso da come sta facendo lei.
Un comportamento che, questo pare e questo potrebbe essere, rischia di radicalizzare la divisione in seno al Pd, tra chi lo intende solo un partito di sinistra (nell'accezione storica del termini) e chi lo interpreta come l'aggregazione di proposte e ideali alternativi a quello che, ieri, era il pensiero egemone del centro-destra (il liberismo a cento all'ora di Berlusconi) che oggi ha adottato una deriva sovranista.
Ma Schlein fa intendere di non curarsi delle proteste, dei distinguo, degli appelli, rispondendo alle critiche con un'apparente noncuranza, che sembra invece essere l'anticamera del disprezzo da chi dissente dal suo pensiero.
Per un partito che ha, nella sua ragione sociale, il termine democratico, non interessarsi del dissenso, dicendosi quasi contenti che chi non la pensa come la segreteria e la segretaria se ne sia andato, non è il modo migliore per affrontare una battaglia politica, peraltro facendo a pezzi quello che è stato uno dei capisaldi dell'allora Ulivo, il dialogo.
Che Schlein sembra usare solo per parlare con chi - i Cinque Stelle di Giuseppe Conte - tutto è fuorché un possibile alleato ideale per il solo motivo che fa i propri interessi politici, come in fondo è normale.
La linea politica che Elly Schlein ha impresso al partito è stata sin da subito improntata ad un'autoreferenzialità che in politica non sempre ha vita lunga, soprattutto se si pensa ai rovesci che il Pd ha subito negli ultimi tempi e dei quali le sconfitte a raffica nelle elezioni territoriali (regionali e amministrative, con l'eccezione delle sole metropoli) sono lo specchio fedele. Per la segretaria tutto si risolve - ignorando le istanze della minoranza - portando il partito più a sinistra o, più semplicemente, a sinistra, dimenticando che è ancora forte la componente riformista, verso cui il vertice del Pd guarda quasi con fastidio, come se fosse una zavorra e non invece una risorsa.
Così facendo, l'ipotesi che il Pd possa recuperare il distacco, in termini elettorali, da Fratelli d'Italia è pura utopia, perché le scelte della nuova segreteria accentuano il distacco dal mondo reale, quello di un Paese che cerca risposte e non più proposte di soluzioni.
Né fare blocco con i Cinque Stelle sembra, a corsa lunga, potere essere foriero di future vittorie, perché quelli che un tempo erano grillini, quando c'è da guardare ai loro interessi (vedi strizzatine di occhi e ammiccamenti nella spartizione delle poltrone in Rai), non fanno prigionieri, ma soprattutto alleanze.
Bene fa il Pd a farsi portavoce dei diritti, della difesa di chi ha meno, della salvaguardia del rispetto, ma solo se non dimenticherà la gente comune, quella che a tavola non può mettere ideali se vuol mangiare.