La mozione di sfiducia a Carlo Nordio si infrange contro il muro della maggioranza. Il ministro della Giustizia incassa 215 voti contrari, 111 favorevoli e 4 astenuti. Ma il dato politico è un altro: il campo largo si accorcia, si assottiglia, si incrina. Azione decide di non partecipare al voto. Nessuna alleanza con Pd e 5 Stelle, nessuna adesione al fronte anti-Nordio.
Nordio supera la mozione, l’opposizione si spacca. Azione si sfila: “Teatrino, noi non ci stiamo”
«Non partecipiamo a questo teatrino», dicono dal partito di Calenda. Che, ancora una volta, si mette di traverso rispetto alle opposizioni tradizionali. Non è solo una questione di contenuti: è una questione di linea, di visione. «Non ci faremo trascinare nel derby permanente tra chi grida al golpe e chi difende tutto per partito preso», è il messaggio lanciato dal gruppo.
La difesa di Nordio: “Sembra un processo dell’Inquisizione”
Il ministro, dal canto suo, risponde con toni netti. «Mi sento come davanti a un tribunale dell’Inquisizione», attacca. Le accuse dell’opposizione sono, a suo dire, infondate, pretestuose. Parla dei suoi rapporti con i magistrati, della riforma della giustizia, ma soprattutto difende l’indirizzo politico del governo: «La giustizia non può essere terreno di scontro ideologico».
Dietro la mozione c’è il caso Delmastro, la gestione dei rapporti con la magistratura, la visione garantista del Guardasigilli. Ma tutto finisce nel perimetro prevedibile di un dibattito segnato più da dinamiche interne ai partiti che da reali possibilità di cambiare gli equilibri.
Campo largo, geometria variabile
E mentre Pd e M5S restano uniti nel voto, con parole dure contro Nordio («Non può restare al suo posto», tuona Giuseppe Conte), il segnale di Azione pesa. Perché la distanza non è solo tattica, è strategica. E complica il percorso — già accidentato — verso un’eventuale alleanza alle Europee o alle Politiche.
La maggioranza si compatta
Intanto, a Montecitorio, la maggioranza si ricompatta. Fratelli d’Italia e Lega difendono il ministro. «Nordio ha la nostra fiducia piena», afferma il capogruppo FdI Tommaso Foti. E anche Forza Italia si schiera: «È un attacco politico». Il voto diventa così anche un test di tenuta per la coalizione di governo, che esce dal passaggio parlamentare senza scosse.
Uno scontro che fotografa l’impasse
Alla fine, la mozione fotografa una situazione bloccata: un’opposizione che fatica a trovare un terreno comune, una maggioranza che sa fare quadrato, un Parlamento in cui gli equilibri restano fermi. E un ministro che, almeno per ora, può continuare il suo lavoro senza dover fare le valigie.