PD: Elly Schlein vince, ma il futuro del partito è incerto
- di: Redazione
Quando un'elezione si svolge seguendo tutte le regole, il suo esito, quale che sia, deve essere celebrato come una vittoria della democrazia. E' quanto accaduto al Partito democratico che ha eletto alla segreteria Elly Schlein, che ha sconfitto, abbastanza inaspettatamente (se si guarda all'esito delle consultazioni dei circoli), il favoritissimo presidente della Giunta regionale dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. Una vittoria con un rassicurante distacco nei voti che, da oggi, restituisce al Pd una piena rappresentanza politica all'indomani della scontata batosta elettorale di settembre, con l'uscita di scena di Enrico Letta, che ha pagato il suo galantomismo politico quando, forse invece, sarebbe stata necessaria una contrapposizione forte, in termini di proposta e linea, all'arrembante offensiva del centro-destra. Schlein quindi subentra ad una segreteria politicamente molto debole, ma non per questo potrà necessariamente fruire, per lungo tempo, del ''rimbalzo emotivo'' che quasi sempre contraddistingue cambiamenti sostanziali nella leadership di un partito.
PD: Elly Schlein vince, ma il futuro del partito è incerto
Soprattutto in un partito come quello Democratico, che nemmeno davanti all'imminente debacle elettorale aveva saputo uscire dalle secche determinate da un feroce correntismo e che ha anche patito l'ingombrante presenza di personaggi che, sebbene non organici al Pd, hanno cercato di condizionarne le mosse, attribuendosi un ruolo di ''padre nobile'' che nessuno gli riconosce.
Da oggi, quindi, si volta pagina, ma non è detto che la nuova sia realmente scritta perché la segreteria Schlein nasce all'insegna delle difficoltà, sia per come è maturata che per gli spazi politici che dovrà cercare di occupare. Un partito, sino a ieri fortemente connotato da un controllo centrale che vuole essere ferreo, ora dovrà adattarsi ad una segreteria che parte dalla mancanza di radici nel Pd, per come era stato inteso alla sua nascita e nelle precedenti declinazioni. Il nuovo segretario vuole imprimere discontinuità, e questo è un po' quel che si dice quando si subentra in un incarico politico che - come nel caso di Letta - ha fallito. Ma su quali basi è ancora difficile da capire perché, se se si vanno a scorrere gli endorsement di cui Schlein ha goduto, si capisce che a sostenerla non è che siano volti nuovi del partito, facendo insorgere il sospetto che la rivoluzione sia di facciata, dovendo la nuova segreteria sottostare agli equilibrismi delle correnti e dei loro capoccia.
Lo stesso programma di Elly Schlein, per quel che si è capito dal lungo discorso con il quale ha celebrato la vittoria, sembra essere improntato ad un cambiamento che, prima ancora che politico, deve essere ideale. Un processo bellissimo, ma che impone tempi di realizzazione che il Pd non si può consentire, considerato che la coalizione di governo sta, progressivamente, cancellando le residue eredità lasciate dai governi nei quali il Partito democratico era magna pars, non come accaduto nel Conte 2, dove il movimento dei Cinque Stelle era impegnato a imporre le sue scelte, e nel governo Draghi, dove a valere era solo la linea del premier.
Dare nuova linfa al Pd, viste le macerie in cui oggi vive, non dovrebbe essere facile, a meno che la nuova segreteria riesca a ricompattare il partito e non a circoscrivere i posti di responsabilità solo alla cordata che ha vinto. Forse per quest'opera di ricostruzione sarebbe stata necessaria una leadership forte perché radicata nel partito (cosa non necessariamente con una accezione negativa) da tempo. Schlein, da questo punto di vista, non ha una ''anzianità'' tale da farla accettare da tutto il partito, nel quale ci sono ampie sacche di ''tradizionalisti'' che sembrano mal sopportare che qualcuno entri o esca a seconda delle sensazioni o delle convenienze politiche del momento. Perché, se l'intenzione, ripetuta, del nuovo segretario è quello che di cambiare tutto, bisognerà vedere come questa intenzione si possa adattare ad un partito che negli anni ha dimostrato di essere restio ad accettare rivoluzioni, da qualsiasi parte - dal basso o imposte - arrivino.
Le prime prove per Elly Schlein sono già semplice attualità, come dimostra la tragedia nelle acque calabresi, per la quale non bastano cordoglio ed esecrazione, ma una linea precisa che magari riesca a mettere da parte le ipocrisie del passato. Nel fenomeno dell'immigrazione irregolare non necessariamente ci si deve impantanare su soluzioni precostituite, che non siano la politica delle braccia spalancate o quella dei respingimenti. Ecco, la nuova segreteria dovrebbe imparare da queste poche e semplici linee strategiche, per evitare di restare schiava di quei lacciuoli ideologici che l'hanno caratterizzata in passato. Come, ad esempio, quella di sottolineare la propria carica di novità imponendo al partito l'adozione (o la cooptazione) di figure e personaggi che la caratterizzerebbero immediatamente, non necessariamente in senso positivo. Di nomi ne cominciano a circolare e tra essi anche rappresentanti di movimenti spontaneisti che hanno avuto il loro effimero momento di notorietà attaccando, pensate un po', proprio il Pd, non per tentarne la scalata, ma alla fine indebolendolo.
Come la base del partito - che resta componente importante, anche se alla fine il ''suo'' Bonaccini è stato impallinato - prenderà l'arrivo di queste figure non è difficile prevederlo, perché la prima reazione sarà quella di pensare che da domani il Pd non sarà più lo stesso, ma diventerà la succursale di micro-formazioni, senza alcuna base ideologica che non sia quella di contestare. La conseguenza di questo difficile processo di trapianto, nel partito, di un afflato movimentista, se farà la gioia dei ''duri puri'' eredi del Pci, rischia anche di acuire il dissenso di chi ha una diversa estrazione politica che non vuole sacrificare sull'altare nella novità. Forse è prematuro e ingiusto parlare di un pericolo di scissione, ma che una porzione dell'elettorato possa fare altre scelte ci sta, anche se non esiste alternativa al Pd che non porti ai Cinque Stelle ed al loro ondivago percorso politico. Così come potrebbe avere un impatto fortemente negativo quello di proporre, nella nuova segreteria, nomi che riportano alla nomenklatura del partito e quindi alla sensazione di una versione aggiornata dal gattopardismo.
''Anche questa volta non ci hanno visto arrivare'', ha commentato Elly Schlein, frase efficace, ma che forse politici di altri tempi non avrebbero pronunciato perché segna, oltre alla soddisfazione della vittoria, anche il sottile piacere della vendetta.